Lungamente pensata, peraltro da più studiosi
ed intellettuali, prende qui il via una nuova rubrica di Maison Ragosta,
Saperi e Sapori per l’appunto, mirata a guardare, osservare e
scandagliare i significati, le caratteristiche, le peculiarità, tra storia,
presente e futuro, degli alimenti, e non solo, come ovvio, nelle prospettive
più spiccatamente legate al cibo e alla sua biologia tout court, ma
anche a tutte le declinazioni culturali, sociologiche - e perché no?- sino a
sconfinare in ambiti esoterici e religiosi.
Questa prima parte è dedicata al pane, un alimento che oggi assume una valenza
minima rispetto al passato. In tale direzione, va considerato che noi viviamo
in una società opulenta, consumistica, dove la differenziazione e la
diversificazione dei prodotti rappresentano i motivi a se stanti e
autoreferenziali del consumo, sebbene si cerchi con forza, ma senza riuscirvi
pienamente, di collegare il prodotto a questo tramite metafore, valenze ideali
ed ideologiche, simbologiche di vario genere. Siamo in una fase della curiosità
infantile del consumo, che impara a conoscere le partizioni e le varianti dei
prodotti, che quasi mai acquisiscono valori altri rispetto al consumo in sé,
assistito ovviamente da un significato minimo, elementare, comunque non
sufficiente.
Il pane oggi è, d’altra parte, una delle tante possibilità di alimentazione e
se ne spinge il consumo, e si cerca di rinnovarlo e dargli forza commerciale soprattutto
attraverso la diversificazione delle specie e delle qualità. Sicché, nei grandi
supermercati, come nelle panetterie specializzate, se ne trova in abbondanza di
forme, ma anche di composizioni della pasta da cui esso si trae, attraverso
combinazioni di farine diverse. E non solo. Moltissimi sono gli espedienti
commerciali volti ad arricchire il pane di elementi aggiuntivi, come olive,
capperi, verdure di vario genere, elementi piccanti e spezie, e spesso con
farciture singolari e di fantasia.
Ecco, dunque
che per il consumatore v’è, al momento, la possibilità di fare esperienza di
tutta questa gamma di tipi e di qualità, che tuttavia non presentano un preciso
senso, tutte queste “pagnotte, pagnottine e panelle”, se non nella prospettiva
della curiosità consumistica. È questo appunto il consumismo alimentare:
provare sapori diversi, per un fatto, al momento fine a sé stesso, e
nell’ipotesi migliore, in una prospettiva conoscitiva ed esperienziale.
Non così sino all’avvento del consumismo, che in Italia ha mostrato i primi
segni negli anni ‘30 del Novecento, ma che si è pienamente affermato, con
sempre maggiore forza a partire dagli anni ’80. Sino a cinquanta, sessant’anni
fa, infatti, il pane aveva valenza diversa. Innanzitutto era uno dei principali
alimenti nelle case degli italiani. E ancor prima, il pane rappresentava
proprio la possibilità di sopravvivenza. Fino a metà Ottocento, quando l’Uomo
ha cominciato a dominare e gestire la Natura, il pane era simbolo di vita, la
cui scarsità decretava la morte fisica delle persone. Note sono le conseguenze
delle carestie, dove mancando il pane la gente moriva. Il pane dunque, simbolo
di vita, innanzitutto. E non solo, ma simbolo primario a cui molti aspetti
dell’esistenza, i più significativi, veniva correlato e riferito.
Nella Pasqua ebraica,
infatti, il simbolo del pane è decisivo, rappresentando la vita in sé nella sua
schiettezza e brutalità. Ed in effetti il pane della fuga del popolo ebraico
dall’Egitto è sorretto da un rito, la Pasqua appunto, in cui assieme ad erbe
amare, l’ebreo degustava il pane azzimo, ovvero non lievitato né salato, ovvero
un semplice impasto di farina ed acqua non molto cotto. Un pane essenziale,
simboleggiando la vita, che deve essere ridotta all’essenziale e nelle sue
verità più elementari per “liberarsi” del Faraone.
Anche Gesù, il Cristo, adotta il pane nella sua ultima cena, ma questa volta
con valenza diversa, ovvero in una prospettiva “deicida”. E qui
va ricordato che egli abolisce il tempio costruito in pietra, che infatti mai
più verrà ricostruito, e diventando egli stesso tempio, tempio vivo e vivente,
che il Padre sacrifica per gli uomini.
Nell’ultima
cena, dunque, il pane rappresenta sé stesso, è lui il viatico per la Vita Eterna,
piena ed appagante, concesso dal Padre. Il pane dunque simbolo di Gesù, che dona
sé stesso “in remissione dei peccati degli uomini”, quale appunto
nutrimento fondante, ricordando infatti che proprio il pane simboleggia negli
uomini dell’antichità e del passato in genere, proprio la vita. Gesù il Cristo,
pane di vita, colui che il Padre sacrifica per gli uomini, i quali accogliendolo
o "cibandosi di lui" gustano la Vita Eterna.
Ecco, dunque
che l'assunzione del pane benedetto esprime simbolicamente quanto evidenziato. Ovviamente,
senza le praticità e le concretezze del caso, si ridurrebbe il rito dell’eucaristia
ad un culto senza senso, evocativo, e dunque fortemente idealizzato e privo di
qualsiasi utilità ed efficacia, insufficiente dunque sul piano strettamente
esistenziale. Va da sé che …così non è, costituendo la Santa Messa uno dei
potenti motori sociali.
Certamente, l’ebraismo, come il cristianesimo sussistono tutt’oggi, ma si è in
presenza di un forte allontanamento dalla ritualità. Noto è il fenomeno dello
svuotamento progressivo dei templi deputati al culto. Tutto ciò probabilmente
dovuto al fatto che le religioni stanno ritirandosi dallo scenario popolare,
per rimanere una questione d'élite, destinata a pochi...
Ma non
finisce qui. Il pane essendo metafora della vita, nella storia viene posto anche
come “marchio” delle diverse vite. Sicché nel medioevo vi erano panificazioni e
pani diversi a seconda dello status sociale. Il pane del popolo era
panificato in maniera diversa rispetto a quello della classe nobiliare, che a
sua volta era ancora diverso rispetto a quello della classe clericale e persino militare.
Vi era anche un pane e una panificazione, persino per i boia, che si nutrivano
di specifiche qualità e cotture.
Il pane dunque, nel passato è elemento centrale nella vita dell’Uomo in genere,
ma che trasborda, proprio per questo, nella dimensione simbolica, rituale e
metaforica, acquisendo quindi nella vita sia di un popolo sia di un singolo
individuo un elemento centrale e decisivo della propria esistenza, sia sul
piano strettamente fisico sia sul piano più eminentemente spirituale. Cose che,
come è facile riscontrare, non si ritrovano oggi, sbilanciandosi i significati
sul gusto, sulla forma e sul fatto che esso è uno dei tantissimi alimenti di sostentamento dell’Uomo, il quale peraltro non soffre più di
carestie e può produrre pane e farina a suo piacimento, senza limiti temporali
e spaziali.
Molto altro
v’è da dire, ma ci si ferma qui, sicuri di aver stimolato la curiosità e
l’interesse per approfondire questa tematica, che offre veramente moltissimi
spunti di riflessione. D’altro canto Maison Ragosta vuole sì offrire
delle informazioni e delle considerazioni, ma nell’ottica dello stimolo alle
speculazioni di vario genere. In tale prospettiva, Maison Ragosta vuole
costituire un punto di partenza per la propria crescita, la cui direzione, si
sa, si decide in assoluta solitudine e autonomia.
Mauro
Ragosta