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giovedì 20 giugno 2024

Post-Evento n°22: Ieri a Surbo, Festa Giallo-Rossa, con Saverio Sticchi Damiani e Pippi Fasano – di Mauro Ragosta

 

          Ieri sera, 19 giugno 2024, Surbo “si è incontrata in piazza” per festeggiare con Pippi Fasano, storico presidente del Surbo Calcio per 40 anni -a partire dal 1955- la permanenza in serie A il prossimo anno, della squadra del Lecce. Il tutto in combinata con l’Unione Sportiva del Lecce Calcio, presente col suo massimo esponente, ovvero il Presidente Saverio Sticchi Damiani, accompagnato da alcuni membri di spicco dello staff dirigente della squadra.

            Già intorno alle 20:30 Piazza Unità Europea a Surbo era gremita di tifosi di tutte le età, dove non poche erano le componenti provenienti da altri centri della provincia. Ma non solo. Di particolare rilievo è stata la partecipazione di bambini e adolescenti festanti, che sventolavano grandissime bandiere giallo-rosse. In tutto questo non è mancata una rappresentanza femminile, con un’adesione corposa, attenta, interessata.

            Sul grande palco allestito per l’occasione, numerosi gli ospiti, tutti di rilievo per il Mondo del Calcio leccese e surbino, oltre ovviamente a Pippi Fasano e Saverio Sticchi Damiani. Insomma, una serata che non si dimenticherà facilmente soprattutto a Surbo, uno dei centri della provincia che maggiormente segue la squadra del Lecce, ma anche dove il calcio è centrale nei suoi processi aggregativi e sociali. E proprio per questo, la serata è stata voluta e organizzata dall’Amministrazione Comunale surbina, alla quale si è associato il sostegno della locale Parrocchia di Santa Maria del Popolo e del suo parroco Don Mattia Murra.

            A gestire gli interventi sul palco il giornalista Mediaset Raffaele Pappadà e il noto attore, autore e regista leccese Gianpaolo Catalano. Alternandosi sapientemente e riuscendo a dosare i tempi e i ritmi della serata, i due hanno consentito a tutti gli ospiti interventi di qualità. Ha dato l’abbrivo alla serata Saverio Sticchi Damiani che, dopo aver marcato con forza il soddisfacente risultato dato quest’anno dal Lecce, ha tenuto a sottolineare che si tratta di una squadra diversa, perché diverge dallo scenario nazionale. 

        Per Sticchi Damiani il Lecce è qualcosa a parte, giustificando tale connotazione, poiché la serie A è una categoria che interessa quasi esclusivamente il Nord, ma soprattutto perché gran parte delle squadre che compongo questo girone, presentano una dirigenza e una proprietà composte fortemente, se non proprio totalmente, di risorse umane e finanziarie estere. Tutto al contrario il Nostro Lecce, che trova la linfa della sua esistenza, ovviamente sul piano finanziario e del management, nel Salento, nella sua Terra.

        Seguono l’intervento del Presidente del Lecce, i saluti istituzionali e di benvenuto del Sindaco di Surbo, Ronny Trio, ai quali si associano quelli del parroco di Santa Maria del Popolo, don Mattia Murra. E a questo punto è la volta di Giovanni Fasano, il figlio di Pippi Fasano e attore strategico nello staff del Lecce nonché produttore, con marchio M908, dell’abbigliamento sportivo della squadra del Lecce. Una persona composta e di misura, che ha ricordato al copioso e festante pubblico presente nella piazza, il valore dell’impegno e della passione, soprattutto quando si supporta una squadra di Serie A, perché si è immersi in un ambiente che richiede sempre il massimo.

          Accompagnato da un applauso corale e fragoroso, è poi salito sul palco Pippi Fasano, il “Grande Presidente”, il Presidente che è nel cuore di tutti i surbini. Proprio lui ha aperto il gioco degli interventi e degli intervenuti per questa grande festa Giallo-Rossa.

         Quasi tutti gli ospiti hanno messo in luce la necessità di una forza superiore per affrontare un campionato, soprattutto se di serie A. E ciò soprattutto nei momenti difficili, che non mancano mai e che mettono alla prova tutti. Va detto che per i dirigenti presenti sul palco sia del Lecce sia del Surbo il conforto e il sostegno del pubblico sono fondamentali, specialmente nei momenti di grande prova, e se non sono decisivi, aiutano tuttavia a trovare quello slancio necessario, sia a livello individuale sia a livello di squadra, per superare le numerose impasse che pone sul suo percorso il campionato.

            In ciò sono andati l'incoraggiamento e il sostegno di Pippi Fasano, che, dall’alto dei suoi 40 anni di presidenza del Surbo Calcio, ha fatto riecheggiare in tutta la piazza gli ingredienti necessari per il successo duraturo di una squadra di calcio, ovvero che per l'affermazione di un qualsiasi gruppo sportivo non è necessaria solo l’ambizione, ma soprattutto ci devono essere il cuore, la passione, la costanza, …il sacrificio!

            Forse, il momento più importante dell’incontro di ieri sera in favore della squadra del Lecce, si è avuto quando il Nostro Pippi ha sottolineato con forza che ciò che conta alla fine è il risultato. In tale direzione, una buona preparazione, il bel gioco sono importanti ma non sufficienti se non assistiti da una vittoria, che è sempre legata al saper cogliere l’attimo!!! Sottolinea Pippi, che basta poco per incassare un goal, e per questo bisogna stare sempre all’erta, vigili, attenti, attentissimi, saper “navigare in quel mare cangiante” dell’opinione pubblica. Ci vuole forza, per Pippi, ma soprattutto saper cogliere “l’attimo fuggente”.

        Ed è così che vogliamo chiudere questo nostro resoconto sulla bella e partecipata serata di ieri, organizzata dal Comune di Surbo e dalla Parrocchia di Santa Maria del Popolo, ribattezzando il Nostro Pippi come l’Uomo dell’Attimo Fuggente…..

 

Mauro Ragosta

 

sabato 15 giugno 2024

Saper Fotografare (parte quindicesima) - La gestione dei colori: il Bianco – di Mauro Ragosta

 

            Nella prospettiva moderna e contemporanea la principale missione dell’Arte, e di qui anche della fotografia, pare essere quella di suscitare emozione, scuotimento dei sensi, turbamento dell’anima. E questo è vero, ma mai deve essere confuso con l’uso semplicistico dei colori. Certamente, le sensibilità elementari, quelle che fanno capo ad un livello culturale di non grande rilievo, l’impatto cromatico puro genera la “famosa emozione”. E qui una persona semplice rimane attratta da abbinamenti di cromie sgargianti, magari, rosso, blu e verde, o giallo, bianco e oro, e via dicendo… L’attento osservatore, ad esempio, verifica con facilità, che gli accostamenti cromatici nei supermercati, vengono realizzati, infatti, per “turbare” e invogliare all’acquisto l’avventore.

            Per converso, un soggetto evoluto ed esigente se da un lato rimane “abbagliato” dai giochi di colore di un’immagine, dall’altra in questi “legge e vede” una quantità di informazioni, crescente e proporzionale al suo livello culturale. Ed ecco che, l’artista come il fotografo, sì devono produrre opere tecnicamente valide, ma questo è del tutto insufficiente, soprattutto oggi. L’artista, come il fotografo, prima di tutto, deve essere persona colta, e il suo valore, in molti casi, sarà determinato proprio dal suo spessore culturale, perché questo trasuderà in ogni sua opera e in tutti i particolari di questa…riuscendo così a cogliere e “colpire”, anche l’osservatore più esigente e smaliziato.

            Premessa questa, doverosa e a Noi gradita, ché segue le richieste di uno dei Nostri lettori: sulla scorta del precedente intervento (parte quattordicesima di questa rubrica) ne sollecita un altro con riferimento all’uso del colore Bianco, sia nella prospettiva più meramente tecnica sia nei risvolti di significato e simbolici. Sicché, in questo pezzo ci si soffermerà sulla gestione del Bianco, non mancando, parallelamente, di tracciare nel prossimo appuntamento una tavola sul Nero.

            In fotografia, le riprese del Bianco come del Nero, un tempo costituivano dei grandi problemi e una grande destrezza tecnica per risolverli. E tutto questo non solo nelle fasi di scatto, ma anche di quelle di sviluppo e di stampa. Oggi, gran parte degli accorgimenti e delle accortezze tecniche sono ampiamente superate, inutili dunque, per via degli sviluppi della tecnologia. Tuttavia, vale la pena soffermarsi su una questione ancora molto attuale e di particolare rilievo e interesse, ovvero quella connessa alla dominante.

            Si sa il Bianco puro è tecnicamente un’utopia, sicché qualsiasi Bianco in fase di ripresa e di stampa presenta sempre delle dominanti. In altre parole, un abito, come un oggetto come un luogo di color bianco nelle risultanze dell’immagine derivante dallo scatto, avrà, anche se minima, una dominante, che potrà tendere a tonalità fredde, come il blu, o tonalità calde come il rosso o il verde. Ovviamente, gli effetti della dominante nella percezione dell’osservatore saranno completamente diversi, in riferimento al tipo. È noto che i colori freddi come anche le relative dominanti nel Bianco tendono a sviluppare aspetti più mentali, spirituali nell’osservazione dell’opera, rispetto ai toni e alle dominanti calde, che richiamano in buona sostanza quelli più passionali dell’esistenza, e ciò a trecentosessanta gradi.

            Ed ecco che, un Bianco con dominanti fredde deve essere usato o prodotto quando si realizza una foto prevalentemente intellettuale o di forte richiamo ai rigori della mente, mentre le tonalità calde del Bianco vanno usate per immagini più coinvolgenti, o i cui contenuti richiamano questioni più “di Vita”. Certamente, di ciò non se ne può fare una regola, ma si reputa che quanto sottolineato sia un buon punto di partenza per darsi delle regole nell’impostare il Bianco in un’immagine.

            Nelle prospettive di senso e simboliche, il Bianco è di fatto il colore del “tutto possibile!”. Fino agli anni ’60 del secolo scorso, di Bianco venivano vestiti i malati di mente, e nella Nostra terra, le famose tarantate. Ma il color Bianco è di fatto anche il colore dell’ingenuità nonché della purezza, e le due qualità ovviamente non vanno confuse. L’ingenuità è qualità di chi ha una visione monotematica della Realtà, che manca di un’articolazione. La purezza invece, attiene all’integralità del soggetto o dell’oggetto. Ad esempio, nei processi iniziatici, chi a questi vi accede viene definito candidato, candido, puro dunque, ovvero totalmente preparato ad accogliere…integrale, dunque… E le persone che si sono purificate, vestono di Bianco…

In tale direzione, ma sul versante dell’integralità, non è un caso che i Cavalieri Templari, come anche i Cavalieri Teutonici vestivano di Bianco, indicando ciò la purezza e la totale dedizione e preparazione alla loro missione…

Ancora sul piano simbolico, va evidenziato che il Bianco è colore che restituisce tutta la luce su di esso inviata, al contrario del Nero, che invece assorbe e trattine. Sicché, in tale accezzione il Bianco è il colore che ricambia tutta la luce-energia che gli si invia, è il colore della risposta, è il simbolo del rimbalzo...dove "tanto gli dai e tanto ti restituisce", al contrario del Nero, che lo si interroga, ma non risponde, trattenendo tutto ciò che gli si chiede e invia.....

Per quanto riguarda gli sfondi di color Bianco, invece, si tratteranno nelle prossime parti di questa Rubrica, congiuntamente con quelli di color Nero, poiché il loro uso è fortemente correlato, legato cioè da sensi di interdipendenza.

Va da sé che molto altro v’è da evidenziare su tale argomento, ma lo strumento giornalistico on line, nella prospettiva dell’efficienza, non consente lunghe dissertazioni. Pertanto, quanto qui marcato deve considerarsi solo da stimolo per avviare ulteriori e utili approfondimenti, secondo ovviamente la propria sensibilità e il proprio desiderio.

E chiudiamo qui, ringraziando i lettori che ci hanno sollecitato per questo ulteriore appuntamento di Saper Fotografare, ricordando che la nostra Rubrica è sensibile ad ogni tipo di suggerimento con riferimento al tema trattato, non mancando di accogliere anche interventi personali particolarmente strutturati e di interesse generale.

           

 Mauro Ragosta          


venerdì 31 maggio 2024

Saper fotografare (parte quattordicesima ) – La gestione dei Colori – di Mauro Ragosta

 

            Si sono già da tempo avvertiti i lettori affezionati, amanti di Maison Ragosta -e nello specifico tra la fine del 2021 e i principi del 2022- che il ritmo di pubblicazione del giornale, giunto oramai al suo sesto anno di vita, sarebbe stato ridotto e compensato con prodotti di qualità superiore. Un ritmo lento necessario a consentire una riflessione e una elaborazione più profonde, tali cioè da poter trasformare le informazioni e gli spunti offerti in idee personali da calare nella propria azione corrente.

            In tale direzione, anche la Nostra rubrica Saper Fotografare dopo un’intensa stagione tesa alla somministrazione di informazioni base o comunque tali da consentire di porsi in maniera diversa “dietro l’obiettivo” -ovvero di catapultarsi in una  prospettiva che permetta di esprimere in maniera più compiuta e con più forza le proprie idee e intuizioni- progressivamente si è trasformata in qualcosa “con dosaggi più lenti” ma dai contenuti, come si usa dire in certi ambienti, “long acting”, ovvero che necessitano di tempi lunghi per un’adeguata metabolizzazione e da qui consentire così un’esperienza artistico-fotografica di ancor maggior significato.

            In questa quindicesima parte si è scelto di argomentare sui colori e sulla loro gestione. E in tale direzione, va subito marcato, che ciascun colore ha in sé un preciso significato condiviso a livello generale, pur non mancando spesso, un’attribuzione di senso personale o ristretta e di proprietà di un numero di persone, a volte, molto esiguo.

           Ecco che, al riguardo, l’attento fotografo o aspirante tale ha il dovere di effettuare uno studio specifico sui significati dei colori. Qui, si forniranno solo pochi esempi, al fine di esplicitare il taglio da dare allo studio personale.

            E partiamo dal colore più amato soprattutto dalle Donne, ovvero il rosso. È di per sé un colore femminile, poiché esercita una forza attrattiva e seducente. È un colore che si fa notare, aggressivo e che si distingue con forza tra gli altri. Dall’altra, va detto che è il colore del sangue e da qui dell’emotività e dell’amore, necessari preamboli per la Conoscenza e dunque per una vita piena… Non è un caso che spesso si usa ricoprire il letto o l’alcova dell’amore, con stoffe o drappi di color rosso, perché tale ritualità cromatica sottointende a relazioni di carattere magistrale, segnanti …dirompenti non solo sotto il profilo emotivo, ma soprattutto sotto il profilo disvelante e conoscitivo e da qui …che permettono di accedere a esperienze rivoluzionarie.

            Proprio per tutto questo il colore rosso, se da un lato è simbolo di Conoscenza indica anche pericolo e di conseguenza un invito alla prudenza e alla ponderazione. L’amore come la Conoscenza, rimanendo su questo piano, sono “materiali” che vanno maneggiati con estrema perizia e ponderazione onde evitare conseguenze distruttive.

            Un altro colore molto interessante è il verde. Nella prospettiva popolare il verde è associato alla serenità e alla “pace” …è colore della speranza, della possibilità, il via libera. Tuttavia, va notato che il verde è, in alcuni ambiti, il colore della guerra, è il colore della predazione. Nell'ultimo libro della Bibbia, ovvero l'Apocalisse di San Giovanni di Patmos, il cavallo verde rappresenta la Morte. Sicché il verde è per eccellenza il colore del confronto, soprattutto se poi è associato al marrone, tipico colore della terra, e da qui della concretezza. L’abbinare un verde con un marrone, se in certi ambiti sono dunque le combinazioni della quotidianità, dell’ordinarietà, in altri invece rappresentano un messaggio di confronto diretto e concreto. E tutto ciò in linea con i colori della Natura, verde e marrone, che rappresentano la Realtà nella sua essenza profonda.

            E chiudiamo questa brevissima, e forse significativa carrellata col colore tanto amato dai giovani e dalle ultime generazioni: il nero. È questo un colore che in sintesi si potrebbe definire escludente, che priva, che orba la vista, che non dà risposte. E' un colore che assorbe luce e non ne restituisce. In tale direzione, non è un caso che gli Uomini di Potere vestano nelle circostanze ufficiali e rituali di color nero, o in gramaglie…. Proprio perché il Potere per definizione è esclusivo ed escludente, e che priva, senza restituire. Il nero, per altro verso, è assenza di Luce e da qui segno di ciò che è indifferenziato, sacro dunque, necessari presupposti e preamboli della Vita... In ogni caso, sui significati del colore nero si dirà meglio nel proseguio.

            Ci si è così approcciati al tema del colore, che verrà nel prosieguo ulteriormente approfondito, non mancando di porgere l’orecchio per raccogliere suggerimenti e consigli dei Nostri lettori, ma anche loro spunti e riflessioni in tal senso e su questo piano.

 

Mauro Ragosta

           

lunedì 26 febbraio 2024

Punti, Appunti e …Puntini (parte sesta): lo Spazio, la contaminazione, l’incertezza …il vizio! – di Mauro Ragosta

 

            Dopo aver aperto alcuni orizzonti con la Nostra rubrica, Punti, appunti e …puntini, che alcuni dei lettori di Maison Ragosta hanno particolarmente apprezzato, doveroso ci appare apporre su di essi, su queste linee dilatate e lontane, una serie di “vasi” in cui poi “seminare delle piante da fiore, magari delle margherite, ma vanno bene anche delle rose!”

            Certamente, la lentezza e il ritardo con cui ultimamente si muove la Nostra rivista, non deve indurre a pensare ad una stanchezza dell’azione intellettuale e comunicativa, e da qui ad uno scoramento, quanto piuttosto bisognerebbe intravedere in ciò qualcosa di voluto ed estremamente evoluto, d’avanguardia, …qualcosa che permeerà le élite nei tempi a venire. Essere dei ritardatari, anzi “ritardati” nei tempi di risposta, nasconde, al contrario di quanto si possa pensare, addirittura un incedere molto ricercato, perché completamente fuori dai processi relazionali convenzionali, omologati dagli agenti e dalle agenzie culturali per le masse…

            Premessa stravagante per il “pezzo” che qui sta per proporsi, ma solo apparentemente!

            Già in alcuni degli appuntamenti di questa Nostra rubrica si sono affrontate alcune delle problematiche attinenti al Tempo, soffermandoci solo nelle ipotesi classiche e umanistiche. Si è molto dissertato, dunque, sul Tempo, quale prospettiva del Chronos, ovvero facendo riferimento alla dimensione logico-matematica, del Kairos, ovvero del “tempo delle cose”, e dell’Aion, quel Tempo che contraddistingue l’Eternità, da non confondere con l’immortalità.

All’interno del nostro disquisire, volutamente si sono escluse quelle dimensioni del Tempo derivanti dalla moderna Quantistica nonché dalla Geometria Non Euclidea, che dipendono in generale dall’ambiente che si prende in considerazione. È facile prendere atto che, tutti conoscono il Tempo nella prospettiva del Chronos, un po’ meno sono quelli che conoscono quello nella concezione del Kairos, molti di meno quelli che comprendono il Mondo dell’Aion. Al di là di tutto ciò, solo un esiguo gruppo di scienziati e ricercatori conoscono le diverse concezioni del Tempi in dimensioni spaziali, fuori dall’atmosfera o in particolari campi energetici. In tale direzione, va solo detto che, sebbene pochi lo sappiano, il nostro cellulare funziona con due tipi e concezioni di Tempo.

            E veniamo, invece, al concetto di Spazio, col quale cominceremo ad intrattenerci sul focus di questo “pezzo”. È un concetto che fino a cento anni fa era completamente diverso rispetto ad oggi, dove va assumendo progressivamente una valenza sempre minore.

Ancora nei primi anni del secolo scorso era impensabile che l’Uomo avrebbe prodotto degli attrezzi volanti che potevano fare il giro del Mondo -facendo riferimento all’equatore- in poco più di un’ora. Una circostanza che facilmente porta a dedurre che in caso di guerra mondiale nucleare, il tempo necessario a che essa si consumi, probabilmente non si protrarrebbe per più di due o tre ore, e chi dovesse trovarsi a gestirla avrebbe uno scenario non più grande di una scacchiera di 35 cm. A ciò basti pensare che le grandi potenze sono dotate di missili che se lanciati da Mosca e diretti a Roma non impiegherebbero più di 6-7 minuti per giungere a destinazione o anche se lanciati da New York e diretti su Mosca consumerebbero la loro corsa in non più di 13-15 minuti: il tempo di una mossa su una scacchiera!!!

            E veniamo alla concezione dello Spazio sul piano individuale-relazionale. Qui basti pensare a come viveva l’Uomo tra fine Ottocento e i primi del Novecento, dove lo Spazio era una variabile decisiva per la quantità di relazioni-scambio che poteva intraprendere. Proprio questa dimensione rendeva tutto molto lento e limitava enormemente le capacità relazionali dell’individuo, sia nella sua prospettiva privata sia in quella pubblica. Tutto all’opposto di quanto accade oggi, dove nella dimensione privata, lo Spazio ha una rilevanza enormemente inferiore rispetto al passato, in virtù dell’uso di PC e di Smartphone, e nella dimensione pubblica, l’individuo gode di tutte le emittenti radiofoniche, televisive, social e giornalistiche del Globo terrestre, nonché di una buona parte del sapere accumulato negli ultimi 2000 anni, e tutto ciò attraverso un clic!

            È facile comprendere che la “riduzione” dello Spazio porta naturalmente ad intensificare e aumentare enormemente il numero di relazioni-scambio dell’individuo medio. La questione appare di primo acchito esaltante, seducente, tuttavia ha risvolti tragici, poiché l’atto di scambio ha bisogno di elaborazione psichica e intellettuale perché possa prodursi in qualcosa di concreto. E qui sta proprio il nodo della questione, ovvero quello che l’individuo moderno intraprende quotidianamente una quantità di scambi vieppiù crescente nel Tempo, per i quali non vi è possibilità concreta di elaborazione. In altre parole, il nostro è un individuo riempito di informazioni ed input di vario genere, per i quali egli non ha tempo per elaborarli, “digerirli”, trasformarli in cultura, conoscenza, in risposte. Tutto questo porta ad un intasamento della mente e di qui il passo è breve per entrare nella dimensione della confusione, fino alla sostanziale paralisi intellettiva e intellettuale.

            È facile riscontrare che il nostro Uomo medio oggi è zeppo di informazioni di tutte le specie e generi, che tuttavia non riesce ad utilizzare positivamente a tramutare in esperienza, muovendosi così in una società che in definitiva non conosce né può conoscere, se non attraverso una prospettiva filtrata dalla confusione. Ed ecco che entra in gioco il Vizio…

            Gran parte di noi è informata sui vizi capitali. All’attento osservatore tuttavia il minimo comunicatore di tali vizi, ma di qualsiasi tipo di vizio è l’assenza in questi di un perché e di un motivo reale, se non in una prospettiva convenzionale, narrata altrove. L’azione viziata è quella fine a se stessa, spesso ripetitiva sino alla compulsività, che Marx definirebbe azione alienata, scollegata col reale, meccanica e non biologica…

            Va da sé che questo percorso qui proposto può essere arricchito enormemente, ma noi lasciamo che il nostro lettore, se ne ha voglia, si impegni in riflessioni partendo da quanto sin qui tracciato, illuminato, magari ampliando l’area di chiarore. Una riflessione che ovviamente dipenderà dall’osservatorio che caratterizza ciascuno.

Al riguardo, ci piace sottolineare che la migliore visione che si possa avere del nostro scenario, di quello di cui siamo protagonisti e stiamo vivendo dipende dal “posto” in cui ci si trova. Prendendo a modello di lettura una classe delle Medie Superiori con 25 alunni, sicuramente chi avrà la visione più soddisfacente perché la più ampia saranno, sicuramente il Professore, e dall’altra, paradossalmente il più “asino” di tutti gli studenti, che solitamente siede all’ultimo banco…Solo questi due personaggi o ruoli possono avere o hanno la più ampia visione complessiva…

 

Mauro Ragosta

domenica 7 gennaio 2024

Punti, appunti e …puntini (parte quinta): ...ancora sul Nuovo Medio Evo – di Mauro Ragosta

 

            Oltre due anni fa, ovvero il 4 novembre 2021, veniva pubblicato su questa rivista un breve articolo di fondo, che puntava a mettere in evidenza alcune caratteristiche del nostro Tempo, tali da poterlo considerare come porta d’ingresso ad un Nuovo Medio Evo. Nello specifico, nella parte seconda di questa nostra rubrica (Punti, appunti e …puntini) attraverso una tecnica narrativa “a macchia di leopardo” si sono fornite una lunga serie di informazioni, che, una volta collegate, mettono in evidenza il crollo di tutte le strutture sociali del Mondo Occidentale a partire dalla famiglia, per giungere all’istruzione, ai rapporti di genere, alla scienza, alla medicina, allo Stato, alle religioni con particolare riferimento a quelle giudaico-cristiane.

            E così, se il Mondo Classico s’è costruito, edificato e sviluppato sui valori della forza, della guerra e della predazione, il Mondo Occidentale ha ricostruito il Mondo Classico, addizionando a tali valori il lavoro, che in precedenza era considerato un disvalore. E proprio le logiche del lavoro hanno dato un impulso mai visto in precedenza nello sviluppo dei processi logico-matematici a tal punto da portare al superamento non solo del fattore lavoro, ma anche di quello connesso alle attività predatorie e belliche, attraverso l’Intelligenza Artificiale, la robotica, l’ingegneria genetica ...e per finire allo sviluppo di una matematica e di una fisica probabilistica, ovvero la meccanica quantistica….

            E proprio con la meccanica quantistica tutte le strutture dello scibile umano da rigide si stanno trasformando in molli, liquide, direbbe il nostro caro Bauman…. Ed in effetti, proprio con la meccanica quantistica prende avvio il declino della Nostra Civiltà. Un inizio che potrebbe essere fissato con le scoperte e le teorie di due scienziati, Albert Einstain e Karl Popper, che hanno aperto la strada al relativismo e da qui ai principi di indeterminazione, che tradotti in linguaggio pratico, hanno dato il via al “E’ possibile tutto e il contrario di tutto!”

            E se molti degli elementi di questa grande trasformazione, dal punto di vista strutturale e sociale, che ci ha posti alle soglie di un Nuovo Medio Evo, sono stati messi già in evidenza nella parte seconda di questa Rubrica, qui si proporranno alcuni spunti di riflessione sugli effetti che hanno inciso e incidono sugli aspetti di alcune microdinamiche, che coinvolgono correntemente noi tutti.

            Il relativismo, infatti, non solo si pone alla base dei processi democratici, mettendo al bando qualsiasi principio che viene ritenuto indiscutibile, ma ha modificato nel profondo le relazioni umane stricto sensu, attraverso la distruzione del linguaggio verbale. Se fino a pochi decenni fa le relazioni correnti si basavano su due variabili fondamentali, oggi la variabile legata al linguaggio è nella più completa crisi.

            E così, se un tempo le comunicazioni tra individui avvenivano prevalentemente su due canali, ovvero quello dei beni materiali (concepiti sia nella prospettiva strumentale sia in quella del feticcio) e quello del linguaggio verbale (attraverso l’uso della parola, in direzione della lingua nazionale o di una internazionale), oggi tutto questo è entrato in crisi.

            E ciò perché il linguaggio “ordinario” ha perso di senso, o meglio ha una natura relativa e indeterminata. Non si sa più cosa si intenda con i termini Arte, Amore, Libertà, Amicizia, Democrazia, Violenza, Fratellanza, Tempo, Verità, Politica, Cultura, Bello, Brutto, Brutto e Cattivo, Maschio, Femmina, Famiglia.

In tutto questo, anche le discipline storiche sono sottoposte ad un poderoso processo di distruzione, come anche la visione e lo stesso concetto di Dio. In tale direzione, molti gli studiosi italiani impegnati su tale fronte. Tra questi vale la pena solo citare lo storiografo torinese Alessandro Barbero e il biblista Mauro Biglino, soprattutto per la loro grande attività divulgativa, con riferimento agli ultimi anni.  

            E tutto ciò al tal punto che, all’interno di questo quadro, anche la diade Verità-Menzogna si è dissolta, come ovvio, in quanto l’individuo medio si muove in un contesto (in un’acqua) dove viene bombardato di informazioni che a “stretto giro di posta” vengono smentite e riformulate in maniera diversa, spesso del tutto contraria.

            A questo venir meno del linguaggio la reazione pare essere stata quella di ricorrere a formule comunicative allo stesso tempo sintetiche ed estremamente flessibili, quali appunto i simboli e gli emoticon…

            Insomma, una dinamica babelica nella quale le relazioni lasciate al solo linguaggio dettato dai beni materiali, e quindi unicamente dettate dai processi consumistici, si risolvono in qualcosa che apre le porte all’angoscia, ovvero quello stato d’animo tipico che si registra in presenza di circostanze fortemente indeterminate. Una sorta di buio, che infonde ansia e da qui, il passo è breve per far tradurre il tutto in paura e aggressività. Non è un caso che l’Uomo, cittadino medio, presenta alti i valori dello stress e dell’aggressività e vive per lo più in maniera isolata e/o solitaria, sebbene vada in discoteca o al teatro, oppure ancora allo stadio: solo tra soli!

            In definitiva, questo venir meno “dell’Impero” si deve alla distruzione sistematica di tutti i Totem sui quali era stato costruito ed edificato, ma…

Sulle macerie dell’Impero Romano, che può essere fissato nel 476 d.c., tra il 529 e il 534 d.c., a Montecassino, viene gettato il primo seme dell’attuale e agonizzante società Occidentale, che si tradusse nel Monachesimo, quale motore che riattivò quella parte di Mondo che ruotava attorno al Mediterraneo e che nell’arco di 1500 anni ha caratterizzato tutta l’umanità.

            In sintesi, appare più che certo che, anche oggi si dovrà cominciare a pensare ad una ripartenza, se non proprio intercettare quei semi gettati, dai quali germoglierà il Nuovo. Queste le premesse per disquisire nel prosieguo, in questa Rubrica, del Nuovo… Monachesimo!

 

Mauro Ragosta

lunedì 25 settembre 2023

Post Evento n°21 – Casarano: De Rocco-Dalla Valle, una coppia vincente…- di Mauro Ragosta

 

        Ieri sera, ha preso il via, presso il Palazzo d’Aquino di Casarano, la mostra all’insegna dell’arte musiva di Patrizia Dalla Valle, curata da Cinzia De Rocco, titolare della galleria Percorsi d’Arte, all’interno della manifestazione “Le Parole sono Pietre”, giunta quest’anno all’VIII edizione.

            Un vernissage ragguardevole, che ha visto una partecipazione di pubblico di tutto significato, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Un parterre, infatti, ricco di noti artisti e scrittori salentini, cui si è sovrapposta una componente significativa, con riferimento agli amministratori e ai politici, tra i quali va citato l’Assessore alla Cultura di Casarano, che ha mostrato una particolare attenzione, in più direzioni, rispetto a quest’evento. 

            Va subito marcato con una certa forza, che il binomio De Rocco-Dalla Valle si è presentato sulla piazza culturale e artistica casaranese come una combinazione, un’alchimia vincente, che deve far riflettere con più vigore gli attori che incidono sullo scenario locale e non solo, con riferimento alle dinamiche e alle dimensioni della crescita socio-culturale del nostro territorio.

            Nello specifico, Cinzia de Rocco, a tutti gli effetti può oramai essere considerata uno dei motori strutturali di cui dispone Casarano, per promuovere cultura, nella soluzione moderna fatta anche di mondanità e intrattenimento. All’osservatore esterno, appare chiaro che Casarano, negli ultimi due, tre anni, tramite l’azione di Cinzia De Rocco, il suo entusiasmo, la sua passione, il suo vigore e soprattutto la sua resistenza, comincia a far sentire chiara “la sua voce” sul piano culturale e artistico stricto sensu nel più ampio contesto salentino e non solo, ché, invece, nei due decenni precedenti è apparsa incerta e che non riusciva ad emergere dal complesso fermento, che caratterizzava molti centri dell’arco ionico della provincia di Lecce, in relazione al sistema dell’arte, dello spettacolo e della cultura; e più in generale da quello globale salentino, che da diversi lustri si mostra centrale per l’intera società del leccese.

            Dall’altra, troviamo la Dalla Valle, donna e artista, che ancor prima di essere personaggio di calibro nazione nel mondo dell’arte musiva soprattutto, è donna di cultura, la cui sintesi può intravedersi nella sua apertura al dialogo. In tale direzione, la dice lunga l’allestimento della sua personale avviatasi ieri sera. Al di là di due opere di medio formato, il complesso musivo proposto dalla Dalla Valle era composto da piccole opere, forse 25x25 cm. Miniature che se sulle prime hanno spiazzato l’osservatore, in un secondo momento, magicamente lo hanno condotto a soffermarsi con grande attenzione, avviandolo così alla scoperta, alla ricerca, all’avventura nel Mondo e nella Arte della Dalla Valle.

            Un allestimento e una scelta delle opere che rappresentano perfettamente le peculiarità della nostra artista, che tramite l’arte musiva, questa volta, rimane in ogni caso Maestra di dialogo e nel dialogo. E proprio per tutto questo, è donna che non impone e non propone, ma invita con garbo e raffinatezza, in maniera accomodante e serena, alla conoscenza dell’arte musiva, e dell’arte in genere, ma anche delle sue prospettive esistenziali, che insufflano tutta la sua opera.

            Ecco, se gli scozzesi usano parlare di “colpi di cannone”, le piccole opere della nostra Patrizia possono tranquillamente essere definite “colpi d’Arte” che contundenti, incidono a più livelli, sull’osservatore. In altra prospettiva, le miniature di Patrizia sono delle porte, che senza intimorire “il viandante dell’Arte”, invitano all'accesso in un Mondo complesso, ricco, spesso esclusivo e d’élite, dove la Dalla Valle ne è sicuramente una sapiente guida e accompagnatrice, capace di illustrarne gli addendi, ma soprattutto stimolare la curiosità del suo interlocutore, col quale quasi sempre intraprende un viaggio dialogico.

            All’interno di questo quadro, di grande efficacia si è posta la presentazione delle opere della nostra artista, da parte dell’archeologo Basel Sai, che più che porsi sul piano critico, ha offerto agli astanti una serie di elementi storico-descrittivi, che hanno dato una tavolozza di elementi per avviarsi nel Mondo dell’Arte Musiva e nella dimensione di Patrizia, che ravennate, trova le sue origini in un luogo di primo piano, a livello nazionale ed internazionale, per le produzioni di mosaici, ieri come oggi.

            Uno mostra importante e forse insolita per il nostro territorio, quella proposta dalla nostra Cinzia De Rocco, che in qualche modo ha voluto porre l’accento su una delle produzioni artistiche più complesse. La provincia di Lecce in tale direzione, ha una ricca storia, di cui il mosaico di Pantaleone nella cattedrale di Otranto ne è l’emblema e l’orgoglio, essendo opera conosciuta in tutta Europa dal ‘400 in poi e meta “obbligatoria” in Italia per i grandtouristi che, nei secoli scorsi, venivano dall’Inghilterra, dalla Germania e dalla Francia, dalla Russia…

         Un’arte, quella musiva, che tuttavia oggi nel Salento trova poca applicazione, sebbene questa Terra abbia alcuni esponenti di primo piano come il M° Salvatore Torretti di Melpignano.

            Nel complesso, tuttavia, quella musiva qui da Noi, è arte poco conosciuta e praticata, dove di certo Cinzia De Rocco, affiancandosi e, allo stesso tempo, appoggiandosi a Patrizia Dalla Valle e alla sua lunga esperienza in tale ambito, ieri sera ha dato un colpo robusto al Sistema locale dell’Arte, sperando che ciò non rimanga fatto isolato ed episodico.

            Per concludere, le immagini qui proposte dell’evento, sono state realizzate più che nella prospettiva descrittiva, in quella evocativa, che forse meglio restituiscono le atmosfere e i respiri di quei frangenti che hanno caratterizzato Palazzo d’Aquino.

 

Mauro Ragosta

 

 

domenica 17 settembre 2023

Post Evento n°20 – Diletti, cultura e intrattenimento per "l’ottantesimo" di Anna Misurale – di Mauro Ragosta

 

            Non molte sono le funzioni della nostra rivista, Maison Ragosta. Tra queste, di sicuro, una di quelle centrali e fondanti è quella di osservare e prendere appunti sulle dinamiche e sui fatti che caratterizzano fortemente il mondo della cultura, dello spettacolo e dell’arte dell’area salentina. All’interno di questo perimetro non poteva mancare la Grande Festa presso La Serrezzula in occasione dell’Ottantesimo di Anna Misurale. A tal proposito, noto è il contributo di Anna allo sviluppo a cui stiamo assistendo negli ultimi due, tre anni del Sistema Cultura della nostra Terra.

            Villa Misurale, nei pressi di Magliano, deve considerarsi, infatti, uno dei contenitori storici, che ha accolto e promosso centinaia di operatori culturali, tra poeti, scrittori, artisti, giornalisti, attori, registi del nostro territorio, pur non mancando una componente di carattere nazionale ed internazionale. Un contenitore fortemente voluto da Anna Misurale, nei primissimi anni del 2000, e al quale è stato dato vita, dal 2008 sino ad oggi, anche con i contributi di Salvatore Luperto e di Anna Panareo, noti critici d’arte e significativi operatori culturali salentini.

            Un Festa che, dunque, non poteva che essere anche all’insegna della cultura, essendo questa, peraltro e in molte delle sue partizioni, come è noto, motivo di vita e file rouge dell’intera esistenza di Anna Misurale. E ciò a tal punto che Anna, docente di lettere e accanita lettrice, ha studiato in maniera approfondita, la lingua inglese, quella francese e lo spagnolo per poter leggere alcune opere nella loro formulazione originaria, ovvero in lingua madre.

E non è un caso che l’intera organizzazione dell’evento-avvenimento sia stata affidata a Salento d’Esportazione, di cui Maison Ragosta ne è uno dei marchi e area operativa, perché Anna ha voluto dare ai festeggiamenti per il suo Ottantesimo compleanno un taglio ovviamente culturale, ma che allo stesso tempo fosse fortemente innovativo. Salento d‘Esportazione, in effetti, nella sua mission ha come motivo principale quello di introdurre nel Sistema dell’Arte, dello Spettacolo e della Cultura leccese elementi di rottura capaci di generare un incedere nuovo o rinnovato e da qui favorirne lo sviluppo.

            In tale cornice, tra gli oltre 140 invitati, forti erano le componenti non solo della borghesia leccese, ma anche e soprattutto degli attori culturali salentini, non mancando una significativa presenza di accademici. Una Festa, insomma, che ha avuto un’ampia risonanza non solo a Lecce e dintorni.

            Per quest’occasione, Villa Misurale è stata utilizzata in molti suoi spazi, che hanno accolto i quattro momenti in cui era ripartita la Grande Festa. Sicché dopo i convenevoli di benvenuto con gli invitati, accompagnati anche dalla degustazione di un pregiato prosecco, il primo momento del festeggiamento si è svolto nel grande viale delle rose di Villa Misurale ed è stato dedicato alla cultura stricto sensu. In questo frangente, preziosi sono stati i contributi di Giuseppe Greco, Salvatore Luperto e Salvatore Cosentino, preceduti da un breve e simpatico omaggio poetico di Rossella Maggio. Poesia, arte e teatro hanno caratterizzato, dunque, l’abbrivo di questa Grande Festa.

            Il secondo momento si è svolto a bordo piscina, organizzato in maniera tale da calibrare non solo la possibilità di degustare non poche prelibatezze salentine, ma anche di dare l’occasione di favorire la componente relazionale e sociale. In sintesi, si è organizzato questo spazio per una “apericena sociabile…” Un momento, questo che è stato fatto sfumare nella terza e quarta parte, dove, sull’aia arredata di alcuni quadri di Arnaldo Miccoli, si è esibita la bravissima Ivana Coluccia, cantante di provata esperienza, mentre nel boschetto adiacente, si è creato un angolo per la degustazione dei cocktail. 

            La serata si è conclusa con il taglio torta, che è stato solo simbolico. Per l’occasione è stata prodotta, infatti, una piccola torta. Un momento preceduto dalla lettura di una poesia specificatamente composta per quest’occasione da Giancarlo Serafino.

            Un festeggiamento per molti aspetti volutamente insolito, sia nel ritmo, sia nella partizione delle varie componenti, ma anche in molti elementi strutturali, e che per tutto questo ha mantenuto alta la partecipazione degli invitati, consentendo ad Anna non solo di onorare i suoi invitati, ma anche di godere di una festa briosa, consolidando così, anche in quest’occasione, la sua posizione e il suo contributo alla cultura della sua Terra.

 

Mauro Ragosta

domenica 27 agosto 2023

Maison Ragosta Spazio Live (n°05) - Anna Misurale

 


        Eccoci ad un nuovo appuntamento con Maison Ragosta Spazio Live. Nostra ospite, questa volta, è Anna Misurale, noto operatore culturale leccese, che da oltre un ventennio mette a disposizione di artisti, letterati, poeti e uomini di cultura in genere, la sua Villa di Magliano, “La Serrezzula”, per serate ed incontri volti a illustrare in tale direzione la produzione non solo leccese, ma anche nazionale ed internazionale. Qui a lei un grande omaggio da parte di tutta la redazione di Maison Ragosta in occasione del suo ottantesimo compleanno, che tra qualche giorno verrà festeggiato. Qui di seguito il link dell’intervista alla nostra Anna, che come al solito, Noi di Maison Ragosta amiamo produrre in maniera che abbia risalto sempre l’elemento umano rispetto a quello tecnologico e tecnico:

https://www.youtube.com/watch?v=KdNb5lZ7U8Y

https://youtu.be/KdNb5lZ7U8Y 

 Si può utilizzare uno o l'altro link

 Mauro Ragosta

 

  

sabato 27 maggio 2023

Collaborare con Maison Ragosta a partire da settembre 2023

 

        Con la presente comunicazione si informa, a chi fosse interessato, che Maison Ragosta -rivista on line di cultura e intrattenimento, attiva da gennaio 2019- valuta candidature per la selezione di un collaboratore da inserire nel proprio gruppo di lavoro, a partire dal 1° settembre 2023, per la gestione, inizialmente, di una rubrica da concordarsi.

       Si precisa che, per i candidati saranno indispensabili una buona conoscenza della lingua italiana, una soddisfacente cultura interdisciplinare e una significativa propensione alla ricerca, nell’ambito delle scienze “molli”. 

      Per la selezione non avranno valore determinante né i titoli di studio né i titoli accademici e neppure il curriculum, attinente agli studi e ai pregressi professionali, di lavoro e letterari, ma solo alla capacità di sviluppare ed elaborare un testo con caratteristiche superiori a quelle che si ottengono con Chat GPT, ovvero tramite l’uso dell’Intelligenza Artificiale. Particolarmente graditi saranno i candidati di età compresa tra 20 e massimo 30 anni o tra 50 e massimo 65 anni, residenti in provincia di Lecce o in provincia di Brindisi. 

       I candidati, inoltre, dovranno essere disponibili a frequentare, con precisione e puntualità, un corso specializzato e personalizzato, che insisterà su temi di stile e politica della comunicazione, attraverso alcune full immersion (minimo 2, massimo 4) le quali verranno sviluppate nell’arco di 50 giorni e che, ad ogni modo, non si protrarranno oltre il 30 ottobre 2023.

Tuttavia, per chi non avesse abilità tali da redigere un testo con qualità superiore ottenibile con Chat GPT, è ugualmente possibile un inserimento, ma con procedure formative ovviamente più lunghe e sicuramente da concordarsi.

       A tal proposito, gli interessati possono utilizzare il canale comunicativo che reputano più adeguato per le procedure di primo contatto, tenendo in considerazione anche dell’opportunità di poter ricorrere ad un approccio telefonico, utilizzando -preferibilmente dalle ore 10:00 alle ore 12:00 e dal lunedì al venerdì- il seguente recapito: 340-5230725.

 

Mauro Ragosta

 

martedì 2 maggio 2023

Recensione n°23: Calepino, il bel volume targato Luciano Campobasso – di Mauro Ragosta

 

            È d’obbligo per Maison Ragosta recensire il bel volume di Luciano Campobasso, dal titolo “Calepino, per lo spirito e per l’anima” edito durante lo scorso gennaio da Salento d’Esportazione. Un volume che sin dalle prime battute ha riscosso un successo di sicuro significato presso un pubblico eterogeneo sia per età sia per livello culturale e sociale. Molti lettori, della proposta -la prima per voler essere precisi- del nostro Luciano, a distanza di oltre quattro mesi dalla sua “uscita”, continuano a consultare Calepino, andando dalla prima all’ultima pagina e dall’ultima alla prima, in una sorta di passeggiata culturale e intellettuale, che pare offra, ogni volta, non solo nuovi e rinnovati spunti di riflessione, da un lato, ma anche, dall’altro, conforto e conforti delle più svariate specie, da quelli più spiccatamente esistenziali e filosofici, a quelli più marcatamente intellettuali, ideologici e politici, per giungere a quelli necessari ad un’azione pratica nonché per approdare anche ad un pensiero se non preciso quanto meno attendibile.

             Ma in cosa consiste Calepino? Che cos’è Calepino per lo spirito e per l’anima? Si tratta semplicemente di una raccolta di aforismi, realizzata da Campobasso nel corso di un trentennio, leggendo soprattutto la pagina culturale de Il Sole 24 Ore. Ovvio che siamo in presenza di una selezione, che a parere di chi scrive, si pone come crogiolo di sapienze e sapienza. Una sorta di agar nutritizio, nel quale l’anima del lettore trova riposo, ristoro …e anche risposte …tante risposte.

            Solo l’anno scorso Luciano ha deciso di dare alle stampe la sua selezione di aforismi, motti, proverbi e non solo per condividere la sua passione di “ricercatore di Cultura”, ma anche per dare a questa un ordine, una sistemazione più stringente. Va da sé che la tavolozza delle motivazioni alla pubblicazione non si esaurisce qui! Con Calepino il nostro ha voluto fare un regalo ai suoi nipoti e discendenti. E tuttavia, forse, il motivo che potrebbe essere considerato tra i più rilevanti va intercettato nella cultura dell’accoglienza di Luciano. Nella buona sostanza, il nostro ha voluto aprire ad amici, conoscenti e curiosi, il proprio Mondo Culturale e Intellettuale. Calepino è, insomma, il “salotto” di casa Campobasso, dove il padrone ha il piacere di far accomodare i suoi ospiti, di rendere partecipe i suoi lettori-ospiti dei suoi gusti, dei suoi pezzi preziosi della sua casa. Calepino dunque è il luogo e allo stesso tempo è il gesto dell’accoglienza per eccellenza da parte di Luciano, uomo mite, ma anche dotato di grande vigore e forte spirito decisionale.

            Gli aforismi, i motti, i proverbi, alcuni stralci di grandi discorsi e riflessioni di uomini di lettere, filosofi, politici e scienziati di tutti i tempi e di ogni parte del Mondo, sono catalogati in Calepino per macro-argomenti di interesse universale. E così è possibile trovare nel bel volume di Luciano, grappoli nutriti e paradossalmente snelli di aforismi sull’amore, sul benessere, sulla felicità, sul silenzio, sul tempo …che fugge, sulla semplicità e …sulla complicazione, sulla vecchiaia, sulla politica, sulla ricchezza…sulla religione. Insomma, un “aforismare” e motteggiare del nostro Luciano per tutti i gusti e per tutte le necessità, per sciogliere molti dubbi e risposte “difficili” …per divertirsi con lo spirito e con l’animo assieme a lui e ai grandi autori di tutti i tempi.

            Una bella idea quella di Luciano Campobasso, che si materializza in un volume di pregio anche sotto il profilo grafico e tipografico, dotato anche di segnalibro dedicato. Un prodotto editoriale, insomma, curato e che dà una buona soddisfazione al lettore per il sol fatto di maneggiarlo, preludio necessario per intrattenersi e calarsi nelle sue pagine sempre accattivanti, stuzzicanti, vive, dove “…una tira l’altra!!!”

            Un prodotto inusitato quello del nostro Luciano, noto a Lecce per aver svolto da sempre l’attività di commercialista e per un tratto importante della sua esistenza esser stato titolare dell’omonimo e storico negozio di abbigliamento maschile sito in piazza Sant’Oronzo a Lecce nonché concessionario dell’Alfa Romeo di Brindisi. D’altro canto egli oggi da pensionato ha pensato bene di ri-posare, dacché era ovvio che si rigenerasse in questa sua nuova e assieme antica attività e passione, che noi tutti gli auguriamo possa caratterizzare un altro lungo tratto della sua Vita, di cui Calepino rappresenta solo il primo  e felice passo.

 

Mauro Ragosta