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venerdì 17 giugno 2022

Avvio all'esoterismo (tredicesima parte): appunti su Angeli e Demoni - di Grazia Piscopo

 

La narrazione sulla nascita degli angeli è pressoché oscura e confusa e si perde nella notte dei tempi. Di certo nella letteratura biblica, Dio sovrano fece emergere la Luce dal “Tohu ve Bohu”, in una parola, da tutto ciò che è oscuro e intellegibile. Il buio, le ombre, avendo la possibilità di diventare il Male, perché contrario alla Luce, erano necessariamente antecedenti alla Creazione. Rabbi Shemuel bar Nachman, ritiene che ogni Parola che esce dalla bocca dell’Eterno si trasformi in ogni istante in un Angelo, dandogli così la possibilità di sfuggire al destino “di cenere e polvere” a cui sono destinate le creature della Terra. Pertanto nonostante l’amaro e temporaneo destino umano, agli uomini però Dio aveva dato il potere di una superiorità ontologica e morale, ovverossia, nella volontà gioiosa di crearli, aveva donato loro un bene impagabile: il libero arbitrio, potere questo negato agli angeli.

Nel Corano, sura 2 versetto 28, e nel Talmud, collezioni scritte di tutta la Legge ebraica, si racconta che gli Angeli maggiori indissero serie proteste di dissenso con limitati tafferugli, perché prevedendo la fallacità e le fragilità umane, avevano già chiara la visione di uomini che nella Storia sarebbero stati dediti a guerre e crudeltà di ogni genere, mentre loro sarebbero stati inermi e impediti a bloccarli perché dissennatamente impegnati a cerimoniali celebrativi ieratici.

La Tradizione narra che dopo questa protesta, si formarono due schiere di angeli, quelli fedeli a Dio e quelli rancorosi e invidiosi degli uomini che a torto avevano avuto troppo potere. Gli uomini quindi divennero il bersaglio preferito di ogni sorta di malefatta da parte di una folta e oscura schiera angelica a formazione piramidale che prevedeva in cima alla gerarchia un capo supremo e poi via

via in basso fino alla moltitudine soldatesca.

La fede nell’invisibile, pur non avendo una origine cronologicamente assegnabile, ha radici profonde nelle religioni babilonesi e assire, derivate a loro volta da quelle accadiche e sumere. La moltitudine ieratica era composta essenzialmente da spiriti maligni, eterni rancorosi stolker di impauriti e indifesi uomini, abbandonati in certe fasi della storia anche da Dio, probabilmente pentito del suo cattivo creativo operato. Nella cultura sumerica gli spiriti maligni o angeli del male potevano essere di due tipologie: spiriti di esseri umani defunti che potevano essere controllati e addomesticati proprio per la qualità della loro vita passata; e spiriti mai incarnati responsabili verso gli uomini di qualsiasi azione malvagia, tortura e tragedia atmosferica. Scendendo dalle montagne o trasudando dalle rovine delle tombe con sembianze animalesche, vagavano per le città ed entrando nelle abitazioni attraverso le serrature, depredavano tutto, fisicamente e psichicamente.

La divinità malvagia più temibile nei culti assiro-babilonese era Pazuzu con il suo entourage, dio dei venti di sud-ovest proveniente dall’Arabia, portatore di tempesta, siccità, carestia e malattia. Lilu e Lilitu erano una spaventosa coppia che, nella mitologia giudaica seguente, divennero Samael e Lilith, quest’ultima signora della notte, infanticida e adescatrice di ingenui uomini, compreso Adamo.

Questa narrazione è andata avanti per tutto il medioevo in un tessuto sociale più informato e smaliziato che vedeva wikke, esorcisti e sacerdoti studiosi impegnati in ogni tipo di incantesimo e di formule di scongiuro (inquisizione permettendo) per allontanare ogni tipo di male e di malattie.

Qualcuno si aspetterebbe, visto che siamo figli di Dio, il trionfo del Bene sul male, ma questa come ogni storia a finale aperto vede le schiere demoniache perennemente gelose, tuttavia molto spesso rese impotenti, e le schiere umane “l’un contro le altre armate”, che per una sorta di tregua salvifica nel XVI sec. trovano una sorta di compromesso.

 

Grazia Piscopo

venerdì 21 agosto 2020

Avvio all’esoterismo (parte ottava/BIS): …ritornando sul concetto di esoterismo – di Italo Zanchi



                Da più parti, con riferimento alla nostra rubrica “Avvio all’Esoterismo”, sono stati richiesti da alcuni lettori di Maison Ragosta, la ripubblicazione dei "pezzi" del Nostro carissimo Italo Zanchi, che qui doverosamente riproponiamo, senza alcuna aggiunta o correzione di sorta da parte dell'autore, che ringrazia quanti hanno apprezzato e apprezzeranno il suo sforzo letterario ed esoterico, che quindi ha conferito e conferirà ancora alla Rivista una certa ed ulteriore "visibilità".
                                                                                           Mauro Ragosta 



          Esoterismo” è concetto sfuggente; difficile darne una definizione soddisfacente, perfettamente perimetrata. Pertanto, il parlarne porta ad un livello di approfondimento del concetto e del significato di esoterico che può avvicinarsi all’essenza del suo significato, ma senza mai esplicitarla completamente. La definizione di esoterismo, in altri termini, è un po’ come l’arcobaleno: esso appare chiaro se visto da lontano, ma, a mano a mano che ci si avvicina, si dissolve e la sua vista si perde. Distacco, distanza dunque, ma non troppo…!
E così, la prima domanda da porsi è se Esoterico è un oggetto o un contenuto preciso? In linea di massima, non è né l’uno né l’altro, come si specificherà tra poco. Ed ancora, d’obbligo è il chiedersi se sia qualcosa di comunicabile o incomunicabile? Se potrebbe essere, infine, qualcosa che si nasconde o è nascosto?
Al riguardo, si presenta utile, per l’economia di questo breve lavoro, aprire una parentesi con riferimento ai processi di chiarificazione della Conoscenza, fulcro, esplicito o implicito, di gran parte delle attività umane e le cui dimensioni più essenziali coinvolgono la Realtà, la Verità, l’Essere, l’Ente. La sua indagine, della Conoscenza appunto, può svolgersi su diversi piani, e le qualificazioni che se ne ottengono possono essere diverse. In linea generale, una Conoscenza si muove dal piano divulgativo, a quello del segreto (cioè, può essere di comprensione comune, ma che viene tenuta riservata), dell’arcano (quando è comprensibile in particolari stati di coscienza), sino a quello del mistero (inconoscibile, ma contemplabile). Ed ancora, il percorso sul piano esplicativo di una conoscenza può andare dal comunicabile tramite concetti, al comunicabile tramite simboli, allegorie e metafore, all’incomunicabile. Sempre su tale scia e sul piano degli strumenti intellettivi, il sentiero di accesso alla Conoscenza va dall’uso della ragione, all’intuizione, alla visione, alla percezione o esperienza. Ciò detto e fissato, torniamo alle nostre domande iniziali.
Per esoterismo, in senso stretto, si dovrebbe intendere l’ontologicamente nascosto. E ciò perché si è dell’avviso che esso è un fenomeno mentale inesprimibile, in parte perché si tratta di uno stato di coscienza non comune, in parte perché, assieme a questo, si tratta di un metodo non replicabile e, dunque, non valido per tutti. Né i contenuti ai quali tramite esso si accede, a mano a mano che ci si addentra nella Conoscenza, d’altro canto e come si è messo in luce, sono esprimibili con l’uso di parole o espressioni che possano descriverli. Da qui, particolari pratiche, quali ad esempio la Kabballah -per introdurre la mente in questa dimensione particolare- e la simbologia, come espressione intermedia di contenuti esoterici.
In altri termini, così inteso, l’Esoterismo non è costituito, di per sé, da tematiche specifiche, piuttosto costituisce uno stato di coscienza abbinato ad un metodo personale che consente visioni sempre più elevate del Mondo, dei fenomeni, dell’Uomo, della Storia, e da qui processi di espansione e penetrazione della Conoscenza tout court sempre più spinti. Mediante questo stato si possono fare esperienze, dunque, della Realtà, della trama che sottende al tutto, naturale e storico, e, in tale direzione, si può assottigliare il velo di mistero nel quale siamo avvolti.
Pertanto, l’Esoterismo non ha leggi canoniche. Si compone di tante ricerche personali quanti sono i ricercatori, ciascuno, attraverso il proprio sentiero, alla scoperta della visione Reale (dal latino Rex-regis, propria del Re). Ecco perché non ne può esistere una definizione contenutistica, essendo i contenuti solo l’oggetto del metodo, l’esoterismo appunto. In definitiva, vale la pena sottolineare ancora una volta che si tratta di un percorso e di uno stato ontologicamente nascosti nell’intimo di ciascuno, incomunicabili, rispetto ai quali non può esistere una teoria.
A tal riguardo va specificato che, all’estero (a Parigi, ad Amsterdam ad esempio) sono state istituite cattedre universitarie di esoterismo. Si tratta, tuttavia, di insegnamenti più che altro “positivi”, ovvero riguardanti fenomeni storici di particolare classificazione e interpretazione, quali, ad esempio, quelli riferiti ad antiche religioni, scuole filosofiche, egittologia, ebraismo, Esseni, ermetismo, fino ai Templari, i Rosacroce, le Massonerie varie, la magia politica (De Mitri, “Comunismo magico”, Castelvecchi, 2004) e via discorrendo. In Italia l’istituzionalità di questi studi è assente. A tal proposito, l’impedimento viene attribuito soprattutto all’idealismo filosofico dominante: dapprima, quello crociano, in seguito, quello marxista. Tuttavia, va specificato che, studiosi italiani definiscono l’esoterismo come la “prisca theologia, una verità che si pone all’origine della storia umana, al di là delle forme religiose e filosofiche, capace come tale di accomunare Oriente e Occidente“(Cazzaniga, Storia d’Italia, in Annali 25 “Esoterismo”, Einaudi, 2013). Ed è in ciò e qui, rispetto a quanto innanzi detto, che si intercetta la distinzione tra lo studioso di esoterismo ed il praticante.
            Ma tornando al focus della nostra dissertazione, v’è da concludere, dunque, che i metodi per accedere alla Conoscenza sono i più vari, e tra questi troviamo l’esoterismo appunto, nell’accezione appena tracciata. Va da sé che, i conseguimenti della Conoscenza esoterica sono particolari rispetto a quelli dei metodi, ad esempio, logico-discorsivi o generalmente culturali. E tal proposito, va aggiunto che, anche gli scienziati contemporanei comprendono l’importanza dello stato mentale del ricercatore rispetto all’indagine, approcciando così alla ricerca spesso con una prospettiva esoterica. Così, la stessa ricerca matematica avanzata, ad esempio ed in questa direzione, si apre in una dimensione intellettuale inconsueta e diversa dai processi di tradizione illuministica. Ecco che, da tale angolazione, deve constatarsi falso il dogma moderno secondo cui la realtà sia costituita soltanto da oggetti sperimentabili e dalle relazioni tra essi. Pertanto, liberati da questi paradigmi materialistici, alla mente indagante si presenta un Mondo animato, dotato di anima appunto, avente una direzione e una teleologia, in relazione alle quali il Mondo si è formato ed evolve. La scienza modernista ed illuministica, infatti, offre la visione del “rovescio” del Mondo, quella fenomenica e meccanica, mentre l’indagine a-dogmatica -nella quale rientra quella esoterica- offre quella, invece, dello spettacolo naturale che evidenzia, quindi, un “diritto” costituito da un progetto la cui realizzazione informa e guida l’Evoluzione (Ruyer, “La gnosi di Princeton”, Mimesis, 2011): un esempio, quindi, di metodo esoterico e di contenuti così con esso conseguibili.
Italo Zanchi

martedì 24 dicembre 2019

Avvio all’esoterismo (dodicesima parte): sui livelli.....concludendo – di Italo Zanchi


            Come accennato nei precedenti articoli, l’accesso alla mente esoterica si compie attraverso vari livelli: dalla prima intuizione dell’esistenza di una modalità conoscitiva estranea alla modalità logico-discorsiva, alla visione della trama occulta della realtà sensibile; dalla conquista della facoltà immaginativa che consente la visione di Verità trascendenti, fino all’ineffabile intellezione.
            Il percorso è noto fin dall’antichità e in maniera filosofico-descrittiva è stato indicato dai tre grandi della grecità: Socrate, Platone e Aristotele (F. Ferrari, “La via dell’immortalità – percorsi platonici”, Rosemberg & Sellier, 2019): la ragione consente il controllo delle influenze derivate dalla dimensione corporea; la purezza, poi, oltre la dimensione etica, consiste nel raggiungimento di ciò che è sempre (Platone, “Fedone”); in questa condizione l’uomo invisibile attinge alle idee intelligibili.
            L’Oriente geografico compie sostanzialmente lo stesso percorso, per giungere ad enucleare concetti quali Nirvana, Vuoto, Nulla, fine delle reincarnazioni: in tal senso, ha una visione pessimistica della realtà sensibile, dell’uomo visibile, formato dai fenomeni spazio-temporali; ragion per cui, il viaggio esoterico conduce all’abbandono della individualità umana e del mondo: il percorso diviene una iniziazione ad un livello di assoluto distacco dalla dimensione terrena e di suprema pace.
Dal canto suo, l’Islam conserva una valutazione negativa del mondo sensibile, posto che questo si avvia all’eschatòn, alla fine dei tempi. E’ vero che il fedele -contrariamente alle concezioni filosofico-religiose orientali- conserva la propria individualità, ma la sua felicità non si consegue in questo mondo, bensì presso l’ultra-mondo di Allah dopo una vita e una morte sante. Per inciso, da qui la disponibilità al martirio, sia riguardo la propria stessa vita, sia nel senso della distruzione di altri esseri umani e cose circostanti, (G.E. Valori, “Globalizzazione, governance, asimmetria”, Rubbettino, 2018).
            La concezione occidentale è differente.
Intanto, pur esso ha sviluppato pratiche  esoteriche, collegate alla prisca philosophia, cioè a quella ricerca filosofica che si avvaleva di tutte le modalità e gli oggetti di conoscenza: modalità intuitive, di ricerca interiore o teosofica, ma anche sperimentali e di contaminazione tra varie culture (si pensi all’arrivo a Firenze degli scritti salvati da Costantinopoli dopo la caduta in mano islamica, o alle culture araba ed ebraica provenienti dalla Spagna medievale). Insomma, quella ricerca filosofica precedente la rivoluzione logico-razionale illuministica, la quale ultima, se da un canto ha spazzato via le “superstizioni” che avevano contaminato il pensiero, dall’altro ha introdotto un dogmatismo metodologico, escludente quanto non trattabile col raziocinio (la “dea ragione” della rivoluzione francese).
Contenuti esoterici, quelli originari, maturati e presenti anche nell’ambito della religione cristiana: proprio perché diretta a tutte le genti, i contenuti religiosi palesi sono semplici e semplificati con rappresentazioni anche ingenue e favolistiche. E tuttavia, resta un nucleo iniziatico, magari conservato dagli ordini monastici i quali sono meno assillati dalla “amministrazione” della religiosità collettiva propria del clero secolare. Si sono già ricordate le vie del misticismo (da Caterina da Siena a Teresa d’Avila), o della pratica esoterica apofatica (Giovanni della Croce); si aggiunge l’esicasmo dei monaci del Monte Athos per i greco-ortodossi.
            Tanto, però, non conduce ad un’estraneazione dal mondo, bensì ad una diversa visione del mondo stesso, alla sua trasfigurazione.
L’Essere, essendo eterno, genera gli enti nell’Eternità, intesa non come un tempo senza limiti, bensì quale dimensione senza tempo. Pertanto, la generazione degli enti è consustanziale all’Essere stesso; e gli enti, in tutta la loro gradazione, non costituiscono un accidente irrilevante; invece, fanno parte della stessa vita, potremmo dire, dell’Essere, ne sono elementi costitutivi.
Qui si aprono infinite, complessissime e note questioni: sulla natura degli enti, le loro modalità, la posizione dell’Uomo, la sua libertà, il male e così via. Le tralasciamo per non deviare dell’oggetto del nostro discorso –premesso che non c’è l’ardire di ritenere d’essere in condizione di trattarne-. Resta la splendida constatazione che la realtà sensibile è l’espressione di Principi ad essa trascendenti; è la rappresentazione di Essi in questa dimensione; la loro apparizione qui e ora. E se quei Principi sono l’esplicitazione del divino, gli enti costituiscono teofanie; ogni singolo essere umano, in particolare, è una teofania. Qui si ricordano le concezioni arabe della bellezza femminile, tanto attraente quanto, per ciò stesso, intangibile; ma anche le varie Beatrice e Laura dei nostri massimi poeti rinascimentali, riflessi della bellezza divina che, per essere tale, è anche conoscenza; perciò, quella bellezza costituisce Verità, ammirata e cantata.
            Qui si compie la trasfigurazione del mondo; non più accozzaglia di materia caotica, mossa da immensa e cieca energia, bensì costruzione armoniosa guidata da un Amore tale da depositare, in ciascun ente, una scintilla che possa riconnettere al Principio generatore e formatore: è l’Uomo.
In definitiva, per l’esoterico occidentale il mondo non è una dimensione da cui fuggire e abbandonare ad un suo –presunto- disfacimento, bensì il perenne riflesso di un Principio trascendente; come tale, da scoprire nella sua meraviglia. O meglio, la meraviglia è sempre presente, lo è sempre stata; sono gli occhi umani che devono acquistarne consapevolezza: questa è la trasfigurazione.
L’esoterismo islamico lo riconosce. L’undicesimo Imam, Hasan ‘Askari vemme rinchiuso in un caravanserraglio di mendicanti; un compagno riuscì a raggiungerlo e lamentò la condizione. Ma l’Imam gli disse “<<Guarda>>, e in quell’attimo lo stesso fedele vide attorno a sé giardini, aiuole fiorite e corsi d’acqua viva” (H. Corbin, “Corpo spirituale e terra celeste”, Adelphi, 2002).
            Quanti prendono coscienza della propria dignità di portatori della scintilla trascendente e hanno consapevolezza della meraviglia che ci circonda –e che siamo (“Magnum miraculum est homo ..”, Asclepius VI, in “Corpus hermeticum”, Bompiani, 2005)-, questi sono i veri Governanti; coloro che hanno raggiunto la visione trascendente e da qui scorgono la vocazione dell’umanità (G.E. Valori, “La vocazione dell’umanità”, Futura ed., 2013), le sue linee-guida; le indicano, si muovono secondo esse. Le acquisite coscienza e consapevolezza li rendono responsabili del mondo e dell’umanità.
Colui che sommamente assunse questa responsabilità fu l’Uomo chiamato Gesù di Nazareth: era tanto cosciente della propria dignità da definirsi Figlio di Dio; era tanto consapevole della bellezza di questo mondo da resuscitarvi l’amico e chiedere l’aiuto per i poveri; era tanto responsabile da non indietreggiare rispetto alla propria coscienza, neanche di fronte alla violenza e alla morte.
Altri uomini hanno connesso la percepita dimensione interiore con l’opera in quella spazio–temporale e, dunque, hanno operato alla elevazione dell’umanità.
Moltissime sarebbero le citazioni, ma c’è un uomo, un italiano, che, specie oggi, è opportuno ricordare: Giuseppe Mazzini.
Governavano le monarchie, le quali univano sotto di sé popoli e nazioni: i monarchi, tramite il rito dell’intronizzazione, essendo costituiti tramite tra Trascendente e sudditi, possedevano la visione per indirizzare su giusti sentieri. Popoli e nazioni, perciò, non avevano statuto autonomo. Mazzini, “l’apostolo delle genti”, compì la rivoluzione, teologica, prima che culturale e politica (nucleo che mancò alla rivoluzione francese): come ciascun uomo, possedendo la scintilla divina, ha un volto, così i popoli, essendo espressione comunitaria e unitiva di un Principio superiore, posseggono una loro identità (G.E. Valori, “Risorgimento oltre la storia”,     ); e poiché tale identità è, appunto, riflesso di Trascendenza, essi non solo hanno diritto di coltivare le rispettive tradizioni, ma posseggono le intrinseche, ontologiche capacità dell’autogoverno.
La monarchia era finita.
Molti altri sono gli esempi di politici che hanno operato secondo nessi metastorici al fine di articolare una strategia rispondente ai grandi flussi umani, quelli rinvenibili soltanto nella conoscenza della teleologia umana. Citiamo il confucianesmo di Mao Zedong (G.E. Valori, “La sapienza e la storia …”, Futura ed., 2015), i “Costruttori di dio” nella Russia dei Soviet (F. Dimitri, “Comunismo magico”, Castelvecchi, 2004), o il presidente francese F. Mitterand che leggeva testi di esegesi biblica più che report di intelligence (G.E. Valori, “Spiritualità e illuminismo”, Futura ed., 2018); per non dire di più presidenti statunitensi.
            Ma infine, l’esoterico non è uno “sballo” della mente, né una fuga dal mondo, né una perdita di tempo: l’esoterismo di tradizione occidentale costituisce un profondissimo e autentico “nosce te ipsum”, indispensabile ad una piena presa di coscienza di sé e del mondo. La stessa psicoanalisi junghiana è un’espressione di esoterismo (C. Bonvecchio, “Iniziazione e tradizione”, Mimesis, 2019). Rintracciato il nucleo dell’Essere, con maestria si trasferirà dall’Eterno allo spazio-tempo, realizzandosi la prima e superiore “coincidentia oppositorum”.
Sarà il viaggio di ritorno dall’Essere al tempo, arduo, ma è la missione dell’umanità. Per poi, ancora, risalire e ritornare, nella vita dell’ente, come un respiro; essendo divenuti come gli angeli che Giacobbe vide in sogno salire e scendere la scala che portava in Cielo e ritornava su questa terra (Genesi, 28,12).           
Italo Zanchi

martedì 3 dicembre 2019

Avvio all’esoterismo (parte undicesima): … sui livelli...infine – di Italo Zanchi


            Ci siamo affacciati alla mente esoterica nel senso etimologico dei termini: meus ens, il mio ente; dunque, intanto una dimensione propria, individuale, intima; di poi, non mera accezione intellettuale –nel senso comune (vedremo più avanti anche l’accezione originaria di “Intelletto”)-, bensì un concetto più ampio, comprensivo di essere individuato e pensiero; infine, meus ens nascosto, sia perché altro rispetto alla persona apparente, sia perché ignoto allo stesso soggetto.
            Abbiamo accennato alle condizioni che consentono il retto accesso alla propria dimensione esoterica: vari percorsi, cercati o occasionali; con i pericoli conseguenti; con le qualità necessarie che offrono consapevolezza e forza –virtus: ovvero forza scaturente dalla virtù- per affrontare le prove che via via si presentano sul cammino. Non esistono, però, regole generali: ciascuno ha la sua struttura e la sua storia, molte sono le porte di accesso alle dimensioni altre; moltissimi sono i nomi. Per conoscere le rispettive esperienze occorre colloquiare e comprendere, non fermarsi ai significati apparenti; evitare le ideologie sia nell’architettare i propri discorsi, che nell’interpretare e magari giudicare quelli altrui. La ruota come simbolo, i rosoni delle chiese, rappresentano, appunto, il convergere di molte e diverse esperienze verso un centro unico. L’ambiente esoterico, poi, ha logiche diverse da quelle correnti; e spesso può sembrare in contrasto con i migliori valori: ciò deriva dal fatto che tramite esso si penetra nel mondo dei Princìpi, dal quale derivano i valori della mondanità come volgarizzazione di quelli. Un’analogia di questo processo può consistere, in fisica, nella constatazione della caoticità del mondo quantistico rispetto alle leggi esatte di quello macroscopico: eppure, è da quel caos, dall’apparente opposto, che emerge l’ordine che ha generato la meravigliosa straordinaria complessità dell’essere umano.
            Ecco, a proposito di meraviglia, occorre riacquistare piena consapevolezza di ciò che si è e di quanto ci circonda; tanto non può che generare stupore, che era un principio ermetico (“Corpus Hermeticum”, a cura di I. Ramelli, Bompiani, 2005). I nostri occhi smettano di osservare oggetti –considerando tali anche le persone- e abbiano l’intelligenza di constatare le meraviglie che si parano loro davanti; di stupirsi, appunto, per la spettacolarità in cui si è immersi e di cui si è parte. La mente esoterica penetra l’Amore e la Bellezza artefici dell’apparizione nel visibile.
            Qui si incontra il tema degli “oggetti esoterici”, degli elementi occulti che costituiscono la trama della realtà sensibile; ci si chiede quale sia la rappresentazione mentale dei conseguimenti esoterici. Tema antico; in particolare, teorizzato durante il Rinascimento italiano: Marsilio Ficino studiava gli oggetti esterni e quelli interiori, attribuendo a questi ultimi lo stesso grado di realtà dei primi (P.O. Kristeller, “Il pensiero filosofico di Marsilio Ficino”, ed. Le lettere, 2005). Ma il punto focale consiste nella apparenza degli “oggetti interni”, come si presentano agli occhi della mente. La nostra mente elabora concetti fondati sulla logica razionale e li esprime in formule linguistiche o matematiche, o scientifiche in genere; ma come esprimerà i concetti esoterici, ontologicamente esoterici? Con Simboli. Certo, non stiamo parlando di quelli che regolano la nostra vita mondana –cartelli stradali, indicazioni di prodotti e qualità, ecc.-; bensì dei simboli che sgorgano dal profondo, trasmettendo intuizioni inesprimibili con parole. L’antichissima croce, la ruota, la Tau, il caduceo, la rugiada (Bibbia, salmo 133), fino all’alchemico Rebis e all’angioletto con squadra e compasso della basilica leccese di “Santa Croce”. Nella modernità la psicoanalisi ha trattato gli archetipi e non a caso i loro teorizzatori li hanno accostati agli studi esoterici (C.G. Jung, “Psicologia e alchimia”, Bollati Boringhieri, 1981; A. Vitale, “Solve et coagula”, Moretti e Vitali, 2001). In definitiva, la mente esoterica rivela la propria facoltà immaginativa; incapace di esprimere in termini alfanumerici i concetti esoterici, ne forma immagini rievocative. Nell’antichità, questo lavorio era più importante, se non preponderante: ne sono esempi i geroglifici egizi, ma anche gli ideogrammi cinesi e l’alfabeto ebraico. In seguito, dopo la transizione del greco antico, si passò a precisi significati fonetici legati ad una mente sempre più esteriorizzata –il latino-, e ormai privi di sensi intimi. D’altra parte, abbiamo esempi costanti del potere immaginativo della mente: nei sogni  immaginiamo, vediamo per immagini sentimenti che non hanno nome; o proviamo in modo del tutto diverso, o più forte sentimenti che conosciamo, quali amore, nostalgia, terrore, formando immagini e, in esse, anche situazioni e azioni che li suscitano e li rappresentano, nostri archetipi di essi. Il raffronto tra il sentimento sognato e quello che si prova nel sensibile, da conto dell’immiserimento del precipitato mondano rispetto al principio occulto.     
            L’immaginazione non va confusa con la fantasia; questa, essendo mero gioco mentale, bizzarria di cose irreali. Come detto, è il sogno, invece, esempio d’immaginazione; immagini che si formano nella mente allorquando la mente stessa si posa sulla propria zona più intima; nell’ambiente dell’a-strale, del visibile senza luce sensibile. Al sogno diverse e lontane tradizioni attribuiscono importanza: anticamente offriva indicazioni terapeutiche e costituiva terapia; il cristianesimo dei primi secoli, prima che Agostino e Isidoro di Siviglia –“De Tentamentis Somniorum” del VII sec.- lo affermassero diabolico (S. Delacroix, “Athanor- La scienza segreta del cuore”, iQdB ed., 2019); lo sciismo musulmano  (H. Corbin, “L’immaginazione creatrice”, Ed. Laterza, 2005). Anzi, può anche essere vero il contrario: l’immaginazione è sogno, anche ad occhi aperti; ma sogno come espressione di oggetti e fatti della Realtà occulta quanto vera.
            Certo, anche l’immaginazione esoterica costituisce la modalità della mente umana di rappresentare a se stessa Pensieri –chiamiamoli così- che di per sé non hanno forma. E se, infine, non si avesse necessità d’immagini? se si giungesse alla percezione dei Principi in sé? Salto ardito, perché oltre le capacità della mente umana. Si è nella dimensione dell’intellezione pura; prima ancora del Logos che parla, il Nous, il pensiero di pensiero, l’”in Sé” (C.H., cit., “Trattato XII – L’ogdoade e l’Enneade”, a cura di I. Ramelli, Bompiani, 2005). Descrizioni non ne esistono; tentativi sarebbero blasfemie: nemmeno sacrilegi, poiché quel Sacro è intangibile e inattingibile. L’ermetismo dei primi sec. d.C. afferma che nell’Intelletto, nel Nous, può solo “sprofondarsi” (C.H., cit.).
            Qui ci si ferma, dunque. Ma c’è ancora un ultimo viaggio da compiere, quello di ritorno; proprio perché la purificazione, condizione delle acquisizioni esoteriche, avendo come corollario il fondamento dell’etica nel mondo, non consente fughe e abbandoni: abbraccia occulto e visibile. Cioè, siamo nella tradizione occidentale.            
                      Italo Zanchi

sabato 9 novembre 2019

Avvio all’esoterismo (parte decima): …e scendendo, ancora sui livelli dell’esoterismo - di Italo Zanchi


          Dopo l’approccio metodologico all’esoterismo, di cui s’è diffusamente trattato nel pezzo precedente della presente rubrica, qui, invece, ci si affaccia alla prima intuizione esoterica, quella connessa a Visioni istantanee di una Realtà, tanto evidente quanto non visibile dai nostri occhi analitici e meramente fisici. Chiunque, d’improvviso ed in maniera inusitata, può ottenere “esperienze di vetta” o “illuminazioni” istantanee, come “bagliori di una lama” (dal Maestro G. Curci, Bari). E’ possibile che ciò accada in momenti di particolare concentrazione, di astrazione dal proprio Io e dal mondo circostante, causa sì di stress o di sofferenze, ma anche di frangenti di appagamento, felicità. Questi attimi possono modificare il corso delle esistenze, perché capaci di trasformare la mente di quanti li vive. Tuttavia, non poche volte, essi non producono alcunché, laddove non vengano riconosciuti, e così, restando incompresi, il soggetto li dimentica e quindi manca una sua possibilità di tesaurizzazione. Spesso, queste esperienze non sono ricercate e volute, ma si presentano nella propria vita in maniera casuale, e se vissute da persone che non hanno la Ricerca Profonda come propria intenzione conscia, è molto probabile che vadano ignorate dal soggetto. Qui vengono in mente le “margaritas ante porcos”, laddove le “perle” sono le visioni superiori, mentre i “porci” sono quanti ne abbiano esperienza ascrivendola a momentanee bizzarrie, se non défaillances della propria mente. Se invece queste “perle” vengono riconosciute come tali, e ci si sforza di tenerle con sé e approfondire il loro valore, ecco che si può procedere verso la sperimentazione delle capacità di conoscenza della mente. Può anche accadere che l’esperienza non venga compresa, ma venga accantonata per essere poi ricordata e considerata in un’altra fase della vita, più propizia.
            Ma, prima di procedere nel pennellare su questi “bagliori di lama”, occorre dar conto anche della ricerca intenzionale di risposte a interrogativi da parte della persona insoddisfatta o angosciata da un mondo che gli appare privo di senso esistenziale. La carta dei Tarocchi dove antichi iniziati rappresentarono questo stato, raffigura il viandante il cui calcagno viene morso da un cane: questo morso, questo travaglio interiore, spinge l’uomo ad abbandonare i paradigmi illusori della mondanità per muovere alla ricerca della Verità, di qualcosa di più “solido”. E così, letture, meditazioni, esperienze, possono condurre alla percezione di un bagliore che costituisca punto di svolta e, dunque, di inizio di risalita o di ascesa. Questo stadio della ricerca è molto presente nelle narrazioni/raffigurazioni esoteriche. Esso è connotato dalla melanconia, sempre presente nelle fasi iniziali della Ricerca, nella quale si incontra l’abisso e dove occorre vincere la paura di osservarlo, per verificare la veridicità del nulla, e discernendo così sui motivi profondi dell’angoscia. E’ l’opera al nero dell’alchimia, il Saturno degli astrologi, la “Melancolia” del Duhrer con l’angelo seduto e meditabondo (v., F.A. Yates, “Cabbala e occultismo nell’età elisabettiana”, Einaudi, 2002); in psicoanalisi, “è attraverso la depressione che entriamo nelle profondità, e nelle profondità troviamo l’anima” (Hillman, “Re-visione della psicologia”, Adelphi, 1983; “Fuochi blu”, Adelphi, 2010 ).
            Allo stesso modo, per esperienze di vita o convinzioni, oppure studi, si può affrontare un cammino di decostruzione personale, apofatico, cioè di progressiva negazione, eliminazione di tutti gli attributi costituenti la propria “persona” (maschera, apparenza) fino alle proprie facoltà e al pensiero stesso, per nullificarsi e sperimentarne lo Stato, il Nulla. Si constata che questi percorsi vengono affrontati in tempi e luoghi diversi e lontani, e in cornici culturali e religiose diverse: ad esempio, i Sufi o l’esoterismo islamico (G. Giuliano, “L’immagine del tempo in Henry Corbin”, Mimesis, 2009), così come alcuni santi cristiani (San Giovanni della Croce, “La notte oscura”, Gribaudi, 2007).     
            Ma, attenzione, la marcia di avvicinamento è pericolosa! Siamo, infatti, circondati e allo stesso tempo anche intimamente penetrati da forze immani: è un universo, una natura minerale, vegetale e animale, un’umanità intera che gravano su ciascuno dei “viaggiatori”. E’ tutto questo un immenso groviglio in continuo intrecciarsi, nel quale ciascuno è avviluppato e del quale, pure fa parte. Fortunatamente, nella vita comune, l’individuo possiede armi di difesa potentissime: coscienza e raziocinio; la prima, per distaccarsi psicologicamente dalle forze circostanti e interiori; la seconda per approntare un ordine nel quale potersi muovere con sicurezza secondo canoni noti. E’ come erigere un perimetro intorno a sé, dal quale tenere lontani i mostri e all’interno del quale muoversi con relativa sicurezza; come il cerchio tracciato dal Mago intorno a sé prima dell’operazione da compiere. Ora, andando oltre il Mago, ci si libera dalla paura e ci si spoglia delle armi per varcare il perimetro, ma qui si può essere assaliti dal Kaos, l’Immane Groviglio, e allora occorre grandissima forza (nella mitologia, Ercole; nella Bibbia –I Profeti minori-, Giona inghiottito da “un gran pesce”). Varcata la soglia, la volontà e la certezza dell’intensione non devono vacillare; diversamente, la visione del Kaos sarà terrificante, la mente (meus ens) ne sarà sconvolta, la missione fallisce.  
Per affrontare questi “viaggi” occorre fede? Forse, no! Probabilmente occorrono fortissimi desiderio e volontà di andare a vedere cosa c’è oltre il nostro recinto mentale. Il connubio di desiderio e volontà, forse, è Amore, Amore per la Verità, ontologicamente connaturato alla purezza. Ecco, per affrontare certi viaggi, trasformarli in pellegrinaggi, per vincere la paura e raggiungere il successo nell’impresa, occorre la purificazione: gli Esseni, a Qumran, avevano vasche per i lavacri; i fedeli islamici, prima di entrare nella Moschea o effettuare circumambulazioni intorno alla Ka’ba, purificano le membra con l’acqua; i cavalieri, prima di affrontare una tenzone o una battaglia eseguivano fumigazioni e lavacri; e molto altro, fino ai giorni nostri. Al di là di gesti, che oggi paiono simbolici, la sostanza consiste in un comportamento integrale -pensiero, parola, azione- fondato su sempre più approfonditi e vissuti valori, quali correttezza, lealtà, pratica del “neminem laedere”, fino alla bontà e alla simpatia (patire insieme). Oltre e altro rispetto, alla  positivistica “educazione alla legalità”.
Il segreto è questo: un animo puro! Nessun meccanismo comportamentale, nessuna pozione magica (le droghe contemporanee), nessuna disciplina fisica, conducono al risultato più elevato. Molte saranno le illusioni, anche forti, ma i patti col diavolo sono tragicamente deleteri. Il laboratorio dell’alchimista è l’Oratorio. Un detto iniziatico avverte: “Il Padreterno non si prende in giro”. Che il salto avvenga casualmente -in apparenza- o che i travagli della vita lo provochino oppure che venga ricercato –anche dolorosamente e pericolosamente- l’esito consiste nel ritrovamento del tesoro nascosto, nella scoperta dell’Essenza, del nucleo incorruttibile sul quale può erigersi saldamente la propria esistenza (“L’inno della perla” negli atti apocrifi dell’apostolo Tommaso, in H. Jonas, “Lo gnosticismo”, Ed. Internazionale, 1995). Ad ogni modo si sviluppa un’intelligenza diversa dal consueto, oltre il razionale, ma non irrazionale, visionaria appunto, nel senso della facoltà di vedere l’insieme delle cose, il paesaggio della Realtà nella sua più vera morfologia e consistenza. Visione, svincolata dalle complesse articolazioni e concatenazioni logico-razionali, propria di chi non vede e, nell’oscurità, analizza e deduce, per “farsi un’idea”, indirettamente, della realtà.
            Va da sé che vi sono altri gradini da salire per questo approccio all’esoterismo, ma li affronteremo con i prossimi appuntamenti di questa rubrica, se riterrete di riconoscere e condividere il percorso.
Italo Zanchi

venerdì 18 ottobre 2019

Avvio all’esoterismo (parte nona): …sui livelli dell’esoterismo – di Italo Zanchi


         Nel precedente articolo di questa rubrica abbiamo approfondito un concetto particolare di esoterismo: quello connesso alla disposizione mentale che consente la “pratica” dell’esoterismo. Abbiamo anche accennato –ma niente di più di un accenno- a quelle che possono essere le svariate vie che portano al superamento della soglia di accesso allo stato esoterico: dalla cultura in genere agli studi particolari –quali matematica o Qabbalah, o I-Ching (in più recenti sperimentazioni psicoanalitiche)-, dalla presa di coscienza delle proprie energie fisiche, all’attenzione nel loro uso, dall’analisi sempre più approfondita del proprio intimo alla scoperta di personalità conviventi, dalla vita proba a quelle votate, fino alla monastica, e fino alle pratiche orientali.
            Questo aspetto del tema può essere intuitivo e sperimentabile avendo passione per la ricerca della Conoscenza –taluni direbbero, Gnosi-. Ma un altro aspetto interessante del tema consiste nella constatazione di vari livelli di sviluppo della “mente esoterica”. Si tratta di un percorso di lunghezza indefinita: ogni tappa appare come traguardo, salvo poi, con la pratica di quegli stessi conseguimenti, scoprire che occorre procedere oltre verso un successivo traguardo, e così via.
            Difficile classificare i livelli esoterici. Ciascuno può avere i propri; ciascuno ha una propria struttura e storia: qualcuno consegue facilmente e subito livelli più elevati, mentre altri necessitano di più tappe e si progredisce chi più, chi meno. Tuttavia, pur se l’uomo è infinitamente e meravigliosamente vario, è anche vero, d’altro canto, che i suoi stati sono via via identificabili e raffrontabili, così che possono trarsene parametri, anche se approssimativi, con sfumature diverse, e mai esaustivi. Da qui è facile capire che, la serie e la storia delle correnti esoteriche possono inquadrarsi anche in una classificazione di livelli: dalla superstizione e all’irrazionalità, alla ricerca analogica (ad es., tra fenomeni naturali e vicende umane con l’astrologia); dalla ricerca del sostrato di verità nei dogmi religiosi (vita monastica, esoterismo delle religioni) ai conseguimenti tramite pratiche di vita estreme dirette al superamento di limiti umani (come fachiri o yoghi, monaci buddisti), fino alle vette più elevate della meditazione o del sufismo. Tutto ciò, soltanto a titolo di limitatissimo esempio.
            Ma, prima di addentrarci in questa disamina, occorre dar conto di un primo atteggiamento mentale-culturale quasi al confine tra l’essoterico e l’esoterico, di un essoterismo esoterico: si tratta della scoperta della storia “dietro le quinte”. Certo, non stiamo parlando di narrazioni alla Dan Brown o complottiste o di altre fantasticherie, bensì dell’intravedere come i percorsi storici non sono sempre o soltanto frutto dei movimenti palesi delle civiltà o di grandi personaggi o di “masse”, ma il risultato organizzato su parametri diversi da quelli palesi e conosciuti (ad es., ideologie, nazionalismi), o per scontri apparenti (tra religioni o interessi economici, ecc.) anche questi apparenti. Questi diversi parametri, che permettono di superare la visione ordinaria, corrente dipendono da visioni del mondo largamente sconosciute, ma che pure determinano indirizzi e scelte. Lo studio della “cultura delle classi dirigenti” è illuminante per comprendere quanto diversi siano i fini, gli interessi e i metodi che agiscono nella storia, rispetto a quelli narrati dai libri di storia correnti (M. Zambrano, “Persona e democrazia”, B.Mondadori, 2000; G.E. Valori, “Spiritualità e illuminismo”, Futura ed., 2018).
            Ciò detto, torniamo all’esoterismo “personale”, quello possibile in ciascuno; ricordando, però, che anche l”essoterismo esoterico” di cui poc’anzi abbiamo detto, origina negli esoterismi delle persone “dirigenti”. Così, chiunque, nell’esercizio del pensiero e nel perseguimento di studi come storia, filosofia, matematica, musica, medicina, chiunque può ottenere un’illuminazione improvvisa, come una “folgorazione sulla via di Damasco”. Intuire, così, che oltre la cosiddetta “mente discorsiva” o analitica, esiste la mente come organo di senso, la quale sperimenta direttamente gli oggetti di conoscenza, siano essi natura o storia. Non la conoscenza tramite l’analisi, ovvero l’individuazione e lo studio delle varie componenti della realtà osservata, che può essere incompleta o errata per alcuni elementi, bensì la visione dell’insieme, dell’organismo come tale e delle sue ragioni.
            D’altra parte, alpinisti, navigatori solitari, esploratori di nature vergini, quanti riescono a sostare in silenzio dinanzi ad uno spettacolo di natura, d’improvviso percepiscono la vita del tutto, l’energia che sottende; e vita ed energia soggiacenti dimostrano l’esistenza di un senso, che è comune alla natura riflettuta e al meditante: conoscendo l’oggetto si conosce se stessi. Questa percezione ha valore incommensurabile in quanto, al di là della via culturale occidentale, offre una soluzione diretta, benché a-razionale, all’angoscia che attanaglia l’umanità, specie quella europea. La crisi di questa civiltà consiste nell’avere constatato che la filosofia raziocinante post-illuministica perviene ad un punto morto riguardo gli interrogativi sui grandi temi esistenziali umani (“l’uomo di fronte al suo essere gettato nel mondo”: Heidegger); siamo annegati nel nichilismo e nel relativismo, forse questioni destinate al popolo tout court. L’intuizione della vita della natura, e dell’uomo con essa e in essa, di ciascun singolo uomo, in quel momento meditante, il cogliere il passaggio dell’Essere (G.E. Valori, cit.), d’un colpo svela la falsità delle costruzioni nichiliste, e restituisce dunque senso e valore alle esistenze di ciascuno.
            Tutto ciò è esoterico nel senso che non è teorizzabile o sperimentabile secondo le tecniche scientifiche moderne. Ma è verificabile da ciascuno in se stesso; e ciascuno ha un senso della percezione, un sapore -donde, Sapienza- incomunicabili. A tal riguardo gli psichiatri parlano di “qualia” (G.M. Edelman, “Sulla materia della mente”, Adelphi, 1995). E infine, il risultato consiste nella valorizzazione dell’esistenza, nel constatare che non è vano vivere e operare. Ed ecco che l’angoscia si dissolve e spunta un’intima e profonda gioia del vivere.
            Il primo passo è compiuto, è stato superato il dogma della superiorità del metodo raziocinante e si è svelata la mente percettiva. Certo, come già accennato nel precedente articolo (parte ottava), non si tratta di argomenti che possano formare oggetto di teorizzazioni. Il loro valore può essere ancora superiore: la civiltà europea è stanca (C. Bonvecchio: “l’occidente esausto e secolarizzato”, in Introduzione a “Il paradosso del monoteismo” di H. Corbin, Mimesis, 2011), resa esausta dalle conclusioni nichiliste e senza speranza dei suoi filosofi. La diffusione tra gli uomini di un sostrato di nuovo collegamento integrale con la natura e la storia restituisce senso alle esistenze e slancio operativo, nuova luce alla nostra civiltà.
Italo Zanchi
             

mercoledì 25 settembre 2019

Avvio all’esoterismo (parte ottava): …ritornando sul concetto di esoterismo – di Italo Zanchi

            Da più parti, con riferimento alla nostra rubrica, “Avvio all’Esoterismo”, sono stati richiesti da alcuni lettori di Maison Ragosta, un approfondimento e una specificazione ulteriore del concetto di esoterismo, affrontato nel marzo di quest’anno.
            Esoterismo” è concetto sfuggente; difficile darne una definizione soddisfacente, perfettamente perimetrata. Pertanto, il parlarne porta ad un livello di approfondimento del concetto e del significato di esoterico che può avvicinarsi all’essenza del suo significato, ma senza mai esplicitarla completamente. La definizione di esoterismo, in altri termini, è un po’ come l’arcobaleno: esso appare chiaro se visto da lontano, ma, a mano a mano che ci si avvicina, si dissolve e la sua vista si perde. Distacco, distanza dunque, ma non troppo…!
E così, la prima domanda da porsi è se Esoterico è un oggetto o un contenuto preciso? In linea di massima, non è né l’uno né l’altro, come si specificherà tra poco. Ed ancora, d’obbligo è il chiedersi se sia qualcosa di comunicabile o incomunicabile? Se potrebbe essere, infine, qualcosa che si nasconde o è nascosto?
Al riguardo, si presenta utile, per l’economia di questo breve lavoro, aprire una parentesi con riferimento ai processi di chiarificazione della Conoscenza, fulcro, esplicito o implicito, di gran parte delle attività umane e le cui dimensioni più essenziali coinvolgono la Realtà, la Verità, l’Essere, l’Ente. La sua indagine, della Conoscenza appunto, può svolgersi su diversi piani, e le qualificazioni che se ne ottengono possono essere diverse. In linea generale, una Conoscenza si muove dal piano divulgativo, a quello del segreto (cioè, può essere di comprensione comune, ma che viene tenuta riservata), dell’arcano (quando è comprensibile in particolari stati di coscienza), sino a quello del mistero (inconoscibile, ma contemplabile). Ed ancora, il percorso sul piano esplicativo di una conoscenza può andare dal comunicabile tramite concetti, al comunicabile tramite simboli, allegorie e metafore, all’incomunicabile. Sempre su tale scia e sul piano degli strumenti intellettivi, il sentiero di accesso alla Conoscenza va dall’uso della ragione, all’intuizione, alla visione, alla percezione o esperienza. Ciò detto e fissato, torniamo alle nostre domande iniziali.
Per esoterismo, in senso stretto, si dovrebbe intendere l’ontologicamente nascosto. E ciò perché si è dell’avviso che esso è un fenomeno mentale inesprimibile, in parte perché si tratta di uno stato di coscienza non comune, in parte perché, assieme a questo, si tratta di un metodo non replicabile e, dunque, non valido per tutti. Né i contenuti ai quali tramite esso si accede, a mano a mano che ci si addentra nella Conoscenza, d’altro canto e come si è messo in luce, sono esprimibili con l’uso di parole o espressioni che possano descriverli. Da qui, particolari pratiche, quali ad esempio la Kabballah -per introdurre la mente in questa dimensione particolare- e la simbologia, come espressione intermedia di contenuti esoterici.
In altri termini, così inteso, l’Esoterismo non è costituito, di per sé, da tematiche specifiche, piuttosto costituisce uno stato di coscienza abbinato ad un metodo personale che consente visioni sempre più elevate del Mondo, dei fenomeni, dell’Uomo, della Storia, e da qui processi di espansione e penetrazione della Conoscenza tout court sempre più spinti. Mediante questo stato si possono fare esperienze, dunque, della Realtà, della trama che sottende al tutto, naturale e storico, e, in tale direzione, si può assottigliare il velo di mistero nel quale siamo avvolti.
Pertanto, l’Esoterismo non ha leggi canoniche. Si compone di tante ricerche personali quanti sono i ricercatori, ciascuno, attraverso il proprio sentiero, alla scoperta della visione Reale (dal latino Rex-regis, propria del Re). Ecco perché non ne può esistere una definizione contenutistica, essendo i contenuti solo l’oggetto del metodo, l’esoterismo appunto. In definitiva, vale la pena sottolineare ancora una volta che si tratta di un percorso e di uno stato ontologicamente nascosti nell’intimo di ciascuno, incomunicabili, rispetto ai quali non può esistere una teoria.
A tal riguardo va specificato che, all’estero (a Parigi, ad Amsterdam ad esempio) sono state istituite cattedre universitarie di esoterismo. Si tratta, tuttavia, di insegnamenti più che altro “positivi”, ovvero riguardanti fenomeni storici di particolare classificazione e interpretazione, quali, ad esempio, quelli riferiti ad antiche religioni, scuole filosofiche, egittologia, ebraismo, Esseni, ermetismo, fino ai Templari, i Rosacroce, le Massonerie varie, la magia politica (De Mitri, “Comunismo magico”, Castelvecchi, 2004) e via discorrendo. In Italia l’istituzionalità di questi studi è assente. A tal proposito, l’impedimento viene attribuito soprattutto all’idealismo filosofico dominante: dapprima, quello crociano, in seguito, quello marxista. Tuttavia, va specificato che, studiosi italiani definiscono l’esoterismo come la “prisca theologia, una verità che si pone all’origine della storia umana, al di là delle forme religiose e filosofiche, capace come tale di accomunare Oriente e Occidente“(Cazzaniga, Storia d’Italia, in Annali 25 “Esoterismo”, Einaudi, 2013). Ed è in ciò e qui, rispetto a quanto innanzi detto, che si intercetta la distinzione tra lo studioso di esoterismo ed il praticante.
            Ma tornando al focus della nostra dissertazione, v’è da concludere, dunque, che i metodi per accedere alla Conoscenza sono i più vari, e tra questi troviamo l’esoterismo appunto, nell’accezione appena tracciata. Va da sé che, i conseguimenti della Conoscenza esoterica sono particolari rispetto a quelli dei metodi, ad esempio, logico-discorsivi o generalmente culturali. E tal proposito, va aggiunto che, anche gli scienziati contemporanei comprendono l’importanza dello stato mentale del ricercatore rispetto all’indagine, approcciando così alla ricerca spesso con una prospettiva esoterica. Così, la stessa ricerca matematica avanzata, ad esempio ed in questa direzione, si apre in una dimensione intellettuale inconsueta e diversa dai processi di tradizione illuministica. Ecco che, da tale angolazione, deve constatarsi falso il dogma moderno secondo cui la realtà sia costituita soltanto da oggetti sperimentabili e dalle relazioni tra essi. Pertanto, liberati da questi paradigmi materialistici, alla mente indagante si presenta un Mondo animato, dotato di anima appunto, avente una direzione e una teleologia, in relazione alle quali il Mondo si è formato ed evolve. La scienza modernista ed illuministica, infatti, offre la visione del “rovescio” del Mondo, quella fenomenica e meccanica, mentre l’indagine a-dogmatica -nella quale rientra quella esoterica- offre quella, invece, dello spettacolo naturale che evidenzia, quindi, un “diritto” costituito da un progetto la cui realizzazione informa e guida l’Evoluzione (Ruyer, “La gnosi di Princeton”, Mimesis, 2011): un esempio, quindi, di metodo esoterico e di contenuti così con esso conseguibili.
Italo Zanchi

martedì 21 maggio 2019

Avvio all'esoterismo (parte settima): I Templari - di Andrea Antonello Nacci



Come messo in evidenza nella parte precedente della nostra rubrica, la prima scuola iniziatica che, seppur brevemente, tratteremo è quella riconducibile ai Templari, monaci-guerrieri che, sin dalla loro costituzione, intorno al 1100 e sino ad oggi, hanno fatto parlare di sé ed hanno lasciato un solco profondo nel corso della storia dell’Occidente e nei suoi attuali caratteri, non solo sotto il profilo delle pratiche esoterico-religiose, ma anche per i loro principi economici e sociali.
Parlare oggi di Templari è, dunque, tutt’altro che anacronistico. L’importanza assunta dal Sacro Ordine del Tempio in termini di derivazioni storiche e di influenza su praticamente tutte le Obbedienze sorte successivamente, è, per altro verso, tale da spingerci ad iniziare proprio da qui, come accennato, la nostra seppur breve ed assolutamente inesaustiva disamina di uno dei maggiori Ordini iniziatici,  che tuttavia può dare un’idea del fenomeno e spingere ad ulteriori approfondimenti e riflessioni.
Fu un monaco cistercense, San Bernardo di Chiaravalle, che ispirandosi alla regola benedettina, ma rendendola molto più dura, stilò la regola etico-comportamentale destinata ad essere applicata alla vita dei  monaci-guerrieri, la cui esistenza si basò sull’obbedienza, la povertà e la castità. La vita dell'Ordine era regolata così in modo durissimo, dunque, ed era chiaro che tanto la Fede quanto l’abnegazione degli adepti dovevano essere assolutamente totalizzanti. Il Credo sarebbe stato la vera ed assoluta ragion d'essere di ogni frate, né potevano essere tollerate fughe o diserzioni dal Tempio, cosa per la quale  la Regola non poteva che risultare rigidissima, al punto che venivano esortati gli stessi Maestri dell'Ordine a selezionare nel modo più capillare e severo ogni vocazione di ciascun postulante. Costoro erano successivamente sottoposti ad un esame che consisteva in una prova tale da essere considerata davvero per pochi eletti, nel corso della quale era necessario valutare se il postulante poteva veramente essere degno di essere accolto nell’Ordine e divenire un Cavaliere Templare.
Fulcro di tutto era naturalmente l'obbedienza assoluta e incondizionata ai superiori, a cui faceva da corollario un ferreo convincimento, dettato, come dicevamo, da un'assoluta abnegazione che andava ben al di la della propria stessa vita. In altri termini, la loro rinunzia alla propria volontà era assoluta, si annullava e si inetgrava in quella del superiore incondizionatamente.
La documentazione ufficiale del Tempio, era custodita dai Maestri. Negli statuti risalenti alla seconda metà del XIII secolo, si evince come il postulante dovesse essere valutato o dal Precettore della Magione ove avveniva l'Entratura, o da un Dignitario di rango superiore, generalmente di passaggio ed appartenente ad altra Magione, che veniva invitato a presenziare al Rito. Rito durante il quale doveva essere accertata la reale attitudine e che consisteva nell’esaminare per ben tre volte il candidato. Questa, ad esempio, è una delle domande tipiche che venivano rivolte all’interessato:
Signore, saprete sopportare l'insopportabile?
Signore, con l'aiuto di Dio, saprà sopportare qualunque cosa!
A questo punto il postulante si spogliava delle vesti laiche per indossare quelle monastiche (bianche) e quando il Precettore gli allacciava il mantello al collo il candidato era consacrato Cavaliere Templare.
Sappiamo che le origini dei Riti di Iniziazione affondano le loro radici nella preistoria e sono strettamente legate ai riti religiosi sin dagli albori dell’umanità. L'iniziazione è ritenuta una procedura di fondamentale importanza perché è simbolo di una Morte Sacra a cui segue la Rinascita ad una nuova Vita Superiore. Noi, oggi, sappiamo, dalla consultazione degli atti del processo contro l’Ordine, voluto da Filippo il bello di Francia nel 1307, che nel caso dei Templari, l'investitura prevedeva tre momenti paradigmatici: la Liturgia, l’Interrogatorio ed infine le Promesse d’onore.
Durante il processo avvenuto per eresia e sodomia, Il Papa Clemente V comprese come alla base di tale cerimoniale ci fosse l'esigenza di mettere alla prova il futuro Cavaliere per verificarne la capacità di sopportare la disciplina durissima e l'obbedienza assoluta che il Tempio avrebbe esatto da loro. In questo contesto, i Precettori potevano anche impartire spesso un ordine totalmente assurdo per saggiare la totale attitudine dei nuovi Frati-Cavalieri alla cieca obbedienza. Eccone un esempio fin troppo celebre perché utilizzato come argomento principe negli atti d’accusa contro l’Ordine del Tempio:
È obbligatorio per te rinnegare tre volte quel Cristo, che quest'immagine rappresenta, e tre volte sputare sull'immagine e sulla croce” Lui rispose che non lo avrebbe mai fatto, allora il precettore lo rimprovero in maniera durissima, dicendogli. “Osi mostrarti disobbediente ad un comando che ti è stato dato?
Questo apparente rinnegamento del Cristo, insieme allo sputo sulla Croce, che Filippo il Bello seppe manipolare a far passare per una prova di eresia, facendosi aiutare dai suoi migliori avvocati del tempo quali Guglielmo di Nogaret, apparteneva in realtà quindi ad un cerimoniale segreto d'ingresso effettivamente in uso presso l'ordine del Tempio, ma aveva tutt’altro significato che quello dichiarato durante il processo: il postulante che chiedeva di entrare nell'ordine era messo a confronto con le violenze che i Saraceni compivano sui Templari catturati per costringerli a rinnegare Cristo e oltraggiare la Croce sotto minaccia di morte. Il Rito di Iniziazione era quindi una messinscena il cui scopo era di spaventare il Postulante per metterlo alla prova e consentire ai suoi superiori di verificare immediatamente di che tempra fosse il futuro Confratello, la sua capacità di autocontrollo e la subordinazione agli ordini dei suoi superiori.
Fu proprio per tutto ciò che, l’Ordine non fu soppresso, ma sospeso. A 700 anni da quel drammatico processo, che si concluse nel 1312, si può tranquillamente confermare, infatti, che il Sacro Ordine del Tempio era totalmente estraneo dall’accusa di eresia, un fatto, questo, storicamente riconosciuto e confermato ulteriormente dalla la restituzione dei sacramenti ai Cavalieri, cosa che il Papa non avrebbe mai permesso, se non fosse stato sicuro della loro completa innocenza.
Tra gli atti d'accusa vi fu anche l’altrettanto noto – e caro ad una certa letteratura anche di oggi -  “bacio sul sedere” che, stando a quanto emerso dagli interrogatori dell’epoca, aveva tuttavia la finalità di saggiare la capacità del Postulante di umiliarsi dinanzi ai Cavalieri più anziani. E tutto ciò può dare l’idea di quale livello di abnegazione e totale rinunzia a se stessi ed alla propria volontà praticavano i frati Templari. Ad ogni modo, è significativo che ancora oggi, tale pratica risulti tipica di rituali in uso presso comunità orientali, a cui i Templari potrebbero con tutta probabilità aver attinto durante la Loro permanenza in Terra Santa. Questi gruppi iniziatici medio-orientali praticano infatti cerimonie d'iniziazione a cui si usa baciare l'osso sacro -non le natiche quindi- in quanto considerato fulcro di energie Divine nell'uomo.
Andrea Antonello Nacci

venerdì 10 maggio 2019

Avvio all'esoterismo (parte sesta): introduzione alle scuole esoterico-iniziatiche - di Andrea Antonello Nacci



Con questo pezzo iniziamo un nuovo tratto del percorso della nostra rubrica Avvio all’Esoterismo volto a scandagliare ed illuminare, questa volta, il significato storico delle maggiori Scuole Esoteriche di Iniziazione. Percorso che, pur non avendo la pretesa né l’intenzione di affrontarne – cosa che non sarebbe possibile in questa sede per ragioni ovvie – tutte le pieghe delle Scuole Esoterico-iniziatiche, cercherà di chiarirne i reali aspetti storico-esoterici ed alcune delle implicazioni che ne sono derivate sia sul piano sociale sia su quello delle prassi esistenziali.
Volendo essere davvero precisi, qui va in prima battuta chiarito il significato della parola Iniziazione, come in precedenza (nella parte prima di questa rubrica) si è fatto per il termine esoterismo. Una parola, dunque, Iniziazione, che va ben oltre quello che gli è normalmente attribuito. In realtà potremmo cominciare col dire che essa rappresenta l’essere ammessi alla conoscenza di una dottrina di per sé Sacra e Segreta.
La parola Iniziazione implica così un concetto di movimento verso una determinata direzione che non tutti sono in grado di compiere, ma per il quale agli iniziati vengono messi a disposizione i mezzi a ciò necessari; essa non è quindi altro che la spinta, in direzione di una determinata Conoscenza Esoterica, spinta che diventa utile solo quando le qualità intrinseche dell’Iniziato sono verificate come tali da garantire vita a questo movimento.
Metaforicamente, l’inizio del movimento determina la vita; l’Iniziazione determina quindi una vita anch’essa, o meglio, un particolare percorso di vita, a cui si può giungere solo attraverso una via che ne offra le condizioni necessarie all’esistenza; si tratta quindi di una vera e propria rinascita tale da fare dell’uomo un rigenerato o, se si preferisce un “nato due volte” che si differenzierà dall’uomo comune tanto quanto questo si differenzierà dagli altri esseri viventi.
Per questa ragione scopriamo, alla base di qualsiasi iniziazione, il concetto di morte dell’Iniziato, presentato sì nelle vesti allegoriche più diverse, ma la cui persistenza rimane strettamente legata a quella di cui parlavamo di rinascita che ne costituisce insieme sia il fine che il completamento.
Se poi questa morte iniziatica non costituisce una fase meramente simbolica ma realizza effettivamente la morte di qualcosa che è presente “da prima” nell’iniziato, ne consegue che l’azione del morire è rivolta all’annientamento di qualcosa che pure entra nell’insieme dell’uomo; e siccome a questa morte segue una rinascita, essa sottintende un processo generativo di cui diviene necessario ammettere l’esistenza.
Ne consegue che siamo portati alla ricerca, nel nostro interiore, di due entità coesistenti di cui l’una deve morire e l’altra deve generare. Che l’una debba morire è assiomatico nel concetto di Iniziazione, mentre l’altra, non essendo di sua natura necessariamente autogenerante, dovrà rispondere a qualcosa di proveniente dall’esterno, che costituirà il trasferimento iniziatico, senza per questo escluderne in alcun modo la sua intima natura di processo strettamente interiore.
Le scuole di carattere filosofico-metafisico od iniziatico, hanno quasi sempre avuto la necessità di dogmatizzare sia i metodi di scuola in modo del tutto simile a quanto avviene nella catechesi religiosa che, a volte, l’intangibilità del singolo Maestro stesso.
Questa forte assiomaticità difende naturalmente e per così dire ermeticamente, il mondo dei principi di riferimento, cioè le ragioni fondanti della Scuola Iniziatica o del Cammino via via identificati che, anche nei casi in cui non richiedano una vera e propria fede di partenza, presuppongano, quanto meno, un riconoscimento inequivocabile della figura di chi insegna.
D’altronde, la ricerca della Verità può essere allo stesso tempo – o, detto in altri modi altro non può essere che - ricerca della Bellezza, di Dio, di Pace oppure di Illuminazione, Perfezione o Realizzazione. Tutti termini questi che, anche se elencati in modo semiologicamente differente, appartengono nella loro totalità alla Verità Suprema, quella stessa Verità che abbraccia l’intero Universo e lo rende appunto Uno ed indivisibile, pur nella meravigliosa serie di differenze, apparentemente inconciliabili. Inconciliabili tuttavia solo per chi le cerca al di fuori di un percorso di Iniziazione Estoterica. Percorso che, partendo dalla considerazione che per avere una minima, possibilità di raggiungere il Vero bisogni avere il coraggio di soffrire, rinunciare, combattere, mortificarsi, umiliarsi, in una parola: cadere – e quindi morire - per poter rinascere, come dicevano i Templari  ad maiorem Dei gloriam. Espressione, che non ha assolutamente nulla di retorico, ma che rappresenta il concetto metafisico, realizzabile solo come traguardo di un preciso percorso Iniziatico, di ricerca autentica della piena offerta di sé – la morte iniziatica- finalizzata alla Rinascita alla nuova Vita – quella illuminata dalla Verità.
Andrea Antonello Nacci