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mercoledì 23 dicembre 2020

La Grande Crisi del 2020 (parte sesta): un possibile Bilancio – di Mauro Ragosta

            Veramente poche le novità nel 2020, quello che si ricorderà come l’anno attraversato da una crisi mai vista in precedenza, almeno nella morfologia. Nella sostanza, però questa può chiamarsi crisi, oppure una grande operazione di change management?

            In effetti, poi, la politica non ha mostrato alcun elemento di novità muovendosi indifferente e disinvolta con metodi, prassi e tecniche antiche. È facile anche ad una persona di cultura media capire che rispetto alla Prima, alla Seconda e alla Terza Repubblica, in Italia non è cambiato alcunché: l’incedere di fondo è sempre lo stesso, ma centrato sulla mascherina e sui comunicati Covid. E modificandosi lo scenario in alcune determinanti chiave, questa volta, però, il mondo della politica ha mostrato troppo il suo vero volto, in una visione che per certi aspetti rasenta il comico. La vera e grande novità, invece, viene dalla Chiesa di Roma, dove il Papa celebra le principali ricorrenze cristiane in San Pietro senza i fedeli. Lo Stato dunque in ritardo rispetto alla sua “consorella”? Il potere spirituale realizza uno scatto, in termini di sviluppo, che il potere temporale non riesce a realizzare?

            Gli anni ’90 del secolo scorso si ricordano poco per la questione connessa alla Pecora Dolly, ma quello, nel 1996, fu il momento in cui emerse la potenza della Biogenetica, che da allora, ma nel silenzio, si è affermata in tutti i campi delle principali attività umane. Oggi, il 2020, segnerà l’avvio di uno sviluppo massiccio e massificato della Robotica, dove anche questo si muoverà in futuro nel totale silenzio. Di fatto sia l’una sia l’altra hanno mutato alla radice le condizioni di vita e di produzione della società e ci porteranno ad una Nuova Civiltà. Va da sé che, il sistema fondato sul consumo e sul consumismo, col pilastro reggente della classe media, verrà lentamente meno, dando posto a nuovi alfieri sociali, con connotazioni e peculiarità differenti. Insomma, l’Era inaugurata dalla Ford T nera è entrata nella sua fase finale.

            L’altra più importante novità del 2020, anche se di secondo piano, riguarda il pianeta donna, che è stato costretto a comunicare con elementi e strumenti più razionali e ad abbandonare quelli meno evoluti basati sulla sensualità e il corpo. La mascherina infatti ha imposto alle donne uno sforzo comunicativo più importante, non fondandosi sulle strutture tradizionali e consumistiche, centrate sull’uso intensivo del corpo. Ed ecco che, col 2020, si aprono nuovi scenari per la donna, che realmente si avvicina all’uomo dovendo usare prevalentemente gli elementi razionali nelle relazioni anziché quelli emotivi.

          Il 2020 verrà considerato anche come l’anno in cui si compie forse la grande operazione di creare un sistema eremitico di massa, avviata con forza agli inizi del Novecento con Einstein e Popper. Ed ecco che se il relativismo ha portato all’isolamento psicologico dell’individuo medio, la sanitocrazia, oggi, ha imposto anche l’isolamento fisico. Ci si sta avviando verso un sistema conventuale “a cielo aperto”? Forse, anche se non è disdicevole dal momento che la nostra società è troppo rumorosa ed “agitata”.

        Sul piano strettamente economico sono saltate molte delle leggi fondamentali tracciate dalla teoria. E così, di fronte ad una riduzione importante del PIL, ovvero del reddito, si riduce il tasso di disoccupazione e balza in avanti il livello dei depositi. La gente non cerca più lavoro e di fatto si pone a carico del sistema produttivo, che oggi, fortemente efficiente può mantenere un numero di attori sociali inattivi altissimo.

In tutto questo, prosegue ininterrotta l’operazione di indebitamento dello Stato, mentre il sistema degli scambi e del lavoro mutano le loro dinamiche, dando spazio all’informatizzazione di tutti i processi produttivi. Una nota va fatta per il mercato delle cripto valute, che mostra sistemi di affermazione tipici delle aziende commerciali degli anni ’50 e ’60, quando molte delle operazioni innovative si avvalevano della “vendita porta a porta”. Ecco il managment commerciale delle cripto valute si muove con quegli schemi, assolutamente desueti, ritardando l’affermarsi del Mondo Valutario Virtuale tout court.

Per concludere, il crollo del sistema, se di crollo si può parlare, più che nel turismo e nelle attività di intrattenimento centrate sui consumi alimentari, si è avuto netto nel comparto dell’Arte, dello Spettacolo della Cultura, il quale muovendosi da sempre con ingredienti più mondani e di sociabilità non ha retto al lookdown e alla mascherina. Gli sforzi di riprodurre questo Mondo nel sistema web e on line è risultato fallimentare, non consentendo, infatti, lo sviluppo principale e specifico delle attività connesse alla cultura negli ultimi trent’anni. E così, mancando il momento mondano, si è avuto una contrazione drammatica del numero dei titoli stampati, delle rappresentazioni teatrali e dei concerti di vario tipo e genere, soprattutto perché l’impatto sociale di questi nella versione informatica non è stato di rilievo e rilevante.

 

Mauro Ragosta

 

Nota: chi fosse interessato alla mia produzione di saggi, può cliccare qui di seguito:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q 

 

giovedì 17 dicembre 2020

Saperi e Sapori (parte prima): le premesse e....il pane – di Mauro Ragosta

 

 Lungamente pensata, peraltro da più studiosi ed intellettuali, prende qui il via una nuova rubrica di Maison Ragosta, Saperi e Sapori per l’appunto, mirata a guardare, osservare e scandagliare i significati, le caratteristiche, le peculiarità, tra storia, presente e futuro, degli alimenti, e non solo, come ovvio, nelle prospettive più spiccatamente legate al cibo e alla sua biologia tout court, ma anche a tutte le declinazioni culturali, sociologiche - e perché no?- sino a sconfinare in ambiti esoterici e religiosi.

            Questa prima parte è dedicata al pane, un alimento che oggi assume una valenza minima rispetto al passato. In tale direzione, va considerato che noi viviamo in una società opulenta, consumistica, dove la differenziazione e la diversificazione dei prodotti rappresentano i motivi a se stanti e autoreferenziali del consumo, sebbene si cerchi con forza, ma senza riuscirvi pienamente, di collegare il prodotto a questo tramite metafore, valenze ideali ed ideologiche, simbologiche di vario genere. Siamo in una fase della curiosità infantile del consumo, che impara a conoscere le partizioni e le varianti dei prodotti, che quasi mai acquisiscono valori altri rispetto al consumo in sé, assistito ovviamente da un significato minimo, elementare, comunque non sufficiente.

          Il pane oggi è, d’altra parte, una delle tante possibilità di alimentazione e se ne spinge il consumo, e si cerca di rinnovarlo e dargli forza commerciale soprattutto attraverso la diversificazione delle specie e delle qualità. Sicché, nei grandi supermercati, come nelle panetterie specializzate, se ne trova in abbondanza di forme, ma anche di composizioni della pasta da cui esso si trae, attraverso combinazioni di farine diverse. E non solo. Moltissimi sono gli espedienti commerciali volti ad arricchire il pane di elementi aggiuntivi, come olive, capperi, verdure di vario genere, elementi piccanti e spezie, e spesso con farciture singolari e di fantasia.

Ecco, dunque che per il consumatore v’è, al momento, la possibilità di fare esperienza di tutta questa gamma di tipi e di qualità, che tuttavia non presentano un preciso senso, tutte queste “pagnotte, pagnottine e panelle”, se non nella prospettiva della curiosità consumistica. È questo appunto il consumismo alimentare: provare sapori diversi, per un fatto, al momento fine a sé stesso, e nell’ipotesi migliore, in una prospettiva conoscitiva ed esperienziale.

            Non così sino all’avvento del consumismo, che in Italia ha mostrato i primi segni negli anni ‘30 del Novecento, ma che si è pienamente affermato, con sempre maggiore forza a partire dagli anni ’80. Sino a cinquanta, sessant’anni fa, infatti, il pane aveva valenza diversa. Innanzitutto era uno dei principali alimenti nelle case degli italiani. E ancor prima, il pane rappresentava proprio la possibilità di sopravvivenza. Fino a metà Ottocento, quando l’Uomo ha cominciato a dominare e gestire la Natura, il pane era simbolo di vita, la cui scarsità decretava la morte fisica delle persone. Note sono le conseguenze delle carestie, dove mancando il pane la gente moriva. Il pane dunque, simbolo di vita, innanzitutto. E non solo, ma simbolo primario a cui molti aspetti dell’esistenza, i più significativi, veniva correlato e riferito.

      Nella Pasqua ebraica, infatti, il simbolo del pane è decisivo, rappresentando la vita in sé nella sua schiettezza e brutalità. Ed in effetti il pane della fuga del popolo ebraico dall’Egitto è sorretto da un rito, la Pasqua appunto, in cui assieme ad erbe amare, l’ebreo degustava il pane azzimo, ovvero non lievitato né salato, ovvero un semplice impasto di farina ed acqua non molto cotto. Un pane essenziale, simboleggiando la vita, che deve essere ridotta all’essenziale e nelle sue verità più elementari per “liberarsi” del Faraone.

            Anche Gesù, il Cristo, adotta il pane nella sua ultima cena, ma questa volta con valenza diversa, ovvero in una prospettiva “deicida”. E qui va ricordato che egli abolisce il tempio costruito in pietra, che infatti mai più verrà ricostruito, e diventando egli stesso tempio, tempio vivo e vivente, che il Padre sacrifica per gli uomini.

Nell’ultima cena, dunque, il pane rappresenta sé stesso, è lui il viatico per la Vita Eterna, piena ed appagante, concesso dal Padre. Il pane dunque simbolo di Gesù, che dona sé stesso “in remissione dei peccati degli uomini”, quale appunto nutrimento fondante, ricordando infatti che proprio il pane simboleggia negli uomini dell’antichità e del passato in genere, proprio la vita. Gesù il Cristo, pane di vita, colui che il Padre sacrifica per gli uomini, i quali accogliendolo o "cibandosi di lui" gustano la Vita Eterna.  

Ecco, dunque che l'assunzione del pane benedetto esprime simbolicamente quanto evidenziato. Ovviamente, senza le praticità e le concretezze del caso, si ridurrebbe il rito dell’eucaristia ad un culto senza senso, evocativo, e dunque fortemente idealizzato e privo di qualsiasi utilità ed efficacia, insufficiente dunque sul piano strettamente esistenziale. Va da sé che …così non è, costituendo la Santa Messa uno dei potenti motori sociali.

         Certamente, l’ebraismo, come il cristianesimo sussistono tutt’oggi, ma si è in presenza di un forte allontanamento dalla ritualità. Noto è il fenomeno dello svuotamento progressivo dei templi deputati al culto. Tutto ciò probabilmente dovuto al fatto che le religioni stanno ritirandosi dallo scenario popolare, per rimanere una questione d'élite, destinata a pochi...

        Ma non finisce qui. Il pane essendo metafora della vita, nella storia viene posto anche come “marchio” delle diverse vite. Sicché nel medioevo vi erano panificazioni e pani diversi a seconda dello status sociale. Il pane del popolo era panificato in maniera diversa rispetto a quello della classe nobiliare, che a sua volta era ancora diverso rispetto a quello della classe clericale e persino militare. Vi era anche un pane e una panificazione, persino per i boia, che si nutrivano di specifiche qualità e cotture.

          Il pane dunque, nel passato è elemento centrale nella vita dell’Uomo in genere, ma che trasborda, proprio per questo, nella dimensione simbolica, rituale e metaforica, acquisendo quindi nella vita sia di un popolo sia di un singolo individuo un elemento centrale e decisivo della propria esistenza, sia sul piano strettamente fisico sia sul piano più eminentemente spirituale. Cose che, come è facile riscontrare, non si ritrovano oggi, sbilanciandosi i significati sul gusto, sulla forma e sul fatto che esso è uno dei tantissimi alimenti di sostentamento dell’Uomo, il quale peraltro non soffre più di carestie e può produrre pane e farina a suo piacimento, senza limiti temporali e spaziali.

        Molto altro v’è da dire, ma ci si ferma qui, sicuri di aver stimolato la curiosità e l’interesse per approfondire questa tematica, che offre veramente moltissimi spunti di riflessione. D’altro canto Maison Ragosta vuole sì offrire delle informazioni e delle considerazioni, ma nell’ottica dello stimolo alle speculazioni di vario genere. In tale prospettiva, Maison Ragosta vuole costituire un punto di partenza per la propria crescita, la cui direzione, si sa, si decide in assoluta solitudine e autonomia.

 

Mauro Ragosta

 

Nota: chi fosse interessato alla mia produzione di saggi, può cliccare qui di seguito:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q 

 

 

 

sabato 5 dicembre 2020

Tempi Nuovi, Nuovo Turismo – di Mauro Ragosta


            Il Tempo del Covid-affaire comincia oggi a stravolgere e rendere visibile la riqualificazione dell’intera economia nazionale e presto sarà anche la volta dell’economia internazionale, mentre più in là toccherà anche all’economia globale. Ça va sans dire che di certo pure il settore turistico subirà dei mutamenti profondi per effetto delle trasformazioni nello stile di vita del turista, pur non mancando nel processo di cambiamento delle sacche di resistenza sia tra le componenti della domanda sia in quelle dell’offerta, le quali avranno tempi decisamente più lunghi di allineamento alle nuove tendenze.

            La vera novità sta nell’avvento del Nuovo Turismo, che si basa sul cambiamento del paradigma originario. Al riguardo, notissimo è il testo della Battilani, ovvero "Vacanze di pochi, vacanze di tutti", nel quale, sia pur brevemente tratta del fenomeno in questione dalle origini ai nostri giorni, nella prospettiva borghese-aristocratica. Qui, il turismo nasce, infatti, intorno a metà del XVI col viaggio in Italia del rampollo dello scozzese Lord Garbonne e fino al 2019, nelle sue varie e successive declinazioni, è rimasto sostanzialmente immutato negli elementi essenziali. Peraltro, l’ultima forma di turismo, ovvero quello esperienziale, non rappresenta e non costituisce alcuna novità di rilievo rispetto al viaggio del figlio di Lord Garbonne, del 1556.

            Ed in effetti, il turismo, nelle sue varie forme si configura come uno spostamento dalla propria abituale residenza per esperire attività non abituali, non legate al ménage quotidiano. Insomma, è il contrario di stabilità e routine, ovvero uno spostamento fisico per un’esperienza non di routine. E proprio qui è il cambiamento o l’assottigliamento del paradigma, che il Tempo del Covid sta producendo, quale anticipazione dei tempi che verranno. E così, il turismo si sta lentamente trasformando in esperienza non legata alla quotidianità, senza alcuno spostamento. E se dunque nell’accezione tradizionale per il turismo lo spostamento e il viaggio dunque, costituivano la conditio sine qua non, oggi tali perni attorno ai quali ruotavano tutte le costruzioni di questa attività dell’Uomo Moderno e Contemporaneo, si stanno progressivamente riducendo per giungere ad un unico fattore ovvero quello legato al non-quotidiano, ovviamente in ambito prevalentemente informatico, che consente sì spostamenti ma solo virtuali.

            Partendo da questi presupposti, il turismo che verrà sarà basato su tutto ciò che attiene l’informatica -quale mezzo e struttura, che consente i collegamenti relazionali e con altre realtà- e il non-quotidiano, appunto. E proprio sul non-quotidiano, vissuto tramite rete informatica, è la vera novità, di cui un’impresa leccese si sta facendo promotrice in una prospettiva di tutto rilievo. Si potrebbe definire quanto proposto dall’imprenditore salentino come turismo emo-intellettuale, giocandosi tutta la sua offerta su pacchetti fortemente intellettualizzati e di cultura, al momento, di alto livello. Il suo ufficio studi, peraltro, sta mettendo a pronto sulla scorta delle prime esperienze, ulteriori prodotti e servizi turistici, sempre in linea con quanto qui esposto, ma con delle componenti di novità e capaci di soddisfare una gamma più ampia di utenza.

            Ma veniamo al dunque. Questa, che è tra le prime forme di turismo emo-intellettuale, si basa sull’offerta di quattro tipi di conversazioni su skipe, con operatori di alta cultura, non solo sotto il profilo della dotazione culturale tout court, ma anche nella prospettiva oratoria, essendo studiosi con grandi capacità affabulatorie e dal linguaggio sempre all’altezza dell’interlocutore di turno. Pare, infatti, che abbiano un’estensione sociale di interlocuzione veramente significativa, potendo soddisfare anche le menti più esigenti dell’upper class italiana.

Ed ecco che l’ipotesi di viaggio, avanzata dal nostro salentino, diventa esperienza emotiva, intellettiva, che si sostituisce bene all’impatto emozionale tradizionale che si sviluppava ed era centrata sui cinque sensi, dove l’operatore, pur essendo molto preparato, non aveva grandissime capacità culturali, come si richiede, invece, in questa nuova forma di turismo.

            Di certo, come tutti i prodotti sperimentali, questi sono destinati nelle fasi di lancio ad un pubblico molto ristretto, evoluto e particolarmente esigente, anche se nel caso dell’offerta del nostro imprenditore leccese i prezzi si presentano veramente abbordabili e la forma di approccio e fruizione grandemente esemplificati, prevedendosi tuttavia anche formule con spiccate personalizzazioni.

 

Mauro Ragosta