Sembrava che, sul piano strettamente culturale, la
distinzione tra destra e sinistra, dopo Bobbio -sul piano filosofico-politico-
e Gaber -sul piano popolare- fosse una questione superata e debitamente
archiviata. Così però non è stato. Negli ultimi lustri è rifiorito il
dibattito, infatti. Qui le posizioni degli intellettuali sono le più disparate,
da quella più tradizionale, in cui si ribadisce l’inesistenza della storica
contrapposizione, a chi invece si rifà, per sottolinearne la distinzione, ad
Hegel o a Croce, a chi afferma persino che non esista una cultura di destra, a
chi rimarca che la cultura non è politica, ma si pratica una politica
culturale. Insomma, il dibattito è vivo, attivo e a parere di chi scrive la
distinzione si presenta ancora utile per evidenziare alcune delle determinanti
della cultura e della mondanità leccese, onde mettere in luce le sensibilità
sottostanti. Una società, quella leccese, che sul piano delle idee e dei valori
si bipartisce -nonostante marchi e simboli moderni- tra un socialismo-comunismo
vecchio stampo e una destra sociale, forte e nostalgica. Un mondo, quello
leccese accomunato da uno statalismo, rosso o nero, esasperante comunque, dal
quale si distingue una componente residuale, minima, e quasi irrilevante, di
matrice liberale. Tutto questo ovviamente, fatta esclusione della classe
politica di piccolo cabotaggio, che si limita ad una sorta di pragmatismo,
molto evidente nell’incetta dei voti, mentre sul piano intellettuale la loro
attività è minima e si risolve nelle questioni di “tutti i giorni”, del
quotidiano appunto.
Certamente, chi ha valori, esistenziali
e sociali, di sinistra si esprime diversamente da chi rimugina valori di
destra. E di ciò l’azione e la produzione artistica non possono non risentirne.
Ma quali sono le determinanti culturali dei due schieramenti? Naturalmente,
come qualsiasi schematizzazione e generalizzazione, queste presentano dei
limiti e delle eccezioni. Tuttavia, evidenziarle serve ad avere un’idea più
articolata e aderente alla realtà e alla sua morfologia, rispetto a chi “fa di
tutta l’erba un fascio”. Un’idea, dunque, meno “liquida” e più identitaria,
dove oggi l’identità pare essere una chimera.
I valori di sinistra partono da tutto
ciò che gravita attorno al concetto di uguaglianza, o, usando un incedere alla
Bobbio, tendente più o meno all’uguaglianza. In ogni caso, a sinistra, almeno
sul piano della conversazione, si condanna la società che non la rispetta,
esaltando così le vittime di questo principio violato: è il caso della poesia, della narrativa degli ultimi, degli
sfortunati. Ma c’è di più. I valori di sinistra prevedono un’ideale di società
e di un’esistenza “giusta” con buona pace per tutti. Da qui, la poetica dei
sofferenti, degli emarginati, degli sconfitti. Una sinistra, che si
caratterizza per l’intenzione di sviluppare la coscienza delle masse, dove gli
intellettuali -molto aggregati e tutti pedagoghi- si danno da fare, in
un’ottica missionaria, per lo sviluppo culturale della società, in un’accezione
che vede l’intelligenza come qualcosa che può essere incrementata e il soggetto
appena nato come una tabula rasa da forgiare.
Diversa la destra, più spirituale e
meno pedagogica, tesa ai valori eroici, al mito e alle sfide esistenziali e dei
tempi, dove “il segno” è origine del raziocinio. Intellettuali tutti
individualisti e solitari, che accettano la realtà per quella che è, dove il
fato gioca un ruolo determinante: non vogliono cambiare il mondo, insomma! Sono
visionari e utopisti, all’interno di valori quali la libertà, la forza, spesso
vicini alle religioni, nella prospettiva esoterica e non popolare.
E veniamo al dunque! Come è noto, il
processo di massificazione della cultura leccese, intesa nell’accezione delle produzioni
poetiche e narrative, ebbe i suoi primi impulsi significativi durante la metà
degli anni ’90. Qui, il contributo decisivo venne da uomini di cultura della
sinistra, che per certi aspetti fecero propri gli ideali di alcuni militanti,
che avevano auspicato una rivoluzione sociale, partendo proprio dalla cultura e
dal rinnovamento delle coscienze del popolo, come Antonio Verri.
Per quindici anni tale processo si
mosse in maniera coerente e indisturbata, mostrando un gruppo coeso di
intellettuali non accademici, determinati e attivissimi, senza tuttavia andare
al di là di piccoli eventi, che però erano numerosissimi. Di tutto ciò,
ovviamente, va escluso il “fenomeno” Premio Barocco e il “fenomeno-business”
della Notte della Taranta. Insomma, tutto ciò si inarca sino al 2010, quando alla componente di
sinistra si sommò quella di destra, che, fino ad allora per lo più silente,
fece l’ingresso nello scenario locale, sconvolgendone le dinamiche. Dal 2010 si
assiste ad una sorta di fordismo intellettuale, alla serialità, alle cavalcate
letterarie sino ad arrivare ai nostri giorni in cui si è approdati alla
spettacolarizzazione della cultura.
Tuttavia, mentre la sinistra ha
mantenuto i suoi vecchi schemi, i suoi “capannelli”, la destra, partita in una
prospettiva corale, pare abbia perso, oggi, la sua unità iniziale e sia
approdata ad una competizione interna violenta e spietata, che ne ha ridotto il
suo potenziale.
Che dire dunque per il futuro?
L’auspicio di tutti è che il mondo della cultura e della mondanità leccese
evolva, individuando i suoi leader intellettuali, che al momento paiono solo
proporsi nella sinistra. Condizione questa non sufficiente -monopolistica
infatti- perché inefficace per un positivo dialogo, dibattito, confronto
culturale, di fatto necessari ad un reale sviluppo, forieri di iniziative
innovative ed altre...
Mauro
Ragosta
Nota: chi fosse interessato alla mia produzione di saggi, può cliccare qui:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q
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