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mercoledì 28 dicembre 2022

Saper Fotografare (parte tredicesima): realizzare un book di ritratti – di Mauro Ragosta

 

            Fatta eccezione per gli specialisti, un professionista come un dilettante a volte si trova di fronte alla richiesta di realizzare un book fotografico, composto prevalentemente da ritratti. Tale richiesta, nella normalità dei casi, viene avanzata da persone che svolgono un’attività con forte esposizione pubblica, avendo questa bisogno infatti di un buon numero di fotografie, non potendo utilizzarne una o due, e sempre le stesse, per l'alto numero di occasioni, soprattutto ufficiali, da esperire. Può accadere che la richiesta venga anche da persone ordinarie, sotto questo profilo, che tuttavia appartenendo a ceti molto alti, hanno bisogno di un ventaglio di immagini di vario significato, da utilizzare nelle diverse situazioni, intrattenendo infatti rapporti di alto profilo, dove ognuno di questi necessita la somministrazione di un’immagine di sé specifica e funzionale alla o alle relazioni.

            Nello specifico, il cliente-committente, in generale richiede un numero che va dalle trenta a alle quaranta pose da utilizzare nelle più disparate circostanze, a volte codificate a volte estemporanee. Fuori gioco è il ricorso al selfie, soprattutto perché non si ha la preparazione per realizzare ritratti tutti diversi. Nella generalità dei casi, ed è facile notarlo, chi si produce nel selfie realizza sostanzialmente sempre la stessa foto, replicata all’infinito, magari cambiando solo dei dettagli del tutto insignificanti.

            Il book di ritratti, infatti, altro non è che la narrazione di una persona attraverso la fotografia, e qui, non solo bisogna essere capaci di “scattare” con cognizione di causa, ma bisogna saper anche raccontare, comporre un pot-pourri, che dia l’idea della persona nei suoi vari aspetti, ovviamente tutti centrati sul tipo di book da realizzare e funzionale ad un preciso obiettivo.

            Ma da dove partire per costruire un book fotografico? Prima di entrare nello specifico tecnico e delle riprese, bisogna in primo luogo comprendere perché vi è stata fatta tale richiesta.

            Ovvio che il costo di un book fotografico è molto alto. In genere, va dalle duemila euro in su. Una cifra che si giustifica solo se il ritorno dell’utilizzo delle immagini è di molto superiore. Ora, proprio perché il costo di un book è molto alto, i processi di lavorazioni sono lunghi e particolari e non a tutti accessibili. Insomma, per realizzare un book non basta saper fotografare: questo si dà per scontato.

            Ciò premesso, saranno necessari almeno due o tre incontri preliminari col cliente-committente per scoprire il ventaglio dei motivi per cui vi è stata fatta questa richiesta. E così, come molti saranno i motivi che lo hanno mosso a scegliere voi, altrettanti motivi lo hanno spinto a realizzare una serie abbastanza lunga di fotografie su di sé.

            Compresi quindi i motivi che stanno alla base della richiesta, si entra nella fase più complessa. Qui a fondamento vi stanno quattro domande alle quali bisogna dare una risposta, che a seconda dei casi va progressivamente approfondita. E cioè, bisogna capire se il cliente-committente vuole essere rappresentato:

-       - nella prospettiva nella quale si vede o vuole che gli altri lo vedano

-       - nella prospettiva nella quale lo vedono gli altri

-       - nella prospettiva nella quale lo vede il fotografo

-       - nella prospettiva reale, così per come è realmente.

In tutti i casi, si presenta necessaria un’indagine sulle sue caratteristiche estetiche, psicologiche, culturali, sociali e financo storiche. Talvolta, nei casi più rilevanti e nell’ipotesi di costruzione di un personaggio, bisogna avvalersi di un consulente d’immagine, ovvero di colui che è specialista nel trovare le idee portanti dei vari ruoli sociali nel nostro sistema di comunicazione. Insomma, un esperto dei Nostri "giochi di ruolo".

Al di là di ciò, l’ipotesi più insidiosa è quella nella quale il soggetto vuole essere rappresentato per come è, in quanto qui le soluzioni fotografiche richiedono più impegno e creatività, dovendo “far saltare fuori”, mettere in evidenza ovvero, le principali contraddizioni e ambivalenze del cliente-committente, molto spesso financo a lui sconosciute.

Messo ciò in luce, e scendendo sul piano più tecnico, i ritratti sono di varie specie: si va dal primo piano spinto, al primo piano classico, al mezzo busto, al taglio all’americana (che prevede la ripresa di ¾ della persona) sino alla persona intera. In un book, vanno esperiti vari tipi di ritratti. Di questi i più semplici sono quelli da realizzare in studio, perché tutte le variabili sono sotto controllo e non richiedono particolare contestualizzazione.

Più complesse appaiono le riprese all’esterno, non solo perché gran parte delle variabili della ripresa non possono essere messe sotto controllo, ma anche perché sono più numerose.

In ogni caso, su un totale di quaranta immagini da realizzare, almeno sei o sette devono essere realizzate in studio. In genere, queste sono le più classiche, mentre per quelle in esterno è difficile trovare delle situazioni codificate e prestabilite, per cui, come si dice in gergo, “si va in performance”, per la quale bisogna accuratamente prepararsi.

Infatti, se in studio la principale preoccupazione è il soggetto da ritrarre, all’esterno l’attenzione va divisa fra varie circostanze, non tutte riconducibili solo al nostro cliente-committente, anzi...

Qui, dunque, i primi spunti per cominciare a pensare e a ragionare in termini di book fotografico, di narrazione del soggetto tramite le immagini, lasciandoci per gli altri appuntamenti una serie di approfondimenti, utili per scendere sul piano più concreto.

 

Mauro Ragosta

domenica 18 dicembre 2022

Post-Evento n°16: Al Ducale di Cavallino, ieri in scena i Cosentino, padre e figlio – di Mauro Ragosta

        “Addirittura padre”, l’ultima creazione da teatro di Salvatore Cosentino, scritta in una proiezione sinergica col figlio Francesco Saverio, è stata messa dai due in scena ieri sera al Ducale di Cavallino. Sebbene non fosse una prima, la pièce ha destato non poco interesse e una eco di sicuro rilievo. Un ricco parterre, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche qualitativo, si è mostrato molto sensibile alle sollecitazioni che venivano dal proscenio, da un Salvatore assolutamente padrone della scena e da Francesco Saverio sempre all’altezza anche sul piano della tempistica e del ritmo, peraltro molto serrati. Un pubblico, dunque, molto attento, soprattutto perché l’alchimia dei Cosentino, sia sotto il profilo contenutistico sia sotto quello più strettamente “teatrale”, presenta tutte le caratteristiche del fenomeno evergreen.

            D’emblée va marcato che “Addirittura padre” si pone nel grande solco della produzione di Salvatore Cosentino, questa volta però in una prospettiva di superamento delle specificità compositive del Nostro giudice. Superata la noiosa querelle se Cosentino sia o no un attore -dove i più arguti possono comprendere con una certa agilità che ci si trova di fronte ad un fenomeno nuovo e innovativo nel mondo del teatro, che poco ha a che vedere con la recitazione e, allo stesso tempo, apre scenari inediti e tutti da scoprire ancora, per il rinnovamento e l’arricchimento di questo specifico segmento dello spettacolo- ieri sera al Ducale la performance di padre e figlio ha mostrato valenze a più livelli.

            Con “Addirittura padre” i Cosentino compiono due operazioni sottili e molto raffinate, precluse a molte opere teatrali messe in scena in questi anni, perché fin troppo infarcite di politica. I Cosentino vanno molto oltre, non mancando in questa loro pièce, importanti e significativi “squilli di tromba” sebbene non rappresentino questi lo specifico. Ma veniamo al dunque...

         La prima e significativa “manovra” che compiono i Cosentino con “Addirittura padre” è quella di tracciare una possibile via per ricucire i rapporti tra generazioni, un problema oggi che affligge la società moderna e soprattutto italiana, dove spesso i giovani galleggiano in un presente privo di senso, gli anziani che vedono la loro principale ricchezza, l’esperienza, buttata al vento o a marcire nella loro solitudine e le generazioni di mezzo, i veri protagonisti della nostra società, senza i giovani e senza gli anziani, proiettati in un consumismo sin troppo feticistico. I Cosentino mostrano una possibile strada, una possibilità sulla quale bisogna riflettere, ed eventualmente avventurarsi nella costruzione di questo “Grande Ponte” generazionale.

            Il focus messo in evidenza ieri sera, per adoperarsi in questa grande costruzione intergenerazionale, per la quale è stata utilizzata l’immagine del passaggio del testimone, nella prospettiva simbolica, è nel concetto di “strumento”, del “passaggio di strumenti”. In tutto questo ovviamente non è stata trascurata la prospettiva più sentimentale e affettiva, nelle sue varianti in positivo ed in negativo, dei rapporti tra generazioni, ma questi mai nello spettacolo dei Cosentino hanno avuto una dissonante predominanza.

            Sotto questa luce “Addirittura padre” è uno spettacolo decisamente moderno, una risposta ad uno dei grandi problemi che pone il nostro tempo. Tempi difficili? …forse. E proprio qui lo spettacolo dei Cosentino compie un’altra operazione di grande raffinatezza. Padre e figlio guardano al presente dal passato, ma non mancano di guardare al passato dal presente, ponendo una struttura interpretativa della realtà circolare tra presente e passato, dove per comprendere il passato bisogna conoscere il presente e per conoscere il presente si deve conoscere il passato. Un metodo sul quale soffermarsi, riflettere ed elaborare per capire e comprendere la portata dello spettacolo dei Cosentino

            E così, i Nostri protagonisti con estrema agilità vanno dai Caroselli degli anni ’60 al rapping, passando in veloce rassegna la cultura e i ricordi degli anni ’80 e ’90. Un mix narrativo che ovviamente chiama in causa i protagonisti negli addendi comuni alla vita di tutti noi.

            Insomma, “Addirittura padre”, uno spettacolo da vedersi, un’ora e mezza stimolante, che dà il coraggio e la voglia di guardare e di guardarsi, che risparmia il pubblico di virtuosismi tecnici oramai fin troppo ordinari, puntando dritto al cuore.

 

Mauro Ragosta

 

Nota: le foto, come al solito per gli eventi, sono state realizzate volutamente con la tecnica del mosso, perché si è privilegiata la prospettiva evocativa anziché quella descrittiva strcto sensu.