Draghi, sì? Draghi, no? Il vero quesito di fondo, però, è se cambierà qualcosa! E se qualcosa cambierà, che cosa cambierà? Dopo un anno di crisi, questa Grande Crisi, una novità significativa e rilevante è emersa, e che forse nessuno s’aspettava, nessuno poteva immaginare, se non i pochi addetti alle Grandi Manovre. Ma procediamo con ordine.
Sono più di trent’anni che ci si adopera per la creazione di uno Stato Snello, per lo smantellamento del socialismo all’italiana e del welfare state dunque. Come più volte si è messo in luce in questa rivista, affinché tale processo -avviatosi con la Seconda Repubblica attraverso lo smantellamento dell’IRI, dello Statuto dei Lavoratori e le dismissioni delle funzioni monetarie dello Stato- riuscisse a trovare un suo completamento o una sua compiutezza a partire dal 2005, si sono presentate necessarie lo smantellamento della Sanità di Stato e dell’Istruzione di Stato. Con riferimento alla prima area di intervento, molti sono stati i risultati raggiunti. A ciò basti pensare che oggi più del 50% degli ospedali in Italia non è pubblico. Vi è stato un avanzamento veloce del privato, dunque, e da qui un processo di efficentamento importante, il quale viene messo in luce dalla circostanza che il numero di medici e operatori sanitari impegnati nel settore si è ridotto, sebbene in misura non rilevante, a partire dal 2010. L’economia-Covid è stata necessaria, poi, affinché si accelerasse in maniera importante questo processo di smantellamento. Con le urgenze e le emergenze del covid-affaire, l’utenza, infatti, si è depistata, dirottata, riorientata verso strutture private, che hanno registrato, in questo anno, un grandissimo sviluppo. Una tendenza questa, qui appena tracciata, a cui di certo Draghi darà un ulteriore contributo, ovviamente nel solco delle politiche attuate negli ultimi vent’anni.
Sul fronte dell’Istruzione di Stato, l’emergenza covid ne ha segnato la svolta finalmente significativa e forse definitiva, proprio con l’introduzione della didattica a distanza, preambolo questo necessario per lo sviluppo a venire. Lo step successivo porterà, infatti, alla maggiore efficienza di tutte le strutture e ad un rilevante aumento della produttività degli addetti, tramite l’abbattimento di molte voci di costo, sulle quali è qui inutile intrattenersi.
In tutto questo, non verrà interrotto il necessario processo di indebitamento dello Stato!!! Ecco, anche qui non si modificherà alcunché, anzi si accentueranno le politiche passate.
Ma veniamo alla novità, quella vera. Come tutti potranno facilmente desumere, il processo di sviluppo socio-economico italiano, a partire dagli anni ’30 del Novecento e con l’accelerazione degli anni ‘50, ha visto trasformare il bracciante, prima in operaio, poi in impiegato e docente, poi in manager. In altre parole, negli ultimi novanta anni la popolazione si è spostata dai settori “meno evoluti” a quelli “più evoluti”. Il tutto attraverso un mix di piccole e grandi imprese nonché il contributo, importante, dello Stato, che si è centrato sulle politiche di welfare. Negli ultimi vent’anni, la popolazione progressivamente si è ulteriormente spostata in settori quali quello turistico e dell’accoglienza, dell’Arte, lo Spettacolo e la Cultura, della ristorazione e dei bar, delle produzioni luxury. Un flusso sempre più importante di addetti e di piccoli imprenditori sono entrati in questi comparti d’attività, che oggi risultano i più colpiti dal covid-affaire, con conseguenze a volte drammatiche.
E proprio con riferimento a questo gruppo di attività, l’economia-covid ha innescato un significativo processo purgativo, che sta portando alla scrematura di tutte quelle iniziative più deboli, sia negli aspetti finanziari sia negli aspetti più strettamente economico-produttivi. Insomma, l’emergenza ha posto le basi per un efficentamento di queste attività, permettendo solo alle migliori di rimanere in vita. Condizione questa per un solido sviluppo futuro. Fino ad oggi, infatti, tali rami di attività sono stati oltremodo “traballanti”, hanno vissuto di troppe incertezze e troppo poca professionalità. Settori nei quali sovente ha regnato e regna ancora l’improvvisazione, la gestione d’avventura. Motivi per i quali questi non possono garantire una funzione sociale pregnante e fondante per l’Italia. Ed invece, l’economia-covid sta purificando tali settori affinché possano garantire uno sviluppo futuro soddisfacente, dovendo accogliere in esso tutta la popolazione espulsa dai settori più tradizionali, con una robotizzazione sempre più spinta. Settori che, secondo stime pessimistiche, dovrebbero raggruppare, nel breve volgere di un ventennio, più del 50% dei cittadini abili al lavoro, ovvero quelli espulsi dall’industria, dal sistema bancario e finanziario, dall’università e dalla scuola, dal commercio e dall’edilizia, dalla sanità.
Ed ancora ed al riguardo, molte imprese, proprio con riferimento a tali settori, ultimamente stanno cominciando a registrare livelli di indebitamento molto alti. Ciò ovviamente non è il preludio al loro fallimento, ma ad una condizione di maggior controllo ed orientamento da parte di Enti, che ne garantiranno la loro effettiva funzionalità sociale, sia negli aspetti individuali sia a livello sistemico.
In conclusione, la nostra società, proprio in questi ultimi mesi, sta registrando un mutamento radicale, forse epocale, e ci si chiede se la sua architettura, basata sulle logiche del consumismo, verrà smontata e messa da parte e da qui verrà abbattuta anche la classe media. Quesiti a cui cercheremo di dare prossimamente delle risposte.
Mauro Ragosta
https://youtu.be/t1mKnYGyVC8
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