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martedì 24 dicembre 2019

Avvio all’esoterismo (dodicesima parte): sui livelli.....concludendo – di Italo Zanchi


            Come accennato nei precedenti articoli, l’accesso alla mente esoterica si compie attraverso vari livelli: dalla prima intuizione dell’esistenza di una modalità conoscitiva estranea alla modalità logico-discorsiva, alla visione della trama occulta della realtà sensibile; dalla conquista della facoltà immaginativa che consente la visione di Verità trascendenti, fino all’ineffabile intellezione.
            Il percorso è noto fin dall’antichità e in maniera filosofico-descrittiva è stato indicato dai tre grandi della grecità: Socrate, Platone e Aristotele (F. Ferrari, “La via dell’immortalità – percorsi platonici”, Rosemberg & Sellier, 2019): la ragione consente il controllo delle influenze derivate dalla dimensione corporea; la purezza, poi, oltre la dimensione etica, consiste nel raggiungimento di ciò che è sempre (Platone, “Fedone”); in questa condizione l’uomo invisibile attinge alle idee intelligibili.
            L’Oriente geografico compie sostanzialmente lo stesso percorso, per giungere ad enucleare concetti quali Nirvana, Vuoto, Nulla, fine delle reincarnazioni: in tal senso, ha una visione pessimistica della realtà sensibile, dell’uomo visibile, formato dai fenomeni spazio-temporali; ragion per cui, il viaggio esoterico conduce all’abbandono della individualità umana e del mondo: il percorso diviene una iniziazione ad un livello di assoluto distacco dalla dimensione terrena e di suprema pace.
Dal canto suo, l’Islam conserva una valutazione negativa del mondo sensibile, posto che questo si avvia all’eschatòn, alla fine dei tempi. E’ vero che il fedele -contrariamente alle concezioni filosofico-religiose orientali- conserva la propria individualità, ma la sua felicità non si consegue in questo mondo, bensì presso l’ultra-mondo di Allah dopo una vita e una morte sante. Per inciso, da qui la disponibilità al martirio, sia riguardo la propria stessa vita, sia nel senso della distruzione di altri esseri umani e cose circostanti, (G.E. Valori, “Globalizzazione, governance, asimmetria”, Rubbettino, 2018).
            La concezione occidentale è differente.
Intanto, pur esso ha sviluppato pratiche  esoteriche, collegate alla prisca philosophia, cioè a quella ricerca filosofica che si avvaleva di tutte le modalità e gli oggetti di conoscenza: modalità intuitive, di ricerca interiore o teosofica, ma anche sperimentali e di contaminazione tra varie culture (si pensi all’arrivo a Firenze degli scritti salvati da Costantinopoli dopo la caduta in mano islamica, o alle culture araba ed ebraica provenienti dalla Spagna medievale). Insomma, quella ricerca filosofica precedente la rivoluzione logico-razionale illuministica, la quale ultima, se da un canto ha spazzato via le “superstizioni” che avevano contaminato il pensiero, dall’altro ha introdotto un dogmatismo metodologico, escludente quanto non trattabile col raziocinio (la “dea ragione” della rivoluzione francese).
Contenuti esoterici, quelli originari, maturati e presenti anche nell’ambito della religione cristiana: proprio perché diretta a tutte le genti, i contenuti religiosi palesi sono semplici e semplificati con rappresentazioni anche ingenue e favolistiche. E tuttavia, resta un nucleo iniziatico, magari conservato dagli ordini monastici i quali sono meno assillati dalla “amministrazione” della religiosità collettiva propria del clero secolare. Si sono già ricordate le vie del misticismo (da Caterina da Siena a Teresa d’Avila), o della pratica esoterica apofatica (Giovanni della Croce); si aggiunge l’esicasmo dei monaci del Monte Athos per i greco-ortodossi.
            Tanto, però, non conduce ad un’estraneazione dal mondo, bensì ad una diversa visione del mondo stesso, alla sua trasfigurazione.
L’Essere, essendo eterno, genera gli enti nell’Eternità, intesa non come un tempo senza limiti, bensì quale dimensione senza tempo. Pertanto, la generazione degli enti è consustanziale all’Essere stesso; e gli enti, in tutta la loro gradazione, non costituiscono un accidente irrilevante; invece, fanno parte della stessa vita, potremmo dire, dell’Essere, ne sono elementi costitutivi.
Qui si aprono infinite, complessissime e note questioni: sulla natura degli enti, le loro modalità, la posizione dell’Uomo, la sua libertà, il male e così via. Le tralasciamo per non deviare dell’oggetto del nostro discorso –premesso che non c’è l’ardire di ritenere d’essere in condizione di trattarne-. Resta la splendida constatazione che la realtà sensibile è l’espressione di Principi ad essa trascendenti; è la rappresentazione di Essi in questa dimensione; la loro apparizione qui e ora. E se quei Principi sono l’esplicitazione del divino, gli enti costituiscono teofanie; ogni singolo essere umano, in particolare, è una teofania. Qui si ricordano le concezioni arabe della bellezza femminile, tanto attraente quanto, per ciò stesso, intangibile; ma anche le varie Beatrice e Laura dei nostri massimi poeti rinascimentali, riflessi della bellezza divina che, per essere tale, è anche conoscenza; perciò, quella bellezza costituisce Verità, ammirata e cantata.
            Qui si compie la trasfigurazione del mondo; non più accozzaglia di materia caotica, mossa da immensa e cieca energia, bensì costruzione armoniosa guidata da un Amore tale da depositare, in ciascun ente, una scintilla che possa riconnettere al Principio generatore e formatore: è l’Uomo.
In definitiva, per l’esoterico occidentale il mondo non è una dimensione da cui fuggire e abbandonare ad un suo –presunto- disfacimento, bensì il perenne riflesso di un Principio trascendente; come tale, da scoprire nella sua meraviglia. O meglio, la meraviglia è sempre presente, lo è sempre stata; sono gli occhi umani che devono acquistarne consapevolezza: questa è la trasfigurazione.
L’esoterismo islamico lo riconosce. L’undicesimo Imam, Hasan ‘Askari vemme rinchiuso in un caravanserraglio di mendicanti; un compagno riuscì a raggiungerlo e lamentò la condizione. Ma l’Imam gli disse “<<Guarda>>, e in quell’attimo lo stesso fedele vide attorno a sé giardini, aiuole fiorite e corsi d’acqua viva” (H. Corbin, “Corpo spirituale e terra celeste”, Adelphi, 2002).
            Quanti prendono coscienza della propria dignità di portatori della scintilla trascendente e hanno consapevolezza della meraviglia che ci circonda –e che siamo (“Magnum miraculum est homo ..”, Asclepius VI, in “Corpus hermeticum”, Bompiani, 2005)-, questi sono i veri Governanti; coloro che hanno raggiunto la visione trascendente e da qui scorgono la vocazione dell’umanità (G.E. Valori, “La vocazione dell’umanità”, Futura ed., 2013), le sue linee-guida; le indicano, si muovono secondo esse. Le acquisite coscienza e consapevolezza li rendono responsabili del mondo e dell’umanità.
Colui che sommamente assunse questa responsabilità fu l’Uomo chiamato Gesù di Nazareth: era tanto cosciente della propria dignità da definirsi Figlio di Dio; era tanto consapevole della bellezza di questo mondo da resuscitarvi l’amico e chiedere l’aiuto per i poveri; era tanto responsabile da non indietreggiare rispetto alla propria coscienza, neanche di fronte alla violenza e alla morte.
Altri uomini hanno connesso la percepita dimensione interiore con l’opera in quella spazio–temporale e, dunque, hanno operato alla elevazione dell’umanità.
Moltissime sarebbero le citazioni, ma c’è un uomo, un italiano, che, specie oggi, è opportuno ricordare: Giuseppe Mazzini.
Governavano le monarchie, le quali univano sotto di sé popoli e nazioni: i monarchi, tramite il rito dell’intronizzazione, essendo costituiti tramite tra Trascendente e sudditi, possedevano la visione per indirizzare su giusti sentieri. Popoli e nazioni, perciò, non avevano statuto autonomo. Mazzini, “l’apostolo delle genti”, compì la rivoluzione, teologica, prima che culturale e politica (nucleo che mancò alla rivoluzione francese): come ciascun uomo, possedendo la scintilla divina, ha un volto, così i popoli, essendo espressione comunitaria e unitiva di un Principio superiore, posseggono una loro identità (G.E. Valori, “Risorgimento oltre la storia”,     ); e poiché tale identità è, appunto, riflesso di Trascendenza, essi non solo hanno diritto di coltivare le rispettive tradizioni, ma posseggono le intrinseche, ontologiche capacità dell’autogoverno.
La monarchia era finita.
Molti altri sono gli esempi di politici che hanno operato secondo nessi metastorici al fine di articolare una strategia rispondente ai grandi flussi umani, quelli rinvenibili soltanto nella conoscenza della teleologia umana. Citiamo il confucianesmo di Mao Zedong (G.E. Valori, “La sapienza e la storia …”, Futura ed., 2015), i “Costruttori di dio” nella Russia dei Soviet (F. Dimitri, “Comunismo magico”, Castelvecchi, 2004), o il presidente francese F. Mitterand che leggeva testi di esegesi biblica più che report di intelligence (G.E. Valori, “Spiritualità e illuminismo”, Futura ed., 2018); per non dire di più presidenti statunitensi.
            Ma infine, l’esoterico non è uno “sballo” della mente, né una fuga dal mondo, né una perdita di tempo: l’esoterismo di tradizione occidentale costituisce un profondissimo e autentico “nosce te ipsum”, indispensabile ad una piena presa di coscienza di sé e del mondo. La stessa psicoanalisi junghiana è un’espressione di esoterismo (C. Bonvecchio, “Iniziazione e tradizione”, Mimesis, 2019). Rintracciato il nucleo dell’Essere, con maestria si trasferirà dall’Eterno allo spazio-tempo, realizzandosi la prima e superiore “coincidentia oppositorum”.
Sarà il viaggio di ritorno dall’Essere al tempo, arduo, ma è la missione dell’umanità. Per poi, ancora, risalire e ritornare, nella vita dell’ente, come un respiro; essendo divenuti come gli angeli che Giacobbe vide in sogno salire e scendere la scala che portava in Cielo e ritornava su questa terra (Genesi, 28,12).           
Italo Zanchi

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