D’emblée ci si deve chiede se oggi abbia senso interrogarsi sul significato del Tempo nella nostra vita, nel nostro scorrere nell’ultimo tratto di una Civiltà fondata essenzialmente sul lavoro e che oramai sta per superare la soglia del 1500 anni. Una Civiltà, quella Occidentale, che ha reso compulsiva l’esistenza del comune individuo; una Civiltà compulsivizzante, nella quale, lanciati in una folle corsa, i piaceri-dovere dell’arricchimento, del carrierismo, dell’illusoria scalata sociale, del presenzialismo e per giunta del sesso, sono tutti fortemente sbilanciati sul dovere, mentre il piacere rimane relegato alla sola rappresentazione di sé stesso e dunque in buona parte mancante.
Quest’individuo Occidentale che poco ha di individuale, in quanto si rifugia in ricette della Salvezza e della Felicità sostanzialmente precotte, prive di nerbo, prese a prestito dal mercato, perché incapace di esprimersi se non nella prospettiva proposta dal trading e per questo precotta, appunto, ponendosi così fuori tempo, anzi senza Tempo.
Ebbene sì, il sovradimensionamento del Tempo vissuto nella prospettiva cronologica, ovvero rapportando tutto al “ticchettio” di un orologio o allo scorrere delle “caselle” di un calendario, in definitiva si giunge alla perfetta assenza di sé, così tanto cara al cristianesimo e ai suoi pensatori di un tempo e di oggi, come Gianteresio Vattimo.
In molti sanno, pur non comprendendo più, che i greci utilizzavano per il Tempo sostanzialmente due espressioni, con accezioni profondamente diverse, ovvero Chronos e Kairos, alle quali si aggiungeva una terza, Aion. E così per i greci esisteva un Tempo, Chronos, che si esprimeva in termini quantitativi, ovvero in secondi, minuti, ore… e un Tempo, invece che era qualitativo e indeterminato, Kairos appunto, che indicava il Tempo giusto, il Tempo delle cose, il Tempo della Natura dove nulla è uguale. Alle due si sovrapponeva Aion, che indica l’eternità, oggi ampiamente confusa con l’immortalità, pia illusione dell’Uomo moderno. Eternità sostanzialmente sconosciuta ai più, perché contrapposta alla credenza della progressione delle cose e da qui dell’evoluzione, che di fatto non esistono se non nella mutazione formale della vita e nulla più. E qui, è bene fermarsi.
Per noi Occidentali, quindi, esiste quasi unicamente il Chronos, che ci piace utilizzare in tutte le salse a vari fini, tra i quali modificare la stessa Natura, ma anche per creare un sistema umano industriale. A ciò basti pensare, per esempio, al nostro sistema formativo, che si scandisce sulla base del Tempo cronologico, somma regola che include ed esclude, premia e punisce. Regole cronologiche tuttavia che portano alla perdita di sé stessi, proprio perché ridotti a ingranaggi e meccanismi regolati sulla base della Legge strutturata sul Tempo cronologico.
Insomma, il Kairos e l’Aion sono estromessi dalle cognizioni dell’Uomo moderno comune. E ciò nonostante le recenti acquisizioni della matematica in ambito quantistico, applicate ampiamente soprattutto in campo informatico, tra le quali i principi della relatività e dell’indeterminatezza che dovrebbero allontanarci dal Tempo vissuto in maniera esclusiva come Chronos.
E a questo punto ci si chiede se sarà possibile per l’Uomo riappropriarsi del Kairos, che tuttavia sussiste in ristrettissime élite, per le quali mai è morto. E ci si chiede ancora se questo potrebbe essere compatibile con la nostra società standard e standardizzante. E ancora, sarà possibile per l’Uomo del futuro osservare il Tempo nel consumarsi delle cose? ...in questa dimensione assolutamente romantica, che richiede una sviluppata capacità di saper attendere e consente l’assaporare in pienezza la vita istante dopo istante.
Certamente, il relativismo introdotto da Einstein e tradotto da Popper, pare che non sia andato al di là del semplice “rumore” nelle fasce sociali più numerose, quali quelle medie e basse, le quali continuano a mostrarsi come masse indistinte. C’è solo da auspicarsi che la Nuova Civiltà, che è già alle porte, ovvero quella delle macchine, liberi l’Uomo dall’essere macchina o dall’aspirare esso stesso all’essere macchina, avvalendosi infatti solo del Chronos, per entrare finalmente nella dimensione del Kairos, e forse anche in quella dell’Aion, prerogativa quest’ultima, oggi, di pochi club.
Mauro Ragosta
Riflessioni e considerazioni appropriate dato il disagio in cui tutti, divenuti particelle di un meccanismo impazzito, respiriamo senza più vivere.
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