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mercoledì 28 aprile 2021

Stile & Buongusto (parte decima): il bigliettino da visita – di Mauro Ragosta

         E siamo così arrivati al decimo appuntamento della rubrica di Maison Ragosta, Stile e Buongusto, nel quale si faranno alcune considerazioni sul bigliettino da visita, soprattutto circa l’uso e l’impostazione grafica.

            Al riguardo, non ci pare inopportuno sottolineare che il bigliettino da visita è metaforicamente figlio del bigliettino di visita, in uso dai primi decenni del Settecento e fino alla fine dell’Ottocento, quando cominciò a diffondersi l’uso del telefono. In effetti, il bigliettino di visita si affermò per la prima volta a Parigi e serviva a lasciare una traccia di chi rendeva visita, ma aveva la sfortuna di non trovare presso il suo recapito la persona di proprio interesse. E così, il lacchè consegnava al maggiordomo della persona visitata il bigliettino del visitatore, il quale con tale prassi segnalava la circostanza del suo tentativo di rendere visita. Ovviamente, il destinatario del bigliettino di visita una volta entrato in possesso, sapeva chi l’avesse cercato presso il proprio recapito, e aveva così modo e l’opportunità di provvedere a ricambiare.

            Il bigliettino di visita era composto in maniera semplice ed essenziale: nome e cognome, al centro, in basso a sinistra la via di residenza e, in basso a destra, eventualmente, il club di appartenenza. Questa la forma canonica e classica, ma v’era chi aggiungeva disegni, motti, titoli.

            Con la diffusione dell’uso del telefono il ricorso al bigliettino di visita fu sempre meno frequente, sino a non esser più considerato come forma comunicativa, ma il piccolo cartoncino con le proprie coordinate continuò ad essere utilizzato, con funzioni tuttavia diverse e da qui il cambio del nome, ovvero bigliettino da visita, in quanto la sua funzione principale fu ed è quella di essere strumento di “apertura” di relazione.

            Oggi, bigliettini da visita se ne distinguono principalmente tre, ovvero quello commerciale, quello professionale e quello personale. Il primo di fatto si sostanzia nell’offerta commerciale di beni e servizi dell’intestatario, mentre il secondo mette in evidenzia il proprio ruolo socio-lavorativo.

            E proprio in riferimento a quest’ultimo sarebbe auspicabile usare alcune raffinatezze, che di rimando definiscono il proprio status culturale e il background sociale. Così, è sicuramente significativo eliminare dal bigliettino da visita il titolo universitario, fatta eccezione per i medici. È questa una prassi che si usa in tutta Europa. Sul bigliettino da visita professionale, in effetti, andrebbero segnalate soltanto la funzione aziendale o il ruolo professionale o ancora il tipo di lavoro che si svolge. E tuttavia si può dare una traccia sul proprio tipo di formazione, indicando in alto a destra l’università frequentata, che definisce meglio soprattutto lo status sociale e la qualità dei propri studi. Ora, se proprio non si volesse rinunziare allla menzione del titolo universitario, bisognerebbe indicarlo nella lingua italiana con le abbreviazioni “dott. per gli uomini e dott.ssa per le donne”; se invece si dovesse scegliere la lingua inglese, qui l’abbreviazione è soltanto “dr.”, e sta per doctor, che vale sia per gli uomini sia per le donne. Gravissimo errore, al riguardo, sarebbe quello di trasformare l’abbreviazione inglese al femminile italiano, ovvero “dr.ssa”, prendendo così l’abbreviazione una parte in inglese e l’altra in italiano.

            Sin qui si sono trattati i bigliettini da visita più diffusi ed utilizzati. Ed in effetti pochissimi ricorrono al bigliettino da visita personale, il quale ha la funzione di rendere più discreto il trasferimento dei propri recapiti privati. In tale ambito va subito segnalato che si presenta decisamente poco elegante chiedere al proprio interlocutore i suoi recapiti telefonici o di residenza, soprattutto se con formule dirette. Ottenere ciò deve essere considerato una concessione. Una persona ben educata, solo in casi eccezionali chiederà il recapito telefonico o dell’abitazione del proprio interlocutore, il quale deve essere lasciato assolutamente libero di dare queste che sono informazioni riservate. Motivo per il quale se qualcuno volesse essere contattato da voi, vi darà le necessarie informazioni, e nella fattispecie vi lascerà il proprio bigliettino da visita, sul quale verranno indicati solo il nome ed il cognome, la via di residenza ed un recapito telefonico. Assolutamente fuori dal buon gusto è segnalare sul bigliettino da visita personale il titolo universitario, l’azienda per la quale si lavora o altra indicazione attinente al mondo del lavoro e professionale, anche nel caso si abbiano riferimenti accademici. Peraltro è totalmente privo di qualsiasi grazia comunicare a voce il proprio numero di telefono, mentre il destinatario compie tutte le operazioni di memorizzazione sul proprio palmare o su un taccuino o addirittura su un foglio di carta “volante”….

            Va da sé che, altro ancora si può dire sull’argomento, ma qui s’è solo lasciata una traccia tesa a chi ama il dettaglio ed il particolare, per speculare o informarsi meglio circa tutte le specifiche del caso.

 

Mauro Ragosta

 

Nota: chi fosse interessato alla produzione di saggi di Mauro Ragosta, può cliccare qui di seguito per le principali delucidazioni:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q 

 

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