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mercoledì 26 agosto 2020

Pensatori Contemporanei (parte quinta): Zygmunt Bauman – di Grazia Renis e Mauro Ragosta


È con la breve disanima del pensiero di Zygmunt Bauman, che termina la prima sezione della rubrica i Pensatori Contemporanei di Maison Ragosta, la quale ha avuto come file ruoge il relativismo. Questa prima fase termina proprio con Zygmunt Bauman, il quale, in buona sostanza, prende atto degli effetti dell’affermarsi del conglomerato di proposizioni legate a questo tipo di costruzione filosofica, alla quale si sono connesse quelle sociologica, economica, storica, ma anche psicologica, fino a quelle matematiche e fisiche, del pensiero legato al “…fate, pensate e dite quello che volete…” in cui si sostanzia il relativismo. Zygmunt Bauman, sociologo polacco, in effetti, ha lavorato il pensiero imperante, quello relativo appunto, scattando una fotografia della nostra società, risultato di tale pensiero e coniando il concetto “società liquida”. Con Bauman si aprono così scenari, anche di consapevolezza, importanti, disquisendo proprio sulle modalità in cui l’uomo oggi si pone rispetto ai rapporti umani e al benessere materiale.
Ma, prima di focalizzarci sulle osservazioni di Zygmunt Bauman,  vale la pena soffermarsi sui tratti salenti della sua esistenza. Nato da genitori ebrei non praticanti, a Poznan (Polonia) nel 1925. Giovanissimo scelse come fede politica il comunismo. Sicché, appena diciottenne si mise a sevizio di un’unità militare sovietica, per la precisione il KBW, che aveva lo scopo di combattere l’anticomunismo. Dopo la guerra, iniziò a studiare sociologia all’Università di Varsavia, ove, dopo una breve permanenza di studio in Inghilterra, presso la London School of Economics, rimase fino al 1968.  Maxisiano convinto, successivamente si avvicinò al pensiero di Gramsci e Simmel.
Proprio nel 1968, nel marzo infatti, il ministro Mieczyslaw Moczar scatenò una dura campagna antisemita, culminata in una vera e propria “purga” dagli ebrei, che non consentì a Bauman di candidarsi a leader del Partito polacco dei Lavoratori Uniti e fece perdere al contempo la sua cattedra all’Università di Varsavia.
Colpito dall’epurazione, Bauman riparò in Israele, dove ottenne di insegnare presso l’università di Tel Aviv, in seguito, si traferì in Inghilterra, presso l’università di Leeds, fino alla sua morte, avvenuta nel 2017.


Bauman è stato, forse, il pensatore che meglio ha interpretato il caos che ci circonda e il disorientamento in cui viviamo. Il suo pensiero si inerpica esperendo quelle ambiguità, contraddizioni e inquietudine in cui è immerso l’uomo post-moderno ed individua un esercito di consumatori di feticci, che fanno di tutto per “assomigliare l’uno con l’altro”. Risultato ultimo, questo, del cosiddetto “pensiero debole”, il relativismo appunto, che ha condotto a quella che lui definisce Società Liquida per indicare uno stato di cose che sfugge all'uomo contemporaneo, il quale conduce ad una vistosa perdita di identità.  Una società che vuole quest'uomo-consumatore avvezzo, infatti, al consumo e non alla ricerca di sé stesso: “consumo ergo sum” è il diktat che ne proviene da questa analisi. Un consumo che si sviluppa in tutti gli aspetti della vita dell’Uomo. E così si consumano rapporti umani, si dissipano patrimoni, in una prospettiva dell’effimero, dove la centralità non è più l'uomo in quanto tale, ma l’essere ingranaggio di un sistema dove la produzione è fine a se stessa, la quale necessita di un corrispettivo consumo, che non ha un senso ben preciso, risolvendosi, quasi esclusivamente, in un evento emotivo. Da qui, un individuo incapace di costruire e che viene trasformato o si trasforma in un ente Liquido, se non proprio “aeriforme”
In altre parole, quando si lascia l’uomo in uno spazio non definito, dove può fare quello che vuole, può pensare quello che vuole, andare dove vuole, dire quello che vuole, dove il tutto si basa sulle emozioni, si ha una perdita di identità, che può essere ricercata, ma vanamente e disperatamente, solo col consumo del bene-feticcio.
In questa perdita di identità l’uomo diventa autistico e non riesce più a comunicare. Da qui il disagio, l’inafferrabilità di tutti i rapporti, che diventano fonte più di stress ed ansia, che di vero piacere e momento di aggregazione. Il relativismo, in tale prospettiva ed in buona sostanza, ha condotto al paradosso della libertà, sortendo effetti contrari alla libertà stessa. 

Bauman, così, punta i riflettori su una società che si basa esclusivamente sul profitto, fine a se stesso e senza senso appunto, che si traduce, poi, in questo concetto di umanità liquidità, incapace di stabilire dei confini per sé stesso e per gli altri. Tutto, dunque, viene lasciato al discernimento dell’emozione, dove l'uomo post-moderno si liquidifica, perché in balia di un oceano emotivo appunto, che prima o poi lo travolgerà drammaticamente. 

Grazia Renis-Mauro Ragosta
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