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mercoledì 12 ottobre 2022

Saper Fotografare (parte dodicesima): il ritratto – di Mauro Ragosta

 


           Un “clauster” nell’arte della fotografia, ma non solo, è rappresentato dalla ritrattistica, la quale richiede molte abilità e non solo tecniche, ma anche sul piano delle competenze trasversali fino ad arrivare alle metabilità. Si è detto molto sull’arte del fotografare in questa rubrica, con la scusa di affrontarne i suoi vari argomenti e partizioni, ma molto altro v’è da dire e questa volta con la scusa di dare delle “dritte” per la realizzazione di un ritratto, si affronteranno alcuni temi fondamentali.

            Per tenere a mente le più importanti asserzioni formulate fino ad ora, qui ricorderemo che l’arte della fotografia possiamo distinguerla in Arte Bassa e Arte Somma, dove la prima ha come obiettivo principale il riprodurre in maniera quanto più fedele ciò che si vede, mentre la seconda tende ad interpretare quanto si osserva. L’Arte Bassa tende, insomma, a fare una fotocopia perfetta dell’osservato, mentre l’Arte Somma va in profondità e cerca di avvicinarsi alla Realtà con varie tecniche, retoriche e stratagemmi, senza mai riuscirci, ovviamente. Certamente, l’Arte Fotografica Somma di certo riesce a fornire un’immagine molto vicina alla realtà, sia sotto il profilo intellettivo, ma anche sotto quello emotivo. Da qui, va da sé che l’Arte Bassa dipende esclusivamente dalla tecnologia in possesso, l’Arte Somma dipende, invece, dal proprio bagaglio culturale e speculativo.

           Dal punto di vista comunicativo, invece, l’Arte Fotografica si può distinguere tra ciò che si vuol comunicare a sé stessi, ovvero l’arte di prendere appunti a proprio uso esclusivo, oppure ciò che si vuol comunicare agli altri. In molti affermano, in una prospettiva onanistica, che la Cultura come l’Arte non devono avere intenti comunicativi, ma il solo scopo di creare. Ovvio che tali affermazioni sono smentite senza grande difficolta dal dispiegarsi della Realtà stessa e dei fatti. Anche l’art therapy ha forti valenze comunicative…

         Tutto ciò premesso, entriamo nel vivo del tema oggetto del presente “pezzo”. E qui va subito evidenziato, nella prospettiva dell’Arte Fotografica Alta, che ogni primo piano richiede una sua elaborazione, una propria speculazione. E questo perché un primo piano non spiega in toto il soggetto ritratto, ma uno dei suoi aspetti. L’essere umano, a tal riguardo, è come una pietra preziosa, una gemma col taglio brillante. Peraltro, l’essere umano, nonostante gli sviluppi della robotica e dell’intelligenza artificiale, conserva un quoziente molto alto di Mistero. Ne deriva che i volti di un soggetto sono numerosissimi.

            E qui, la prima cosa da fare è capire quali dei tanti aspetti far emergere dal Nostro primo piano. Una volta definito tale obiettivo, si passa alla costruzione dell’immagine. Ora, per la sua realizzazione si può partire da una prima speculazione, che giunge ad una triade di domande da farsi. In genere i fotografi meno esperti mostrano un carattere e un’impostazione dispotici o interagiscono col soggetto da ritrarre lo stretto indispensabile per realizzare lo scatto.

            In un rapporto professionale, il fotografo prima di realizzare un primo piano deve instaurare una vera e propria relazione col soggetto. Deve conoscerlo se non bene, quanto meno a sufficienza e da qui giungere, dopo aver inquadrato che tipo di aspetto far emergere, se questo deve conformarsi a come lo vede il soggetto ritratto o a come lo vede il fotografo ritrattista, oppure ancora a come lo vede il prossimo, magari una cerchia ristretta di persone o anche un vasto pubblico.

            Questo appare un passaggio fondamentale. Spesso il fotografo dà una sua interpretazione del soggetto fotografato, nella quale lo stesso non si ritrova, volendo far emergere di sé magari la sua visione di sé medesimo.

            Ora, al di là delle diverse espressioni da ritrarre, va sottolineato che l’intero ritratto è un complesso simbolico che va costruito con attenzione ed intelligenza. Al riguardo, i primi tre gruppi di simboli attengono al piano delle luci, dei cromatismi e dei simboli stricto sensu.

            A tal riguardo e con riferimento alle luci, sia naturali che artficiali, bisogna tenere sempre presente che un conto è far giungere la luce principale sul volto del soggetto da destra, o da sinistra, o in maniera centrale. E ancora valenza importante ha l’operare anche con una luce posteriore, o con degli spot.

            Con riferimento ai cromatismi, qui oltre a trovare il giusto equilibrio tra i colori messi in campo, bisogna avere chiare le idee sulla valenza concettuale di ciascun colore. E ciò vale anche sugli accessori usati dal soggetto da ritrarre, dove ciascuno deve avere il giusto significato.

            Ma non finisce qui. I ritratti, in linea generale si distinguono in tre categorie o tre tipi di inquadratura: i primi piani più o meno spinti; il mezzo busto; all’americana, ovvero inquadrando tre quarti dell’intera persona, dal ginocchio in su, insomma.

         Tra le varie considerazioni da farsi, nel primo piano, anche spinto, molta attenzione bisogna riporre nella posa del volto e da qui alla posizione degli occhi. Tra i tanti esempi che si possono fare è quello dello sguardo di traverso, che può essere fatto con l’occhio destro o sinistro. Ovviamente, privilegiare uno o l’altro ha valenza diversa.

        E seguendo, nel mezzo busto e nell’inquadratura all’americana, molta attenzione va fatta alla gestualità. Qui bisogna sapere il valore di tutti i gesti, o della maggior parte di questi. Con riferimento allo sfondo, anche qui, ogni sfondo ha significati precisi e che magari si amplificano o si annullano con altre componenti dell’inquadratura.

           Per finire, un cenno merita l’angolo di ripresa, che come è ovvio può essere dall’alto, dal basso e in linea. Anche qui i significati variano e sono tutti diversi.

           Come al solito, Maison Ragosta non offre disamine specifiche ed analitiche, ma una serie di spunti di riflessione e utili sintesi per i suoi lettori, che, sempre molto esigenti, pare gradiscano questo tipo di impostazione. Così, nell’augurarci di aver colto ancora una volta nel segno, ci riaggiorniamo al prossimo appuntamento, nel quale ci si intratterrà sul come costruire un book fotografico.

 

mauro ragosta

           

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