HOME PAGE

lunedì 6 settembre 2021

Stile & Buongusto (parte undicesima): L’anticamera – di Mauro Ragosta


     Molti sono i motivi per cui credere che il lettore di Maison Ragosta rimanga sorpreso nell’apprendere l’oggetto dell’undicesima parte della rubrica Stile & Buongusto. L’anticamera pare oggi non solo un termine desueto, fuori moda, ma anche una struttura abitativa, un elemento della casa, magari la propria, non consona alle mode di questo tempo, un tempo, quale appunto il nostro, dove qualsiasi sosta pare essere un disvalore, ed anche di rilievo: sembra vietato fermarsi se non durante le ferie e il week end, da trascorrere ovviamente in movimento per andare di qui e di lì alla ricerca dell’agognato e forse mai guadagnato relax.

Forse si esagera, ma pochi sono coloro a parlare ed elogiare l’attesa, la lentezza e qualsiasi rallentamento. Anche i Media, quando illustrano e rappresentano i coffee break tutto è molto veloce, dinamico: oggi, l’unica lentezza consentita sembra essere quella connessa alla lettura, che di per sé deve essere velocissima, data la mole di libri prodotti dall’industria del libro: in Italia nell’ultimo lustro siamo di poco sotto gli 80.000 titoli all’anno editati.

            Velocità, solerzia, rapidità, dunque, i dictat dei nostri tempi, del Nostro Tempo! …da compensare poi con qualche Spa, che più che un piacere appare come una necessaria medicina, una cura indispensabile, pena l’insorgere di qualche disturbo, e non solo psichico… Ad ogni modo, corriamo e consumiamo, poi si vedrà!!!

            Preambolo a parte, forse un po’ provocatorio, non è né gradevole a vedersi né piacevole essere sempre in affanno e con un sorriso “stampato in faccia”. Una persona in affanno e sempre sorridente è decisamente fuori da qualsiasi regola di stile e soprattutto di buongusto. E giocando al raddoppio, vanno guardate con sospetto tutte quelle strutture culturali, fisiche e valoriali, che impediscono all’individuo una adeguata e dignitosa sosta tra un’attività e l’altra della sua esistenza. L’assenza di tali strutture, infatti, quelle intermedie appunto, impediscono, in termini molto pratici, di essere presenti a sé e agli altri, se non in una soluzione confusa, assente, dis-tratta. Insomma, fuori contesto!!!

            L’assenza di una “stanza di compensazione” tra i vari ambiti della propria vita, anche quotidiana, non solo impedisce un’azione efficace ed efficiente, pregnante, ma non è garanzia del proprio pensare ed agire nei confronti del prossimo, dell’interlocutore. Sotto altra prospettiva, ogni attività, almeno rispetto a quelle significative, richiede una preparazione, che in linea generale si sostanzia nel perdere le problematiche, l’incedere, il carico della dimensione dalla quale si esce e nel predisporsi a quelle che si sta per affrontare.

            In tale quadro si colloca l’Anticamera, quale struttura fisica, ma anche esistenziale. Sotto il profilo abitativo, il Mondo ha deciso che bisogna essere veloci, rapidi, e non solo, ma anche efficienti, e non solo in ambito sociale, stricto sensu, ma anche nel luogo a noi più caro. Sicché le abitazioni di oggi sono sprovviste di anticamera e tutto avviene nel cosiddetto open space, come una volta nelle case dei contadini: un unico ambiente, nel quale si accede dalla porta d’ingresso, dove si dorme, pranza, studia. A differenza di allora, l’ambiente è meno rozzo e mancano gli animali, quali asini, pecore e cavalli. In compenso ci sono i gatti e i cani. Ma va bene, ugualmente...

            Non c’è bisogno di una determinazione statistica per accorgersi che le case dotate di un’anticamera, ovvero quella camera in cui ci si distrae dal mondo dal quale si proviene e ci si prepara per quello nel quale si sta per fare esperienza, sono veramente poche. Spesso, peraltro, le anticamere sono mal curate e di scarso significato. Sicché solo in rari casi, quando si entra in una casa vera, si viene accolti in un ambiente che prepara a viverla in pienezza. Eh sì, perché le case vere, che non è detto che siano quelle lussuose o di gente ricca e benestante, sono strutture che rappresentano fortemente chi vi abita, e sono architettate in maniera tale da comunicare chi si è, come si considera l’ospite, cosa si gradisce da costui, cosa gli viene offerto, e via dicendo. Al di fuori di tale ipotesi, siamo in ambienti che non vanno al di là del funzionale o tesi ad ostentare magari ricchezza o cultura, ma mai tesi a narrare il proprietario o i proprietari. 

        Negli anni ’80, ad esempio, spesso si acquistavano le enciclopedie quali componenti e complementi d’arredamento. E a volte i più furbi, si procuravano quelle false, fatte solo dalle copertine, mentre dentro vi era del polistirolo al posto delle pagine. In altra prospettiva, negli anni ’90 cominciarono ad apparire in televisione e nelle riviste d’arredamento gli open space ricavati da vecchie fabbriche dismesse. Ambienti privi di qualsiasi riservatezza, senza difese dunque, e che si mostravano come ambienti desiderabili ed evoluti. E in qualche modo vanno bene per il popolo, che vive tecnicamente senza alcun segreto, immacolato, il quale sempre adempie alla regola tel quel: quello che si vede quello è, non essendoci dell’altro, appunto.

             Chi ha stile comprende bene che esistono le differenze individuali e sociali, le quali vanno mediate e somministrate, almeno le proprie, con grande accortezza e prudenza, talché attrezza sempre nella propria abitazione un ambiente, l’anticamera appunto, che prepara e predispone “al diverso”, e allo stesso tempo, al nuovo, che non possono essere compresi e acquisiti in maniera automatica, senza un buon livello di attenzione, favorito appunto da un ambiente di preparazione.

            Anche questa volta Maison Ragosta ha posto degli spunti di riflessione, che si spera invitino ad un percorso di approfondimento e di ricerca più soddisfacente, esaustivo e di certo più confacente ai propri interessi e alle proprie necessità conoscitive ed esistenziali. Sicché molto altro si può argomentare sull’anticamera e non solo nella prospettiva abitativa, ma anche in ambito esistenziale, dove quest’ultimo richiede soprattutto oggi, Tempo della Confusione e del Disorientamento, una necessaria attenzione e applicazione, se non proprio un robusto sviluppo.

 

Mauro Ragosta

 

Nota: chi è interessato alla produzione di saggi di Mauro Ragosta, può cliccare qui di seguito per le principali delucidazioni:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q 

 

2 commenti:

  1. caro Mauro, ho letto tutto d'un fiato il tuo scritto e...mi è piaciuto tantissimo. Il parallelismo tra l'anticamera di una casa e la nostra necessità di riprendere fiato in questo mondo fast è azzeccata: la mancanza di una camera di compensazione nella quale comprendere anche il confine tra la vita pubblica e quella privata crea spesso alterazioni...ne sono esempio i selfies. Ci si mostra troppo a danno della sacralità della nostra persona. E poi mi piace la riflessione sulla casa che, dal mio punto di vista, deve raccontare di noi: chi entra a casa mia dice spesso di riconoscermi nella disposizione dei mobili, nell'accostamento dei colori, nel tipo di oggetti in essa presenti.�� e riconosco, anche archettonicamente parlando, il valore dell'anticamera, quel vedo non vedo che sembra passato di moda anche nelle relazioni tra uomo e donna

    RispondiElimina
  2. Carissima Monia, grazie per le tue considerazioni, che trovo significative e non solo, ponendosi, infatti, a ricco complemento di quanto ho voluto mettere in luce. Questo andare nella stessa direzione mi lusinga...Grazie

    RispondiElimina