Come
accennato nei precedenti articoli, l’accesso alla mente esoterica si compie
attraverso vari livelli: dalla prima intuizione dell’esistenza di una modalità
conoscitiva estranea alla modalità logico-discorsiva, alla visione della trama
occulta della realtà sensibile; dalla conquista della facoltà immaginativa che
consente la visione di Verità trascendenti, fino all’ineffabile intellezione.
Il
percorso è noto fin dall’antichità e in maniera filosofico-descrittiva è stato indicato
dai tre grandi della grecità: Socrate, Platone e Aristotele (F. Ferrari, “La
via dell’immortalità – percorsi platonici”, Rosemberg & Sellier, 2019): la
ragione consente il controllo delle influenze derivate dalla dimensione
corporea; la purezza, poi, oltre la dimensione etica, consiste nel
raggiungimento di ciò che è sempre (Platone, “Fedone”); in questa condizione
l’uomo invisibile attinge alle idee intelligibili.
L’Oriente
geografico compie sostanzialmente lo stesso percorso, per giungere ad enucleare
concetti quali Nirvana, Vuoto, Nulla, fine delle reincarnazioni: in tal senso, ha
una visione pessimistica della realtà sensibile, dell’uomo visibile, formato
dai fenomeni spazio-temporali; ragion per cui, il viaggio esoterico conduce
all’abbandono della individualità umana e del mondo: il percorso diviene una
iniziazione ad un livello di assoluto distacco dalla dimensione terrena e di
suprema pace.
Dal canto suo, l’Islam conserva una
valutazione negativa del mondo sensibile, posto che questo si avvia all’eschatòn, alla fine dei tempi. E’ vero
che il fedele -contrariamente alle concezioni filosofico-religiose orientali-
conserva la propria individualità, ma la sua felicità non si consegue in questo
mondo, bensì presso l’ultra-mondo di Allah dopo una vita e una morte sante. Per
inciso, da qui la disponibilità al martirio, sia riguardo la propria stessa
vita, sia nel senso della distruzione di altri esseri umani e cose circostanti,
(G.E. Valori, “Globalizzazione, governance, asimmetria”, Rubbettino, 2018).
La
concezione occidentale è differente.
Intanto, pur esso ha sviluppato
pratiche esoteriche, collegate alla prisca philosophia, cioè a quella
ricerca filosofica che si avvaleva di tutte le modalità e gli oggetti di
conoscenza: modalità intuitive, di ricerca interiore o teosofica, ma anche
sperimentali e di contaminazione tra varie culture (si pensi all’arrivo a
Firenze degli scritti salvati da Costantinopoli dopo la caduta in mano islamica,
o alle culture araba ed ebraica provenienti dalla Spagna medievale). Insomma,
quella ricerca filosofica precedente la rivoluzione logico-razionale
illuministica, la quale ultima, se da un canto ha spazzato via le “superstizioni” che avevano contaminato il
pensiero, dall’altro ha introdotto un dogmatismo metodologico, escludente
quanto non trattabile col raziocinio (la “dea
ragione” della rivoluzione francese).
Contenuti esoterici, quelli originari,
maturati e presenti anche nell’ambito della religione cristiana: proprio perché
diretta a tutte le genti, i contenuti religiosi palesi sono semplici e
semplificati con rappresentazioni anche ingenue e favolistiche. E tuttavia,
resta un nucleo iniziatico, magari conservato dagli ordini monastici i quali
sono meno assillati dalla “amministrazione” della religiosità collettiva propria
del clero secolare. Si sono già ricordate le vie del misticismo (da Caterina da
Siena a Teresa d’Avila), o della pratica esoterica apofatica (Giovanni della
Croce); si aggiunge l’esicasmo dei monaci del Monte Athos per i greco-ortodossi.
Tanto,
però, non conduce ad un’estraneazione dal mondo, bensì ad una diversa visione
del mondo stesso, alla sua trasfigurazione.
L’Essere, essendo eterno, genera gli
enti nell’Eternità, intesa non come un tempo senza limiti, bensì quale dimensione
senza tempo. Pertanto, la generazione degli enti è consustanziale all’Essere
stesso; e gli enti, in tutta la loro gradazione, non costituiscono un accidente
irrilevante; invece, fanno parte della stessa vita, potremmo dire, dell’Essere,
ne sono elementi costitutivi.
Qui si aprono infinite, complessissime e
note questioni: sulla natura degli enti, le loro modalità, la posizione
dell’Uomo, la sua libertà, il male e così via. Le tralasciamo per non deviare dell’oggetto
del nostro discorso –premesso che non c’è l’ardire di ritenere d’essere in
condizione di trattarne-. Resta la splendida constatazione che la realtà
sensibile è l’espressione di Principi ad essa trascendenti; è la
rappresentazione di Essi in questa dimensione; la loro apparizione qui e ora. E
se quei Principi sono l’esplicitazione del divino, gli enti costituiscono
teofanie; ogni singolo essere umano, in particolare, è una teofania. Qui si
ricordano le concezioni arabe della bellezza femminile, tanto attraente quanto,
per ciò stesso, intangibile; ma anche le varie Beatrice e Laura dei nostri
massimi poeti rinascimentali, riflessi della bellezza divina che, per essere
tale, è anche conoscenza; perciò, quella bellezza costituisce Verità, ammirata
e cantata.
Qui
si compie la trasfigurazione del mondo; non più accozzaglia di materia caotica,
mossa da immensa e cieca energia, bensì costruzione armoniosa guidata da un
Amore tale da depositare, in ciascun ente, una scintilla che possa riconnettere
al Principio generatore e formatore: è l’Uomo.
In definitiva, per l’esoterico
occidentale il mondo non è una dimensione da cui fuggire e abbandonare ad un suo
–presunto- disfacimento, bensì il perenne riflesso di un Principio
trascendente; come tale, da scoprire nella sua meraviglia. O meglio, la
meraviglia è sempre presente, lo è sempre stata; sono gli occhi umani che
devono acquistarne consapevolezza: questa è la trasfigurazione.
L’esoterismo islamico lo riconosce.
L’undicesimo Imam, Hasan ‘Askari vemme rinchiuso in un caravanserraglio di
mendicanti; un compagno riuscì a raggiungerlo e lamentò la condizione. Ma
l’Imam gli disse “<<Guarda>>,
e in quell’attimo lo stesso fedele vide attorno a sé giardini, aiuole fiorite e
corsi d’acqua viva” (H. Corbin, “Corpo spirituale e terra celeste”,
Adelphi, 2002).
Quanti
prendono coscienza della propria dignità di portatori della scintilla
trascendente e hanno consapevolezza della meraviglia che ci circonda –e che
siamo (“Magnum miraculum est homo ..”,
Asclepius VI, in “Corpus hermeticum”, Bompiani, 2005)-, questi sono i veri
Governanti; coloro che hanno raggiunto la visione trascendente e da qui
scorgono la vocazione dell’umanità (G.E. Valori, “La vocazione dell’umanità”,
Futura ed., 2013), le sue linee-guida; le indicano, si muovono secondo esse. Le
acquisite coscienza e consapevolezza li rendono responsabili del mondo e
dell’umanità.
Colui che sommamente assunse questa
responsabilità fu l’Uomo chiamato Gesù di Nazareth: era tanto cosciente della
propria dignità da definirsi Figlio di Dio; era tanto consapevole della
bellezza di questo mondo da resuscitarvi l’amico e chiedere l’aiuto per i
poveri; era tanto responsabile da non indietreggiare rispetto alla propria
coscienza, neanche di fronte alla violenza e alla morte.
Altri uomini hanno connesso la percepita
dimensione interiore con l’opera in quella spazio–temporale e, dunque, hanno operato
alla elevazione dell’umanità.
Moltissime sarebbero le citazioni, ma
c’è un uomo, un italiano, che, specie oggi, è opportuno ricordare: Giuseppe
Mazzini.
Governavano le monarchie, le quali
univano sotto di sé popoli e nazioni: i monarchi, tramite il rito
dell’intronizzazione, essendo costituiti tramite tra Trascendente e sudditi,
possedevano la visione per indirizzare su giusti sentieri. Popoli e nazioni,
perciò, non avevano statuto autonomo. Mazzini, “l’apostolo delle genti”, compì la rivoluzione, teologica, prima che
culturale e politica (nucleo che mancò alla rivoluzione francese): come ciascun
uomo, possedendo la scintilla divina, ha un volto, così i popoli, essendo
espressione comunitaria e unitiva di un Principio superiore, posseggono una
loro identità (G.E. Valori, “Risorgimento oltre la storia”, ); e poiché tale identità è, appunto,
riflesso di Trascendenza, essi non solo hanno diritto di coltivare le
rispettive tradizioni, ma posseggono le intrinseche, ontologiche capacità
dell’autogoverno.
La monarchia era finita.
Molti altri sono gli esempi di politici
che hanno operato secondo nessi metastorici al fine di articolare una strategia
rispondente ai grandi flussi umani, quelli rinvenibili soltanto nella
conoscenza della teleologia umana. Citiamo il confucianesmo di Mao Zedong (G.E.
Valori, “La sapienza e la storia …”, Futura ed., 2015), i “Costruttori di dio”
nella Russia dei Soviet (F. Dimitri, “Comunismo magico”, Castelvecchi, 2004), o
il presidente francese F. Mitterand che leggeva testi di esegesi biblica più che
report di intelligence (G.E. Valori, “Spiritualità
e illuminismo”, Futura ed., 2018); per non dire di più presidenti statunitensi.
Ma
infine, l’esoterico non è uno “sballo” della mente, né una fuga dal mondo, né
una perdita di tempo: l’esoterismo di tradizione occidentale costituisce un
profondissimo e autentico “nosce te ipsum”,
indispensabile ad una piena presa di coscienza di sé e del mondo. La stessa
psicoanalisi junghiana è un’espressione di esoterismo (C. Bonvecchio, “Iniziazione
e tradizione”, Mimesis, 2019). Rintracciato il nucleo dell’Essere, con maestria
si trasferirà dall’Eterno allo spazio-tempo, realizzandosi la prima e superiore
“coincidentia oppositorum”.
Sarà il viaggio di ritorno dall’Essere
al tempo, arduo, ma è la missione dell’umanità. Per poi, ancora, risalire e
ritornare, nella vita dell’ente, come un respiro; essendo divenuti come gli
angeli che Giacobbe vide in sogno salire e scendere la scala che portava in
Cielo e ritornava su questa terra (Genesi, 28,12).
Italo Zanchi
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