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venerdì 27 marzo 2020

La Grande Crisi del 2020 (parte quarta): Il Futuro si allontana o si avvicina? – di Mauro Ragosta

          “Sono fiducioso!” E’ l’affermazione che corre sulle labbra di molti sapienti. Tuttavia, è poco chiaro l’oggetto dell’essere fiduciosi, ovvero se in un ripristino delle vecchie condizioni di vita o se nell’avvento di un nuovo ordine, magari più “efficiente”. E fuori discussione il volume delle vittime, dal momento che di certo saranno in numero ragguardevole, anche se in termini relativi il fenomeno coronavirus rimane e rimarrà molto contenuto e limitato per lo più ad anziani in età avanzata, che versano in condizioni di salute decisamente precarie, sebbene non manchino a ciò importanti eccezioni. E tutto questo, a meno che non si è dell’idea che in ogni caso la morte in quanto tale e per coronavirus e a qualunque età sopraggiunga vada bandita in maniera assoluta. In tale ipotesi il dispiegarsi della tragedia è sicuro, anche se fuori da qualsiasi ragionevole ragionamento aderente alla realtà e, assieme, alla Natura.
            Ad ogni modo, il 17 marzo scorso, ma anche il 24 marzo scorso, Maison Ragosta ha chiesto pareri ai suoi lettori circa l’attuale condizione in cui versa il Mondo Occidentale, ricevendo molti spunti di riflessione. E però, per ragioni apparentemente oscure, assenti sono stati gli interventi dei giovani, soprattutto dei ventenni e dei precari.
       Date queste premesse, l’attuale situazione sociale e politica precedentemente tracciata nella bipartizione tra Salutisti e Liberali, si mostra molto diversa rispetto ad una settimana fa, quando questa fu posta all’attenzione del lettore. Dalla parte dei Salutisti la più evidente modificazione attiene al sistema di comunicazione. Questa fazione politica che, come s’è messo in luce, privilegia la salute a discapito dell’economia -ovvero un’impostazione nuova, anzi mai vista prima d’ora per l’Umanità, la quale sempre ha sacrificato i suoi figli allo sviluppo economico- mostra che la principale e radicale trasformazione delle sue strategie comunicative di largo respiro riguarda il come e non i contenuti, che sono sempre gli stessi. In effetti, tale fazione è passata dagli strilloni, agli strilloni anonimi in mascherina, ai comunicati ad alto contenuto artistico, poetico e letterario, realizzati da attori professionisti, che notoriamente presentano capacità persuasive decisamente importanti. Anche la qualità dei video mandati in onda sui social è stata di alto profilo. E’ ragionevole prevedere che da qui a qualche giorno entreranno in campo, da parte Salutista, i filosofi e gli intellettuali di varia estrazione, che arricchiranno, articoleranno e consolideranno il campo motivazionale del cittadino comune.
            Da parte Liberale si nota invece una modificazione strutturale. E’ facilmente verificabile che il volume delle comunicazioni si è vistosamente ridotto, ma quel che è mandato sui social è di buona assertività, ben congegnato e di effetto decisamente dirompente. Le idee attorno alle quali i Liberali si oppongono all’azione di Governo rimangono sempre le stesse, ovvero l’ipotesi golpista e l’ipotesi affaristica, per lo più agganciate a pratiche di guerra batteriologica.
            E mentre le due fazioni si fronteggiano, senza mai addivenire ad un confronto diretto, il Governo Conte, decreto dopo decreto, ha paralizzato completamente la vita di sessanta milioni di persone. Attualmente, è al vaglio anche il blocco totale dell’industria e di qualsiasi attività produttiva, ad esclusione di quelle legate all’alimentazione e alla sanità. In tutto questo, che sta generando angosce profonde e un drammatico disorientamento nella maggior parte della popolazione, che si è vista privare di qualsiasi libertà, contro gli elementari principi costituzionali, in nome dell’emergenza, alcune frange di lavoratori cominciano ad opporre seria resistenza, come i Metalmeccanici a cui si sommano gli operatori per la distribuzione di carburante. E se a questi dovessero aggiungersi anche gli autotrasportatori, la questione per Conte diventerebbe veramente imbarazzante e, lui e i suoi, dovrebbero fare immediatamente un vistoso retrofront.
            Ad ogni modo, l’economia italiana è stata messa in ginocchio e lo Stato portato alla bancarotta. A ciò basti fare due conti anche approssimativi. Il PIL mensile prodotto dall’Italia è mediamente pari a 150 miliardi di Euro, di cui 75 vanno nelle casse dello Stato. Ora, si stima che l’operazione Conte abbia bruciato circa 180 miliardi di PIL e che le entrate dello Stato quest’anno saranno inferiori, con ipotesi ottimistiche, di circa 90 miliardi. A ciò si aggiunga che il Governo sta spendendo, senza copertura finanziaria, 50 miliardi di Euro circa, per far fronte all’emergenza. In totale, il coronavirus, al momento, sta costando agli italiani circa 140 miliardi di Euro, ovvero circa 2300 euro a testa per mese, pari a 6-8000 euro per famiglia, tra mancati guadagni e debiti contratti dallo Stato, e che non si sa chi sborserà. Certamente, al momento, e dall’altra, diventano sempre più numerose le famiglie in difficoltà economica e monetaria, dove non pochi sono i casi, anche se al momento isolati, di persone che si ribellano violentemente all’azione di Governo. Per non far degenerare il contesto, a livello europeo si sta pensando di immettere nel mercato liquidità senza motivi. Operazione questa che aprirebbe la strada ad un importante regime inflazionistico. Si tratta di un’ipotesi che trova una forte opposizione da parte della Germania, dal momento che una buona parte del debito italiano è detenuta dalle banche tedesche, che in tale ipotesi vedrebbero decurtarsi dall’oggi al domani i loro crediti, ed in definitiva il loro potere. Ovviamente, nell’eventualità in cui i tedeschi dovessero dare il via libera alle operazioni inflazionistiche, bisognerà vedere cosa vogliono in cambio. (Circa la variante MES, sarà trattata diffusamente al momento opportuno.)
            In tutto questo e per concludere, l’ipotesi di chi guarda allo scenario complessivo, globale, è quella che, da parte dei poteri forti, si vuol far transitare il Mondo Occidentale, quello sviluppato, verso un’altra forma di Civiltà, con paradigmi diversi e non più basati sui consumi e sulla finanza. Qui, il caso italiano rappresenterebbe il primo laboratorio di sperimentazione, e farà da battistrada a tutti gli stati a forte sviluppo economico, dagli USA, al Giappone, alla Cina, alla Russia e all’Europa. Una Civiltà, quella dei consumi, sostanzialmente giovane, essendo sorta intorno al 1913 (mitico fu l’esperimento con la Ford T di color nero!), ma di fatto non più funzionale al benessere collettivo, che fino ad oggi si è fondato quasi esclusivamente sul materialismo, rispetto al quale mostra alti gradi di assuefazione, presentandosi dunque irrilevante ed inefficace per un ulteriore sviluppo, inteso ovviamente nell’accezione più ampia.

Mauro Ragosta

venerdì 20 marzo 2020

La Grande Crisi del 2020 (parte terza) – Verso il surriscaldamento………. – di Mauro Ragosta

         La crisi sanitaria, come molti  già da tempo avevano previsto, negli ultimi giorni non ha potuto non tracimare con forza in ambito politico tout court. Tuttavia, gli schemi politici tradizionali sono saltati e il sistema di opinioni ed azione ha preso strade nuove. Non esistono più, dunque, una destra e una sinistra come ci sono apparse sino allo scorso dicembre, ma in forma abbozzata, schieramenti costruiti sul contingente.
            Il quadro che va dipingendosi, ovviamente sui social, unico ambito in cui oramai è consentito esprimersi con maggiore pienezza, vede il dispiegarsi sostanzialmente di due schieramenti, due forze, che vanno acquisendo, ora dopo ora, connotazioni sempre più precise. Da un lato si collocano i SALUTISTI e dall’altro i LIBERALI. E mentre i primi sono disposti a sacrificare l’intera nazione, con tutti il patrimonio di imprese e opere d’arte, pur di salvaguardare la salute del popolo, dall’altro -oramai si contano in moltissimi- vi sono coloro che credono che la questione coronavirus sia una specie di messinscena, o comunque una scusa, dal momento che non sarebbe qualcosa di così grave come descritto –non essendoci prove incontrovertibili- al fine di azionare un qualcosa che si avvicina molto ad un colpo di Stato o comunque una svendita dello Stato italiano alle forze europee dominanti. Situazione questa dove la presenza dell’esercito statunitense sarebbe giustificata onde evitare eventuali degenerazioni di vario tipo.     
      Va da sé che la situazione, sia nella prima forza che nella seconda, è ben più complessa e di fatto rappresenta la sottostante tensione generata dalla riperimetrazione dei confini di potere tra piccoli e grandi gruppi di interessi, che si sta muovendo attorno alla questione coronavirus.
            In effetti, la stretta salutista del Governo se in un primo momento ha creato disorientamento, paura e terrore, col passare delle ore e del rafforzarsi dell’idea del “colpo di mano” ha portato a far crescere il livello di insofferenza in maniera sempre più diffusa. E non sappiamo cosa comporterà la divulgazione in queste ore della notizia, “pubblicata” il 19 marzo scorso da Rai News e da ItaliaOggi, in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara la completa disponibilità al MES e al via del programma di aiuti di 750 mld di Euro. Il tutto in cui il Parlamente è sostanzialmente assente.
            Di certo, con l’ultimo D.L. quello di ieri 20 marzo, le restrizioni raggiungeranno livelli insostenibili, ed è ragionevole credere che tra qualche giorno cominceranno le prime manifestazioni di insofferenza e disagio di soggetti sociopatici, sia Salutisti sia Liberali, che individualmente daranno luogo a rimostranze "rumorose". E' facile arguire che i primi diffonderanno “volumi” sempre più alti di terrore nella popolazione (molti dei quali agiranno in forma anonima e nascosti dietro le mascherine). Un popolazione oramai provata e smarrita, abbondantemente terrorizzata, sollecitata dai secondi, che, invece, si produrranno con puntate sui social sempre più pungenti e sempre più difficili da smontare, anche statisticamente, creando seri dubbi sulla validità dell’operato del Governo e sull'esistenza stessa del "pericolo". E' sicuro che tali situazioni si manifesteranno abbondanti allorché chiuderanno la vendita di tabacchi, questione già paventata in Lombardia.
            Nel giro di non più di due settimane, però, è ragionevole pensare che si potrà assistere ad una tripartizione della popolazione: una fascia molto ampia di disorientati, “sbandati e confusi”, mentre, con gruppi più ristretti, le due polarità appena tracciate daranno luogo alle prime e rudimentali reti di relazioni della nuova politica. In sostanza ci si aggregherà sulle due ipotesi delineatesi in questi giorni, ed il raccordo sarà pertinente e conseguente alle limitazioni imposte dal Governo. Forse, si ritornerà ad una nuova Carboneria.
            In tutto questo e tutto questo, mentre alcuni prevedono che il fenomeno legato alle restrizioni previste dai Decreti Legge si protrarrà qualche settimana, altri ipotizzano una durata molto più lunga, quantificabile in anni. Di certo, però, la distruzione della nostra economia, oramai segnata profondamente ed ad un punto di non ritorno, avrà conseguenze incalcolabili e non basteranno neanche 1500 mld per risanarla: troppo profondi gli squilibri generati dall'azione di Governo. Ciò, ovviamente, porterà ad un nuovo modo di fare politica, ad un nuovo ordine, in cui per molto tempo graverà questa fase iniziale, che certamente ne definisce e perimetra i confini ideali ed ideologici, condizionandone, quindi, l’intera evoluzione e tutto il suo percorso. Insomma, si può dire che oggi finisce un’epoca e ne inizia un’altra, interamente da pensare e costruire, sebbene già chiara a tutti nelle determinanti finali.

Mauro Ragosta
           

mercoledì 18 marzo 2020

La Grande Crisi del 2020 (parte seconda): le prassi correnti e gli scenari futuri – di Mauro Ragosta

        Pare che nelle ultime settimane il Mondo, e soprattutto in Italia, le cose vadano al contrario. Per millenni si sono mosse solo in una direzione, da febbraio scorso, invece, hanno invertito rotta e pare vadano in direzione opposta. E cioè, da sempre l’uomo comune è stato sacrificato all’economia, alla guerra e allo Stato, oggi, invece, tutta l’economia e tutto lo Stato si sacrificano per l’uomo comune. In particolare, lo Stato si autoannienta per salvare qualche migliaio di persone, quando poi fino a qualche decennio fa si dilettava assieme agli altri Stati nella guerra, producendo milioni di morti (uomini comuni) e l’economia, che sempre si è adoperata per l’efficienza ponendo all’uomo comune obiettivi sempre più alti e stressanti, d’un tratto si mette a funzionare al contrario. Certamente, è una questione che l’uomo comune non riesce a capire, soprattutto se giovane, magari un venticinquenne, che non sa neanche lontanamente cosa siano la guerra e il lavoro di fabbrica. Proviamo a pensare magari ad una giovane aspirante attrice, anche carina, tutta protesa verso lo spettacolarismo e lo spettacolo: che tipo di proiezione sociale e futura può avere oggi, al tempo del coronavirus? Capirà mai l’inversione di marcia, solo apparente ovviamente, di chi detiene le redini del potere?
            Certamente, siamo all’apoteosi di chi vede nell’aiuto del debole e della vita in sé il senso delle cose, ma attenzione, questa congiuntura così strutturata, comoda ed adeguata per i “professori” e i volontari dell’aiuto, potrebbe portare a sacrifici ben più dolorosi e mille volte più mortiferi, una volta superata l’emergenza. Ma procediamo per gradi.
           E’ evidente che lo Stato Italiano si è consegnato nelle mani delle banche, avendo e alimentando un debito che non potrà onorare. E proprio in questi giorni dunque si sta marcando definitivamente e ufficialmente la cessione della cosa pubblica al sistema bancario, ovvero alle grandi famiglie italiane e mittleuropee. Il Governo ha varato manovre economiche e finanziarie, che favoriranno molti soggetti, ma che tuttavia sostengono una spesa di danaro che non ha né potrà mai avere. Tra le altre, le sue entrate si sono ridotte drasticamente e non si prevede che nel medio periodo possano migliorare. Sarà dunque uno Stato sotto scacco......
   Naturalmente, per l’attento osservatore, questo è un incedere, un processo che si è avviato inesorabile dopo il crollo del Muro di Berlino, e che un tassello dopo l’altro ha trasferito quasi tutto il sistema statale al mondo privato e smarcato l’altra parte dei suoi poteri all’UE. Pochi ancora i comparti dello Stato Italiano da dismettere ancora, ma siamo sulla buona strada.
            Quanto sin qui detto, però, non è specifico solo del caso italiano, ma dell’intero Mondo Occidentale, dei paesi più sviluppati, fatta esclusione dei paesi in via di sviluppo e della Russia, rispetto al qule va detto che è uno Stato tra i meno indebitati al mondo, forse l’unico tra le potenze economiche del globo, sostanzialmente privo, quasi, di debiti.
          Sul piano strettamente economico, il sistema è oramai per lo più bloccato, fermo, con perdite importanti, che molte imprese probabilmente non riusciranno a ripianare. Ma non è la sola conseguenza del blocco economico. La ripresa, quando avverrà, si presenterà dolorosissima per l’imprenditoria appunto, che dovrà ridisegnare tutto il suo sistema di rapporti con clienti e fornitori: molti di questi si allontaneranno, molti altri presenteranno nuove esigenze, e via dicendo. Con la crisi, infatti, si modificherà l'intera struttura dei consumi. Tutto ciò avrà conseguenze importanti sulle tipicità produttive, che cambieranno in maniera rilevante. Sicché si creeranno fortissime tensioni e il ricorso allo sviluppo della tecnologia nei processi produttivi ed in particolare all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, agli umanoidi insomma, i cui costi d’acquisto e gestione, oggi, sono oramai abbordabilissimi e la sua efficienza operativa è a livelli di tutto rilievo. A ciò basti pensare che già ora in Giappone si utilizzano gli umanoidi come giornalisti televisivi, ma anche come personale addetto alle informazioni negli aeroporti e via dicendo.
 E così, come da tradizione, come da sempre, dopo la crisi economica vi sarà un’importante espulsione di manodopera dai settori maturi e da quelli inseriti in contesti ad alta competitività, le cui attività si svilupperanno ancor di più sull'uso spinto della tecnologia spinta. Da qui, le tensioni sul mercato del lavoro, che si scaricheranno interamente sui lavoratori. Ed ecco che fra non molto un esercito di espulsi dai settori tradizionali andrà ad alimentare le fila, prima dei disoccupati, poi delle "divisioni" di lavoratori che andranno a collocarsi nei settori più evoluti dell’economia. E così una moltitudine di lavoratori altamente qualificati avranno, per effetto dell’abbondanza di offerta, salari bassissimi, ancora più bassi di quelli di oggi. Va da sé che vivranno in un assetto di altissima concorrenza sul mercato del lavoro, che si tingerà di toni spesso drammatici.
Ma veniamo al nostro territorio: la provincia di Lecce. L’ultima crisi economica, quella del 2008, in linea con quanto esposto a livello generale, ha condotto a quattro fenomeni specifici: una disoccupazione altissima; una riduzione in termini assoluti di chi lavora e sostiene l’economia provinciale; lo sviluppo del Turismo e lo sviluppo del comparto dell’Arte, dello Spettacolo e della Cultura. Dopo questa crisi, ovvero quella che stiamo vivendo in questi giorni, tali fenomeni si accentueranno. Sicché, aumenteranno anche questa volta i disoccupati, si ridurrà ancora di più il numero di chi lavora, il turismo, invece, farà un salto di qualità, selezionando addetti con professionalità altissima e nel comparto dell’Arte dello Spettacolo e della Cultura si assisterà ad un incremento esponenziale di attori, scrittori, poeti, presentatori, editori, musicisti e cantanti; gli eventi avranno una frequenza ancor più alta e molti saranno i protagonisti di questo comparto che si proietteranno in ambito nazionale con forza per trovare spazi di mercato e di consensi più adeguati. Naturalmente, all’aumentare della competizione per effetto dell’ingresso di nuovi operatori i profitti si contrarranno e riusciranno a sopravvivere solo i migliori.

Mauro Ragosta

sabato 14 marzo 2020

La Grande Crisi del 2020 (parte prima): Le premesse – di Mauro Ragosta

       Anche Maison Ragosta non ha potuto non risentire dell’attuale, drammatica e complicata congiuntura che sta caratterizzando in queste settimane il Nostro Paese, ed in una prospettiva più ampia, l’intero Mondo Occidentale, talché ha reputato necessario modificare e riorganizzare il proprio palinsesto, che solitamente si declina in otto articoli al mese, ognuno facente parte di specifiche rubriche. Con questo pezzo invece, se ne inaugura uno più aderente e pertinente al tempo attuale, che, come evidente, si mostra con sensibilità profondamente diverse rispetto a 15, 20 giorni fa e che non è irragionevole prevedere si protrarrà nella sua intensità almeno per il prossimo mese. Così, per questo tempo a venire, a tratti molto nebuloso, il palinsesto di Maison Ragosta si strutturerà su due rubriche, di cui la presente è questa ed un’altra più light, osservante alcune tematiche specifiche del vivere quotidiano ed “ordinario” di questo frangente storico, che verrà sottoposta al lettore a metà della prossima settimana. Due rubriche volte a coadiuvare le riflessioni e le probabili e conseguenti concettualizzazioni del lettore di Maison Ragosta circa l’attuale e particolare periodo.
         Al di là di ciò e venendo al punto, se per quanto riguarda le problematiche legate agli aspetti sanitari, con particolare riferimento alle dinamiche della “epidemia” connessa al coronavirus, non è azzardato ipotizzare, tenendo in considerazione anche le determinazioni dei massimi esperti sulla questione, che la crisi raggiungerà il momento di massima intensità durante la prossima settimana, va da sé che è pensabile, sia pur con prudenza, che le ripercussioni sui maggiori aspetti della vita del Nostro Paese si avvertiranno a partire dalle prossime cinque settimane, facendo affidamento anche e come è ovvio a tutto il lavoro intellettuale svolto da Maison Ragosta negli ultimi 14 mesi, che ha scandagliato, con buoni approfondimenti, le più importanti dinamiche della nostra società, soprattutto con riferimento agli ultimi cinquant’anni, dedicando a essi, infatti, più di sette rubriche.
         L’attuale grande crisi non potrà infatti -data la sua portata e profondità, ma anche tenendo in considerazione le peculiarità del processo storico in atto negli ultimi trent’anni in cui ovviamente e coerentemente si inserisce- non incidere profondamente sulla nostra società, ponendosi forse come spartiacque tra due modi di vivere, tra due “mondi”.
         Ed ecco che, Maison Ragosta si produrrà per sei settimane in questa rubrica che si è voluta segnare e titolare con La Grande Crisi del 2020. Sicché, volta per volta, settimana dopo settimana, si farà il punto della situazione partendo dagli scenari economici, per poi seguire con quelli sociali, istituzionali, politici e storici, dove non si mancherà di dipingere gli orizzonti che, con buone probabilità e tenendo presente i processi storici in atto negli ultimi decenni, si porranno nei tempi a venire e che caratterizzeranno il punto di riferimento del nostro agire, vivere e pensare. In ciò non si mancherà di contestualizzare i vari argomenti tenendo in considerazione il più ampio scenario europeo e Occidentale, in particolare, che non poco si riverbererà sulle soluzioni italiane adottate per le problematiche emergenti dalla grande crisi di queste settimane.
         E così, ad esempio, con riferimento all’economia si tracceranno quelle che saranno le possibili dinamiche dei vari comparti, da quelli più tradizionali a quelli più recenti a quelli che compariranno ex novo. E con riferimento al Nostro territorio, quello leccese appunto, si offriranno spunti di riflessione per chi opera nel settore turistico, ma anche per chi si intrattiene in quello dell’arte, dello spettacolo e della cultura, con particolare riferimento al mondo dei libri, degli eventi, del giornalismo, del teatro e della pittura. E di seguito indizi importanti potrà cogliere chi opera nel settore socio-sanitario, in quello dell’edilizia e via dicendo.
         Su questa scia, poi, si ipotizzerà quali saranno le proiezioni più significative sul piano sociale, ma anche istituzionale e politico ed infine su quello più squisitamente storico, che tutte le ricomprende.
         Questa nuova rubrica di Maison Ragosta, La Grande Crisi del 2020 appunto, avrà cadenza settimanale e il suo appuntamento sarà, da qui a seguire e fino a metà aprile, nel week end.
         Per concludere, e dando appuntamento a sabato prossimo, appare interessante sapere per il lettore di Maison Ragosta, quello più affezionato, che il carattere tipografico scelto per la redazione degli articoli connessi alla rubrica La Grande Crisi del 2020 è l’Avenir Roman, perché si reputa quello più snello per la lettura e la comprensione degli argomenti che di volta in volta verranno “somministrati”, ma anche quello più idoneo sotto il profilo spirituale per chi vergherà i vari “pezzi”.

Mauro Ragosta

martedì 10 marzo 2020

L’opulenza e la crisi moderna - di mauro ragosta


         E’ sotto gli occhi di tutti che la nostra società ha superato abbondantemente la soglia della sopravvivenza materiale. Certo, non mancano casi limite di indigenza, ma questi costituiscono un fenomeno molto modesto. D’altro canto, molti sono coloro che devono ‘stringere la cinghia’ a fine mese, ma le condizioni minime di esistenza sono prerogativa dei più. Sotto altro profilo, va considerato che abbiamo i redditi più alti del mondo ed un patrimonio familiare che ci consentirebbe di vivere più di dieci anni senza produrre alcunché. E la crisi attuale non ha scalfito se non in maniera blanda, il livello del nostro reddito e la nostra disposizione ai consumi. Certamente, la situazione è grave per chi postula un reddito sempre crescente. Voci oramai stridule di fronte al generale riconoscimento che come la vita umana anche quella economica ha un andamento sinusoidale, tra alti e bassi. La disoccupazione peraltro non è più un problema sostanziale per nessuno, se non solo sotto il profilo esistenziale e della propria realizzazione. I possessori di redditi sono perfettamente in grado di sostenere il difficile ingresso dei giovani nel mondo del lavoro ed affrontare le incombenze di chi deve, anche in età avanzata, riqualificarsi. E pare che il problema della disoccupazione verrà affrontato anziché creando più posti di lavoro, col reddito di cittadinanza.
         Insomma, siamo ricchi e possiamo permetterci anche di lavorare poco! Ed il vero problema risiede proprio in questo. Il senso dell’esistenza acquisisce un significato soprattutto quando occorre costruire, raggiungere un obiettivo, un traguardo, una meta. E la nostra società ha raggiunto i traguardi che si era prefissati in termini materiali nel ‘700: condizioni di vita accettabili per tutti. Ed ora? Quali saranno i nuovi traguardi per la nostra società? Ma poi, il benessere materiale ha un suo valore salvifico? Sicuramente no! Che fare dunque?
         In tale prospettiva, la politica oramai ha poco da dire al di là di sterili pragmatismi e tecnicismi. Nessuno dei partiti dell’arco costituzionale ha un progetto sociale, un orientamento se non dare più ricchezza ai ricchi ed efficientare la macchina dello Stato. Fino alla prima repubblica i politici proponevano schemi sociali diversi per il raggiungimento generalizzato del benessere materiale per la popolazione. Qui intellettuali e studiosi hanno avuto un ruolo determinante. Ma oggi? I politici che hanno da dirci? Che hanno da proporre? Nulla o poco più!
         E la Chiesa, anche la Chiesa ha perso il suo ruolo sociale sotto il profilo etico ed escatologico. Il pluralismo religioso e la secolarizzazione hanno messo in crisi ciò che prima costituiva un punto fermo per l’uomo comune, che oggi è immerso e sommerso da un relativismo becero e falso, col risultato di creare ancor più confusione e caos spirituale, in una soluzione disarmante. Mancando il paradiso, ecco qui che la vita diventa fine a se stessa, senza conclusioni e mete. E persino la scienza fa fatica a dare certezze e orizzonti di un certo interesse. In tale prospettiva, anche i filosofi non trovano minimi comuni denominatori significativi.
         All’uomo, il nostro uomo moderno opulento e disorientato, in cerca della felicità e del benessere, non resta che il ‘collezionismo’, piccolo o grande che sia, a seconda della disponibilità di ricchezza. Così troviamo lo shopping e il tecnologismo compulsivi, viaggi in abbondanza, senza il senso della misura, conquista di posizioni di potere, con titoli e patacche di vario genere, senza un perché e reali contenuti, sesso immotivato, presenzialismo esasperato, senza poi parlare degli alcolisti e dei drogati. In tutto questo l’arte e la letteratura, come anche la poesia, paiono essere le spiagge cui approdare per la salvezza. Ma anche queste sono state contaminate dall’arrivismo, dal presenzialismo e dal consumismo visivo, svuotandosi così di tutti i possibili contenuti, se non acquisendo solo una valenza terapeutica, per sopportare la vacuità di questa nostra esistenza.
         Che dire dunque? Forse, che, una volta superata questa crisi di una possibile pandemia, una delle soluzioni praticabili rispetto all’illusoria ricchezza, quale salvezza, sia di rintracciare un sano epicureismo, dove prevalgano il senso della misura e della ponderazione incrociate alla forma, spazio effettivo della civiltà?

Mauro Ragosta

venerdì 6 marzo 2020

“Festa della Donna”: riflessioni preliminari – di Mauro Ragosta

                                                    Ph Lucio De Salvatore
        
           Dopodomani, 8 marzo, ricorrerà la cosiddetta Festa della Donna. Nell’accezione ufficiale la dicitura della ricorrenza è Giornata Internazionale dei Diritti della Donna, e questo perché non è una giornata di “festa”, almeno non lo è stata fino a trent’anni fa, da quando cioè è prevalsa in maniera prepotente la cultura consumistica e festaiola, che ha tradotto anche i più importanti momenti politici e culturali in qualcosa di molto vicino allo spettacolo, all’intrattenimento. Di fatto, la “Festa della Donna” nasce come momento di riflessione sulla condizione della donna nella prospettiva moderna e di una società fortemente urbanizzata ed industrializzata. Venne istituita per la prima volta negli USA nel 1909, su iniziative delle donne socialiste americane e si diffuse lentamente in Europa a partire dal 1911. In Italia fu istituita nel 1922. La prassi, invece, che ne definisce la data, ovvero l’8 marzo, come giornata dunque destinata al momento di riflessione tipicamente politico, almeno così era in origine, si stabilisce lentamente a partire dal 1918 e corrisponde alla data d’avvio della prima fase della Rivoluzione Russa del 1917.
            La “Festa della Donna” è una festa tipicamente social-comunista, che poco riguarda il movimento femminista di destra, di stampo liberale. Ed in effetti il femminismo non è esclusivo del mondo di sinistra. In generale, esso si struttura e si sviluppa su tre componenti, ovvero quella socialista, quella liberale e quella anarchica, che è una variante di sinistra più integralista. E mentre il femminismo socialista è di stampo prettamente sindacale e riguarda il mondo operaio e partendo da questo mondo e in questo mondo cerca la parità e il suo riscatto; quello liberale, invece, è di stampo prettamente familiare e di riscatto dal ruolo tipico di madre e “regina della casa” nella prospettiva borghese. Il femminismo liberale si batte per rivedere il suo ruolo tradizionale sul piano dell’istruzione, della parità dei diritti, dell’amministrazione, dell’esercizio delle professioni e della politica.
            Tutti e tre i filoni, sui quali si sviluppa appunto il femminismo, si basano sul concetto di uguaglianza e, come s’è messo brevemente in luce, questo viene declinato in maniera diversa. Un’uguaglianza, tuttavia, che fino a qualche decennio fa si strutturava su modelli maschili, ovvero di appropriazione di ruoli e prerogative maschili. Il vero processo evolutivo, fino agli anni ’70 del Novecento estremamente elementare e poco elaborato, tipico ancora oggi delle fasce più popolari, si ha a partire dai contributi, che avranno una grande eco negli strati superiori della società, della bulgara, naturalizzata francese, Jiulia Kristeva. La Kristeva, negli anni ’80, infatti, sulla scorta del pensiero di Jacques Lacan, concepisce il riscatto della donna non più sull’imperante principio emulativo e di sostituzione, ma di sviluppo della diversità e dunque delle peculiarità tipiche delle donne, a partire dallo stesso linguaggio. In altre parole, l’emancipazione femminile avverrebbe secondo la studiosa bulgo-francese sullo sviluppo di modelli propri, endogeni al mondo femminile, a cui dare la stessa dignità di quelli del modello maschile imperante. Ed ecco che viene riformulato in toto il principio di uguaglianza e messi in discussione tutti i valori rivoluzionari e sessisti, pur anche quelli fondati sul lesbismo e l’omosessualità in genere.
            In tutto questo, tuttavia, va considerato che il femminismo, con tutta “La festa della Donna”, nasce da profonde modificazioni sociali che si ebbero a partire dalla fine del Settecento, ascrivibili all’industrializzazione, all’urbanizzazione, allo sviluppo progressivo della ricchezza materiale, all’affermazione della borghesia e, alla base di tutto, i progressi della scienza e della tecnologia. Un processo che oggi sembra entrato in crisi, per effetto dello sviluppo stesso, il quale, tra le altre, sta rendendo insignificante la distinzione maschio-femmina, e non certo per il dilagante fenomeno dell’omosessualità, del lesbismo e del mondo trans.
            L’ingegneria genetica, la quale prosegue i suoi studi ed esperimenti con risultati vieppiù significativi dopo il primo tentativo di clonazione, a metà degli anni ’90, legato alla nota Pecora Dolly, e lo sviluppo della robotica tendono a rendere insignificanti i rapporti di genere, ovvero i rapporti e le strutture di potere tra i due sessi, e da qui ogni possibile contrasto, contrapposizione o alternativa. Anzi, proprio dall’ingegneria genetica e della robotica sarà necessario riorientare le nostre aspettative e dunque il nostro presente e il nostro futuro, in prospettive nuove, inedite, che, sebbene conducano nel breve ad una profonda crisi, delinéeranno gli scenari futuri dell’umanità, e da qui le nuove gioie e i nuovi sensi dell’esistere, anche nei rapporti uomo-donna, posto che in futuro esisterà ancora una diversità di genere.
            Qui di seguito il link di un video relativamente recente e sorprendente che non potrà non portare ad una delicata quanto profonda riflessione e tale da affrontare questa “Festa della Donna” in maniera più consapevole, nella pienezza, dunque.

Mauro Ragosta

martedì 3 marzo 2020

Coronavirus: quali gli effetti sull’economia? – di Mauro Ragosta

           Attenendosi solo ai fatti certi e non alle previsioni future, fondate su congetture di pandemia o alle ipotesi di vario genere, nel giro di trenta giorni e fino ad ora il coronavirus ha causato solo 52 morti negli ultimi 14 giorni, mentre i casi di guarigione ammontano a circa 150. Inoltre, 1.600 circa dovrebbero essere le persone contagiate. Naturalmente, dal punto di vista statistico, la questione si presenta assolutamente irrilevante, si potrebbe azzardare, inesistente, non essendo esprimibile percentualmente, rapportandosi al numero della popolazione, se non con infinitesimali ad otto cifre. Molte altre patologie, invece, possono essere espresse con i numeri decimali e mietono migliaia di vittime ogni mese. Ma c’è di più, l’anno scorso, secondo i dati pubblicati da Il Sole 24 Ore il 22 agosto 2019, in Italia ci sono stati circa 4.800.000 influenzati, di cui 800 circa sono morti, per lo più quasi tutti con un’età oltre i 50 anni e la regione più colpita è stata la Lombardia. Questo è quanto, tutto il resto è da verificarsi e non è ipotecabile, neanche ricorrendo ai conforti della scienza. Insomma, il coronavirus, stando al buon senso, sarebbe una semplice influenza e nulla più.
            Ora, già il 5 dicembre del 2019 Maison Ragosta aveva previsto, rifacendosi alle tendenze di lungo periodo della politica italiana, che non sarebbe tardato molto per entrare in un regime in cui la popolazione avrebbe avuto scarsa manovra di movimento sul piano fisico ed economico. E così è stato! Oggi, per effetto dei Media e dei provvedimenti del Governo tutti i processi sociali sono stati vistosamente rallentati, con effetti dirompenti sull’economia. In sostanza, il rallentamento della vita quotidiana, la vistosa riduzione della possibilità di aggregarsi e viaggiare, muoversi, in ogni caso, ha portato ad una modificazione della struttura dei consumi. Tale circostanza sta portando ad una frizione dei vari comparti della struttura produttiva nazionale. Se per alcuni di questi si è avuto un boom, per altri è crisi piena. Uno per tutti vale l’esempio dell’agroalimentare e della grande distribuzione, da un lato e dall’altro, quelli che stanno patendo fortemente, quali il turismo, la ristorazione etc.
            La forte tensione nella struttura economica, che certamente si riverbererà ovviamente nei rapporti di potere tra grandi famiglie, ed un futuro politico reale vieppiù incerto, con molte probabilità, porterà a contenere gli investimenti del sistema impresa in Italia. Da qui una riduzione della produzione nel suo complesso e di rimando una riduzione del reddito e dell’occupazione. Ma non finisce qui.
            La riduzione del reddito e dunque dei consumi avrà effetti devastanti sulla finanza pubblica, che costringeranno il Governo ad aumentare il suo debito per effetto della riduzione delle entrate fiscali, sia dirette sia indirette. Questo, di poi, significa che il sistema bancario nazionale, ma anche quello Francese e Tedesco (quelli che maggiormente sostengono il debito pubblico italiano) dovranno intervenire con forza per sostenere il Nostro apparato statale, che sarà, così ancora più soggetto alle direttive della finanza ed in definitiva delle grandi famiglie mittleuropee, che ne detengono la proprietà.
           Insomma, il coronavirus? Un durissimo ed ulteriore colpo alla democrazia ed alla Repubblica, che di pubblico, nella sostanza e così procedendo, avrà sempre meno, mentre dall'altra il capitalismo nel suo complesso vedrà un'importante espansione del suo potere e della sua possibilità di influenzare i processi di sviluppo sociale ed economico.

Mauro Ragosta