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sabato 28 maggio 2022

Saper Fotografare (parte nona): Le fasi per la costruzione di un’immagine – di Mauro Ragosta

 

            D’emblée va specificato che questa rubrica, ovvero Saper Fotografare, viene fatta girare solo presso un’utenza qualificata, ovvero viene fatta pervenire telematicamente sia a fotografi professionisti sia ad appassionati a vario titolo e con vari gradi di esperienza, spesso avanzata, sovente tuttavia vengono resi partecipi anche alcuni principianti che desiderano migliorare l’attività del proprio diletto. Fino ad oggi, i risultati delle prime otto parti pubblicate paiono essere quelli legati alle sollecitazioni speculative, che la lettura ha offerto. Questione di non poco conto, in quanto questa rubrica ha dato un colpo, più o meno robusto, alla crescita e allo sviluppo della coscienza fotografica del lettore, e da qui ha posto le basi per il possibile miglioramento del proprio incedere artistico e professionale.

Ciò messo in luce, dopo aver raccontato, guardando dall’Alto, quali possono essere le problematiche nella vita di un fotografo, attraverso un excursus temporale di quaranta anni, e che pertanto vanno dalla gioventù alla maturità, avendo analizzato sia le fasi d’avvio all’Arte sia quelle che via via portano ad una visione e ad una pratica più evolute, è giusto ora focalizzare l’attenzione su alcuni snodi specifici e fondanti dell’attività fotografica.

            Sicché, in prima battuta, si argomenterà sulle fasi attraverso le quali si realizza un’immagine. Molti credono che il momento del fatidico “click” sostanzi e coaguli tutta l’Arte, ovvero la capacità di cogliere “l’attimo giusto”, ma ovviamente così non è. Vi sono delle fasi prima e dopo il “click”, forse anche più importanti del “click” stesso.

            La prima fra queste, legata alla costruzione di un’immagine fotografica, è definita dall’obiettivo che si vuole cogliere e dalla strategia scelta. E così, consapevolmente, per un professionista, e spesso e vieppiù inconsapevolmente scendendo verso i principianti, la prima operazione fondamentale è sapere cosa si vuol trasmettere con una fotografia, dove il fruitore può essere sé stessi o gli altri. Eh sì, perché non sono i pochi fotografi che “scattano” solo per sé e non per altri.

            Il lasso di tempo che richiede la creazione dell’idea può variare da un secondo a diversi anni. Spesso si esce a fare una tornata fotografica per “catturare” delle situazioni accattivanti, ma non è sempre così. Anzi, più si innalza il livello di conoscenza dell’arte fotografica, più le attività estemporanee si riducono, tuttavia senza mai azzerarsi, essendo sovente non solo piacevoli, ma soprattutto anche necessarie.

            Una volta prodotta l’idea, o visualizzato nella mente il risultato fotografico che si vuol ottenere si passa alla costruzione o alla scelta della scenografia. Anche qui, si va da pochi secondi di attività a ciò dedicata a tempi lunghissimi. Abbandonandosi l’ipotesi della tornata fotografica estemporanea, la scenografia, costruita o scelta, crea tutto il “discorso di contorno” alla costruzione dell’immagine, e spesso dà la forza decisiva a questa. Pertanto richiede massima attenzione e impegno.

            Ma, attenzione, una volta avuta l’idea e trovata o prodotta la scenografia, non si passa immediatamente allo scatto, se non ancora una volta nelle attività fotografiche estemporanee. Quando un fotografo è maturo, ovvero nel tempo in cui le impellenze dello “scatto” si allentano in favore di un’azione più totale, integrale, avvolgente, di grande ricongiunzione di sé stesso, egli procede ad una preliminare preparazione animica, spirituale: ci si libera del superfluo, che spesso adombra “l’occhio della mente”, consentendo ciò la possibilità di avventurarsi in pienezza in un’azione “pura”.

            In questo frangente, direi assolutamente speciale, ognuno intercetta un metodo che gli consenta di essere in asse nel momento dell’atteso “click”. Sono tutte attività che spesso si apprendono da sé stessi, anche se a volte può essere efficace la guida di un Maestro. Ovviamente il tempo da dedicare alla preparazione varia da pochi momenti fino a giungere ad un paio di giorni. I grandi fotografi, durante i loro workshop, non mancano di far sperimentare ai propri allievi quest’attività.

            Quando si è pronti si entra finalmente nel momento del “click”, che non potrà che essere performante. A volte questa fase è centrale, spesso tuttavia serve per avere una buona base da cui partire per le ulteriori fasi della costruzione dell’immagine, che sono sostanzialmente due e legate alla postproduzione. In ogni caso il “momento dell’azione” permette, se realizzato con la giusta “purezza”, di intercettare soluzioni inedite o non “viste prima”, ma anche di trovare la giusta forza espressiva.

            Nella postproduzione, una volta scelte le immagini da lavorare, centrali sono le attività legate al taglio della foto e alla gestione delle linee. Infatti, una fotografia cambia di significato modificando il taglio. Associata a questa fase sono l’elaborazione dei colori o dei grigi, la gestione dei contrasti, l’esposizione e tutte le applicazioni che la moderna tecnologia consente. Qui di norma si realizzano diverse versioni della stessa immagine. In genere se ne realizzano almeno un paio, ma poi, qui ognuno si regola come meglio crede.

            L’ultima fase è dedicata alla scelta delle diverse alternative prodotte nella “camera oscura” che oggi si denomina “camera chiara”. In genere, dalla fase precedente, si lascia passare del tempo, che va da poche ore a giorni e mesi, prima di procedere alla scelta dell’immagine definitiva da archiviare o da presentare ai committenti o agli amici. Errore gravissimo è lasciare a questi ultimi la scelta, che deve essere solo tra le diverse immagini proposte, mai fra le diverse versioni di ciascuna di queste.

Ecco che la costruzione di un’immagine diventa una vera e propria avventura, a volte anche molto faticosa e dolorosa, ma che in nessun caso porterà alla riproduzione perfetta dell’idea originaria. L’immagine finale è una sorta di figliolanza, una vera e propria creazione, i cui esiti nessuno può conoscere in precedenza, neanche Dio in persona, sia esso positivo o naturale.

In tale direzione, si sposa l’idea di Gorgia, il quale affermò che l’Essere è inesprimibile… e neanche l’idea originaria della nostra fotografia, essendo totalmente impregnata dell’Essere, può trovare un riscontro materiale e visibile. Di questa idea originaria si avrà solamente una proiezione… la figlia o il figlio, e come tutti i figli alcuni saranno belli altri brutti, orribili, alcuni di successo altri dei perfetti falliti, ma questo, in definitiva solo in minima parte dipenderà da noi… Non demoralizzatevi mai, dunque, né abbiate vergogna!!! Del pari, non vantatevi troppo…solo quel che basta!!!

 

Mauro Ragosta

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