Nel precedente articolo di questa rubrica abbiamo
approfondito un concetto particolare di esoterismo: quello connesso alla
disposizione mentale che consente la “pratica” dell’esoterismo. Abbiamo anche
accennato –ma niente di più di un accenno- a quelle che possono essere le svariate
vie che portano al superamento della
soglia di accesso allo stato esoterico: dalla cultura in genere agli studi
particolari –quali matematica o Qabbalah, o I-Ching (in più recenti
sperimentazioni psicoanalitiche)-, dalla presa di coscienza delle proprie
energie fisiche, all’attenzione nel loro uso, dall’analisi sempre più
approfondita del proprio intimo alla scoperta di personalità conviventi, dalla
vita proba a quelle votate, fino alla monastica, e fino alle pratiche orientali.
Questo
aspetto del tema può essere intuitivo e sperimentabile avendo passione per la
ricerca della Conoscenza –taluni direbbero, Gnosi-. Ma un altro aspetto
interessante del tema consiste nella constatazione di vari livelli di sviluppo
della “mente esoterica”. Si tratta di un percorso di lunghezza indefinita: ogni
tappa appare come traguardo, salvo poi, con la pratica di quegli stessi
conseguimenti, scoprire che occorre procedere oltre verso un successivo
traguardo, e così via.
Difficile
classificare i livelli esoterici. Ciascuno può avere i propri; ciascuno ha una
propria struttura e storia: qualcuno consegue facilmente e subito livelli più
elevati, mentre altri necessitano di più tappe e si progredisce chi più, chi
meno. Tuttavia, pur se l’uomo è infinitamente e meravigliosamente vario, è
anche vero, d’altro canto, che i suoi stati sono via via identificabili e
raffrontabili, così che possono trarsene parametri, anche se approssimativi,
con sfumature diverse, e mai esaustivi. Da qui è facile capire che, la serie e
la storia delle correnti esoteriche possono inquadrarsi anche in una
classificazione di livelli: dalla superstizione e all’irrazionalità, alla
ricerca analogica (ad es., tra fenomeni naturali e vicende umane con
l’astrologia); dalla ricerca del sostrato di verità nei dogmi religiosi (vita
monastica, esoterismo delle religioni) ai conseguimenti tramite pratiche di
vita estreme dirette al superamento di limiti umani (come fachiri o yoghi,
monaci buddisti), fino alle vette più elevate della meditazione o del sufismo.
Tutto ciò, soltanto a titolo di limitatissimo esempio.
Ma,
prima di addentrarci in questa disamina, occorre dar conto di un primo
atteggiamento mentale-culturale quasi al confine tra l’essoterico e
l’esoterico, di un essoterismo esoterico: si tratta della scoperta della storia
“dietro le quinte”. Certo, non stiamo parlando di narrazioni alla Dan Brown o
complottiste o di altre fantasticherie, bensì dell’intravedere come i percorsi
storici non sono sempre o soltanto frutto dei movimenti palesi delle civiltà o
di grandi personaggi o di “masse”, ma il risultato organizzato su parametri
diversi da quelli palesi e conosciuti (ad es., ideologie, nazionalismi), o per
scontri apparenti (tra religioni o interessi economici, ecc.) anche questi
apparenti. Questi diversi parametri, che permettono di superare la visione
ordinaria, corrente dipendono da visioni del mondo largamente sconosciute, ma
che pure determinano indirizzi e scelte. Lo studio della “cultura delle classi
dirigenti” è illuminante per comprendere quanto diversi siano i fini, gli
interessi e i metodi che agiscono nella storia, rispetto a quelli narrati dai
libri di storia correnti (M. Zambrano, “Persona e democrazia”, B.Mondadori,
2000; G.E. Valori, “Spiritualità e illuminismo”, Futura ed., 2018).
Ciò
detto, torniamo all’esoterismo “personale”, quello possibile in ciascuno;
ricordando, però, che anche l”essoterismo esoterico” di cui poc’anzi abbiamo
detto, origina negli esoterismi delle persone “dirigenti”. Così, chiunque,
nell’esercizio del pensiero e nel perseguimento di studi come storia,
filosofia, matematica, musica, medicina, chiunque può ottenere un’illuminazione
improvvisa, come una “folgorazione sulla via di Damasco”. Intuire, così, che
oltre la cosiddetta “mente discorsiva” o analitica, esiste la mente come organo
di senso, la quale sperimenta direttamente gli oggetti di conoscenza, siano
essi natura o storia. Non la conoscenza tramite l’analisi, ovvero
l’individuazione e lo studio delle varie componenti della realtà osservata, che
può essere incompleta o errata per alcuni elementi, bensì la visione dell’insieme,
dell’organismo come tale e delle sue ragioni.
D’altra
parte, alpinisti, navigatori solitari, esploratori di nature vergini, quanti
riescono a sostare in silenzio dinanzi ad uno spettacolo di natura, d’improvviso
percepiscono la vita del tutto, l’energia che sottende; e vita ed energia
soggiacenti dimostrano l’esistenza di un senso, che è comune alla natura riflettuta
e al meditante: conoscendo l’oggetto si conosce se stessi. Questa percezione ha
valore incommensurabile in quanto, al di là della via culturale occidentale,
offre una soluzione diretta, benché a-razionale, all’angoscia che attanaglia
l’umanità, specie quella europea. La crisi di questa civiltà consiste
nell’avere constatato che la filosofia raziocinante post-illuministica perviene
ad un punto morto riguardo gli interrogativi sui grandi temi esistenziali umani
(“l’uomo di fronte al suo essere gettato
nel mondo”: Heidegger); siamo annegati nel nichilismo e nel relativismo,
forse questioni destinate al popolo tout
court. L’intuizione della vita della natura, e dell’uomo con essa e in essa,
di ciascun singolo uomo, in quel momento meditante, il cogliere il passaggio
dell’Essere (G.E. Valori, cit.), d’un colpo svela la falsità delle costruzioni
nichiliste, e restituisce dunque senso e valore alle esistenze di ciascuno.
Tutto
ciò è esoterico nel senso che non è teorizzabile o sperimentabile secondo le
tecniche scientifiche moderne. Ma è verificabile da ciascuno in se stesso; e
ciascuno ha un senso della percezione, un sapore -donde, Sapienza- incomunicabili.
A tal riguardo gli psichiatri parlano di “qualia”
(G.M. Edelman, “Sulla materia della mente”, Adelphi, 1995). E infine, il
risultato consiste nella valorizzazione dell’esistenza, nel constatare che non
è vano vivere e operare. Ed ecco che l’angoscia si dissolve e spunta un’intima e
profonda gioia del vivere.
Il
primo passo è compiuto, è stato superato il dogma della superiorità del metodo
raziocinante e si è svelata la mente percettiva. Certo, come già accennato nel
precedente articolo (parte ottava), non si tratta di argomenti che possano
formare oggetto di teorizzazioni. Il loro valore può essere ancora superiore:
la civiltà europea è stanca (C. Bonvecchio: “l’occidente esausto e secolarizzato”, in Introduzione a “Il
paradosso del monoteismo” di H. Corbin, Mimesis, 2011), resa esausta dalle
conclusioni nichiliste e senza speranza dei suoi filosofi. La diffusione tra
gli uomini di un sostrato di nuovo collegamento integrale con la natura e la
storia restituisce senso alle esistenze e slancio operativo, nuova luce alla
nostra civiltà.
Italo Zanchi
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