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sabato 26 novembre 2022

Punti, appunti e …puntini (parte quarta): il Tempo nella prospettiva romantica – di Mauro Ragosta

 

      D’emblée ci si deve chiede se oggi abbia senso interrogarsi sul significato del Tempo nella nostra vita, nel nostro scorrere nell’ultimo tratto di una Civiltà fondata essenzialmente sul lavoro e che oramai sta per superare la soglia del 1500 anni. Una Civiltà, quella Occidentale, che ha reso compulsiva l’esistenza del comune individuo; una Civiltà compulsivizzante, nella quale, lanciati in una folle corsa, i piaceri-dovere dell’arricchimento, del carrierismo, dell’illusoria scalata sociale, del presenzialismo e per giunta del sesso, sono tutti fortemente sbilanciati sul dovere, mentre il piacere rimane relegato alla sola rappresentazione di sé stesso e dunque in buona parte mancante.

Quest’individuo Occidentale che poco ha di individuale, in quanto si rifugia in ricette della Salvezza e della Felicità sostanzialmente precotte, prive di nerbo, prese a prestito dal mercato, perché incapace di esprimersi se non nella prospettiva proposta dal trading e per questo precotta, appunto, ponendosi così fuori tempo, anzi senza Tempo.

            Ebbene sì, il sovradimensionamento del Tempo vissuto nella prospettiva cronologica, ovvero rapportando tutto al “ticchettio” di un orologio o allo scorrere delle “caselle” di un calendario, in definitiva conduce alla perfetta assenza di sé, così tanto cara al cristianesimo e ai suoi pensatori di un tempo e di oggi, come Gianteresio Vattimo.

            In molti sanno, pur non comprendendo più, che i greci utilizzavano per il Tempo sostanzialmente due espressioni, con accezioni profondamente diverse, ovvero Chronos e Kairos, alle quali si aggiungeva una terza, Aion. E così per i greci esisteva un Tempo, Chronos, che si esprimeva in termini quantitativi, ovvero in secondi, minuti, ore… e un Tempo, invece che era qualitativo e indeterminato, Kairos appunto, che indicava il Tempo giusto, il Tempo delle cose, il Tempo della Natura dove nulla è uguale. Alle due si sovrapponeva Aion, che indica l’eternità, oggi ampiamente confusa con l’immortalità, pia illusione dell’Uomo moderno. Eternità sostanzialmente sconosciuta ai più, perché contrapposta alla credenza della progressione delle cose e da qui dell’evoluzione, che di fatto non esistono se non nella mutazione formale della vita e nulla più. E qui, è bene fermarsi.

            Per noi Occidentali, quindi, esiste quasi unicamente il Chronos, che ci piace utilizzare in tutte le salse a vari fini, tra i quali modificare la stessa Natura, ma anche per creare un sistema umano industriale. A ciò basti pensare, per esempio, al nostro sistema formativo, che si scandisce sulla base del Tempo cronologico, somma regola che include ed esclude, premia e punisce. Regole cronologiche tuttavia che portano alla perdita di sé stessi, proprio perché ridotti a ingranaggi e meccanismi regolati sulla base della Legge strutturata sul Tempo cronologico.

            Insomma, il Kairos e l’Aion sono estromessi dalle cognizioni dell’Uomo moderno comune. E ciò nonostante le recenti acquisizioni della matematica in ambito quantistico, applicate ampiamente soprattutto in campo informatico, tra le quali i principi della relatività e dell’indeterminatezza che dovrebbero allontanarci dal Tempo vissuto in maniera esclusiva come Chronos.

            E a questo punto ci si chiede se sarà possibile per l’Uomo riappropriarsi del Kairos, che tuttavia sussiste in ristrettissime élite, per le quali mai è morto. E ci si chiede ancora se questo potrebbe essere compatibile la nostra società standard e standardizzante. E ancora, sarà possibile per l’Uomo del futuro osservare il Tempo nel consumarsi delle cose, in questa dimensione assolutamente romantica, che richiede una sviluppata capacità di saper attendere e consente l’assaporare in pienezza la vita istante dopo istante.

            Certamente, il relativismo introdotto da Einstein e tradotto da Popper, pare che non sia andato al di là del semplice “rumore” nelle fasce sociali più numerose, quali quelle medie e basse, le quali continuano a mostrarsi come masse indistinte. C’è solo da auspicarsi che la Nuova Civiltà, che è già alle porte, ovvero quella delle macchine, liberi l’Uomo dall’essere e dall’aspirare esso stesso all’essere macchina, avvalendosi solo del Chronos, per entrare finalmente nella dimensione del Kairos, e forse anche in quella dell’Aion, prerogativa quest’ultima, oggi, di pochi club.

           

Mauro Ragosta