HOME PAGE

venerdì 16 settembre 2022

Rivoluzione Informatica (parte ottava): Il secondo decennio degli anni 2000 - di Andrea Tundo

 

Eccoci ritrovati per l’ultimo capitolo di questa Rubrica dedicata alla Rivoluzione Informatica e al progresso tecnologico, in definitiva. In questa sede, sulla falsa riga del precedente appuntamento, continueremo le nostre analisi con i pirotecninci avanzamenti, che hanno caratterizzato il secondo decennio del 2000, fino ad arrivare ai giorni nostri. Abbiamo, finora, lasciato un mondo dominato dai computer e pian piano sempre più colonizzato dagli smartphone, mentre le pieghe del sociale vengono ricamate dalle fitte reti di connessioni social, creando un nuovo livello di comunicazione sovrapposto a quello della vita reale, altrettanto influente su di essa.

Sicché, dal 2010 in poi, vediamo il progressivo sviluppo e diffusione degli smartphone, che altro non sono dei computer tascabili, ai quali mancava ancora, fino a qualche tempo addietro, solo una cosa per divenire un accessorio di uso massificato su scala globale: la connessione mobile! Fino a poco più di 15 anni fa infatti non era così scontato avere una connessione internet esterna, senza spendere un patrimonio (va ricordato, in più, che si usavano ancora le cabine telefoniche in molti comuni d’Italia). Sotto lo slogan di “mobile first” tutte le emergenti compagnie tech, hanno velocemente creato una rete sempre in grado di farti connettere nel mondo virtuale ovunque ti trovi. E così, in brevissimo, gran parte degli individui del pianeta Terra, hanno oggi a disposizione un'infinità di Mondi in una sola mano, attraverso lo smartphone.

     L’implementazione di interfacce mobile utilizzabili direttamente da telefoni, combinate con modalità di iscrizione poco complesse e senza particolari metodi di verifica, hanno fatto si che i social dilagassero. A partire da Facebook e Twitter, ma anche Instagram e TikTok. E poi Tinder, Grindr, ma anche LinkedIn, Anobii, Medium, Flickr e tutti gli altri.

      Quando l'infrastruttura di internet, la rete delle reti, è stata costruita alla fine degli anni Sessanta, nessuno avrebbe potuto neanche immaginare cosa potesse diventare il web (creato da Tim Berners-Lee alla fine degli anni Ottanta e reso popolare da Netscape a metà degli anni Novanta) figuriamoci l'esistenza di reti sociali mediate dalla potenza digitale. Eppure era facile immaginarlo: la voglia di socialità è quello che contraddistingue le persone e, non solo; gli stessi mercati sono conversazioni, come aveva affermato nella prima delle sue 95 tesi il Manifesto Cluetrain.

            E così, su unica rete si è proceduto a connettere ed interconnettere non solo i computer e i personal computer, ma anche gli smartphone. E non solo, anche tutti i tipi di Robot, che usufruiscono, utilizzano e gestiscono la rete. E ciò a tal punto che, l’esistenza umana oggi si bipartisce tra esistenza virtuale e esistenza reale, ma non basta. Esiste una società virtuale e una società reale. Ovviamente, il confine tra i due Mondi non è netto, ma è sotto gli occhi di tutti che la vita si svolge sia in presenza sia tramite computer, qualunque esso sia.

Si assiste nel mondo virtuale a compravendita di like e follower, bolle informative, manipolazione della pubblica opinione e delle elezioni, privacy, bullismo online, revenge porn, fake news, deepfakes, odio online sono tutte conseguenze di questo mix socio-tecnologico, insieme alla nascita degli youtuber, degli influencer e di categorie ancora inedite di maître à penser digitali. Come faremmo a vivere senza?

Ma la tana del “bianconiglio” non finisce qui, l’antro più oscuro nel quale guardare riguarda l’influenza sociale che questi possenti apparati digitali posseggono su enormi masse di uomini e le problematiche di sicurezza sociale ed individuale che questa comporta. In primo luogo, prendendo il caso Cambridge Analytica già citato nel capitolo precedente, analizziamo lo scandalo più importante per la storia della privacy e delle fake news, che non è niente di più che lo stesso. È bastato un quiz con l'app gratuita "This is your digital life" su Facebook fatto a 270mila persone (una goccia nel mare dei due miliardi di utenti del social di Mark Zuckerberg) per consentire a Cambridge Analytica di profilare quasi duecento volte il numero degli utenti senza che ne se rendessero conto.

     È chiaro, dunque, che i grandi giganti tech hanno per le mani degli strumenti talmente tanto potenti da minare le logiche su cui si fondano non solo i nostri sistemi sociali Occidentali, ma la società stessa. Prendendo in prestito le parole di Harari: “Se gli umani sono animali hackerabili e se le nostre scelte e opinioni non riflettono il nostro libero arbitrio, quale dovrebbe essere il ruolo della democrazia? Come vivi quando ti rendi conto che il tuo pensiero potrebbe essere plasmato dal governo, che il tuo amigdala potrebbe funzionare per Putin, ad esempio, e che la prossima idea che si affaccia nella tua mente potrebbe essere il prodotto di qualche algoritmo che ti conosce meglio di quanto tu conosca te stesso?”

     In secondo luogo, ma non per importanza, ciascuno di noi inserisce regolarmente numerose informazionali personali, riguardanti ogni sfaccettatura della propria esistenza, sui social network, fino ad arrivare a rilasciare persino le nostre impronte digitali ad Apple o la scannerizzazione delle linee del nostro volto a società che controllano strumenti come FaceApp. È molto difficile avere contezza di quanto di prezioso gettiamo nel mare del web, lasciando il tutto incustodito per gli attacchi di malintenzionati siano essi singoli hacker, che privilegiano un attacco individuale (es. furto d’identità), o grandi società che sfruttano il calcolo combinatorio dei Big data, per raggruppare grandi quantità di dati di molte persone per utilizzarli verso i propri fini commerciali.

    Quando parliamo di Big Data ci riferiamo a computer in grado di operare calcoli molto complessi, comprendenti un’incredibile quantità di dati e variabili, ed i suoi sostituti sono già alle porte, i quali promettono applicazioni tecniche che potrebbero essere devastanti: i computer quantistici. Cosa sono? In breve computer che non usano i Bit e il classico linguaggio binario, ma Bit quantistici, i quali possono possedere più valori simultaneamente, non basandosi sulle regole della meccanica classica ma di quella quantistica.

     Un altro grande tema è la robotica che nell’ultimo decennio ha compiuto degli sviluppi incredibili. In prima battuta sarà oggetto della nostra trattazione non l’idea di robot umanoide a cui siamo abituati, che pure hanno fatto passi da gigante, bensì i “robot da combattimento” ed i soft robot. I primi sono macchine potenziate che già oggi vengono utlizzate in situazioni di guerriglia, come ad esempio i droni e i nuovi e sofisticatissimi cyberg-dog, armati fino ai denti. I soft robot sono invece sono composti di materie prime anche organiche, sono morbidi, elastici e flessibili. La loro grandezza può variare a seconda degli scopi perseguiti, possono essere anche grandi quanto un’unghia. Le loro applicazioni sono numerose nel campo della ricerca scientifica, vengono utilizzati per esplorare ambienti complessi come il fondo degli oceani, che della medicina, si possono effetturare operazioni invasive con soft robot in grado di “navigare” il corpo umano, o ancora essere utilizzati come armature, una sorta di rinforzo dell’esoscheletro.

    Quando si parla di robotica, tuttavia, è innegabile il riferimento all'imitazione dell’umano e all’intelligenza artificiale. In sintesi, al giorno d’oggi siamo dominati dagli algoritmi, i quali sovente hanno l’ultima parola tanto sulle nostre scelte come singoli (è google maps che sceglie quale percorso prenderò, Tinder con chi mi accoppierò) tanto sulle nostre scelte collettive (chi voterò nelle prossime elezioni?). Per tanto oggi l’intelligenza artificiale ad oggi si configura per lo più come macchine e strumenti in grado di riconoscere volti, e voci, giocare ai videogame, compiere operazioni come guidare un autoveicolo. Negli aeroporti di Tokio le assistenti sono donne-robot, che danno indicazioni di vario genere ai viaggiatori. Ma c’è di più. È già attiva una giornalista-robot, in grado di leggere un testo, fare una recensione scritta e provvedere anche all’intervista in presenza... Sono però ancora molto esigui i casi di sviluppo di un’intelligenza emotiva o addirittura di quella che si potrebbe chiamare “coscienza”, come nel celebre caso dell’ex ingegnere di Google, il quale aveva avuto un profondo dialogo con un AI.

       L’ultima tappa di questo nostro percorso è l'ingegneria genetica, la quale lancia segnali di distopismo verso il futuro. L’ingegneria genetica infatti è quella branca che si occupa di isolare, clonare ed inserire geni in un nuovo ambiente in modo tale da modificare le caratteristiche delle cellule riceventi. Sicché oggigiorno, granparte degli elementi con cui abbiamo a che fare ogni giorno, compresi noi stessi, sono modificati geneticamente. In linea generale, oramai appare tutto geneticamente modificato, da ciò che mangiamo a noi stessi…..

   In conclusione, a termine di questi capitoli, attraverso i quali abbiamo percorso l'evoluzione della materia regina del nostro secolo, l’informatica, possiamo in maniera più lucida distaccarci dai tecnicicsmi e dai discorsi specialistici e lasciarci con’immagine di più ampio respiro.

     Quello che potenti progressi tecnologici, foraggiati prima da un’organizzato apparato burocatico militare-statale e da un feroce concorso capitalista tra grandi società poi, è un mondo frastagliato e confuso nelle sue fondamenta, all’apparenza così diverso da ciò che prima d’ora si era visto all’interno delle organizzazioni umane, eppure... facciamo qualche passo indietro, quando gli uomini, ancora, credevano ai miriadi di dei nascosti nel cielo:

      Quando gli uomini credevano a potenti Dei nascosti nel cielo, essi costruivano templi per la loro divinità preferita, organizzavano celebrazioni in suo onore, offrivano sacrifici e tributi, donavano terre. Presso i Sumeri, quindi circa 6000 anni fa, i templi non erano soltanto luoghi di devozione, ma anche i più importanti centri politici ed economici. Le divinità sumere assumevano compiti simili a quello dei moderni marchi di successo e delle grandi società per azioni. Oggi, quest’ultime, sono soggetti di diritto che posseggono proprietà immobiliari, prestano denaro, assumono impiegati, danno il via ad imprese economiche. Ecco, nell’antica città di Uruk o Lagash le divinità ricoprivano la funzione di entità legali che possedevano campi e schiavi, davano e ricevevano prestiti, pagavano salari e costruivano dighe e canali. Poichè gli dei non litigano e non lasciano eredità, essi accumularono una quantità crescente di beni e potere, sempre più sumeri si trovarono impiegati in professioni connesse alla divinità. Proprio come nella San Francisco di oggi, Frank fa l’ingegnere per Google e Jessica la designer per Apple, mentre nell’antica Uruk una persona era impiegata presso il grande Dio Enki. I templi di Enki o di altri dei sovrastavano le città, e i loro divini loghi campeggiavano su edifici, prodotti e abiti. Per i sumeri Enki e Inanna erano reali proprio come per noi lo sono Apple e Google. Non sembra, in fin dei conti, essere cambiato nulla. 

Andrea Tundo