Siamo abituati a sentir parlare di
guerra come atto politico, come atto egemonico, ma non come scelta sociale. Di
ciò gli studiosi hanno omesso tutte le ricerche, nessuno parla di guerra
sociale. L’unico che ha accennato a simile pratica è stato Lenin nei primi anni
del Novecento a proposito della Prima Guerra Mondiale. Lui auspicava che invece
di una guerra tra nazioni, ci dovesse essere una guerra sociale globale, tra
classi. Poi nulla. Eppure, oggi, le guerre sono lì, in atto, dove una
pacificazione sociale appare solo in una prospettiva escatologica, come epilogo
di un lungo travaglio sanguinoso. E pochi sono quelli che accennano agli
attuali confronti sociali, alle guerre sociali, che travagliano l’Italia. E
pare che i conflitti siano per giunta in aumento, senza che nessuno se ne
accorga, mentre altri non ne fanno parola.
Primo fra tutti i conflitti è la guerra
tra ricchi e poveri. Qui, pare, che oggi i ricchi stiano avendo la meglio, dopo
settanta anni di sostanziale equilibrio. E’ sotto gli occhi di tutti il veloce
processo di accumulazione delle risorse finanziarie e materiali verso una
ristretta oligarchia, che si avvale dello Stato Italiano come macchina
amministrativa per sottrarre risorse alla base e distribuirle verso le classi più
agiate. Al proposito bastano pochi accenni: le super pensioni, le super
retribuzioni dei manager pubblici, le super consulenze, i grandi contributi
alle banche che agiscono con un po’ di distrazione, le grandi operazioni di
salvataggio di grandi imprese gestite un po’ così, da un lato, e dall’altro, a
partire dagli anni Novanta, la svendita dell’IRI, lo smantellamento del welfare
e dello statuto dei lavoratori, dell’aumento delle tasse regressive, che
colpiscono i poveri ed esentano i ricchi, come l’IVA e le accise. Non è un caso
che il mercato del Lusso viaggi ad incrementi annui di circa il 20%. Ma non
solo. Stiamo assistendo, a partire dal 2008, con la crisi ad una focalizzazione
del potere. E pare che questo processo sia irreversibile. D’altro canto tutte
le dittature del Novecento sono passate dalla Sinistra: Mussolini era un
socialista!!!! E noi, oggi, siamo ostaggi della sinistra, saldamente al potere
oramai da più di dieci anni, nonostante i risultati elettorali……..
L’altra guerra, in cui sempre lo Stato
fa da mediatore per niente imparziale, è quella tra Nord e Sud. Una guerra che
ha assunto caratteri acuti sempre dopo il 2008, con la Sinistra al potere. Le
statistiche parlano chiaro: la forbice del Pil tra Nord e Sud è peggiorata da
quando al governo si è avvicendato Monti. Da allora il sistema fiscale è stato
costruito per favorire le regioni settentrionali e sfavorire le regioni
meridionali. Ma la guerra a livello istituzionale si scioglie anche a livello popolare.
Notoria è la considerazione negativa che hanno buona parte dei settentrionali
nei confronti dei meridionali. Una guerra che entra anche nelle famiglie più
semplici. D’altro canto, pare che un moto contrario di riscatto stia sorgendo
spontaneo, di cui Pino Aprile pare essere la punta dell’icebreg. Una guerra questa ammortizzata molto dallo sviluppo del
turismo meridionale, che impedisce una reale rivalsa (o rivoluzione?) per il
ricatto dal vacanziero settentrionale che pratica lidi e monumenti del bel Sud,
peraltro a basso costo.
Di non minore rilevanza è anche la
guerra tra maschi e femmine. Sono due secoli oramai di guerra aperta, senza
tuttavia esiti significativi: libertà e uguaglianza hanno infarcito tutti i
motivi del riscatto femminile e hanno dato manforte alla replica maschile. E’
vero, tantissime sono state le conquiste delle donne, non foss’altro che oramai
nella peggiore delle ipotesi vengono reputate diverse, per competenze e
caratteristiche, dall’uomo, e non invece, come un tempo, inferiori. Ma i dati parlano
chiaro: nei processi economici e finanziari le donne vengono marginalizzate ed
hanno una consistenza numerica di gran lunga inferiore rispetto agli uomini,
che mantengono saldo il loro potere-ruolo.
Infine, una tipica e recente guerra
italiana è, poi, quella tra giovani e vecchi. Sempre dal 2008 tutte le
statistiche mostrano che il patrimonio finanziario e immobiliare dei giovani è
in netta diminutio, mentre quello dei
vecchi è in forte aumento. Anche nei ruoli istituzionali e di potere
sostanziale, i vecchi la fanno da padroni. In tale direzione, docet l’episodio Napolitano, che è solo
un esempio che sintetizza una situazione molto diffusa. Vero è che i processi
di integrazione sociale ed economica sono divenuti molto più complessi, a
seguito di una società molto evoluta, che impedisce ai giovani di compiere
percorsi di realizzazione in tempi brevi. In ogni caso, la ricchezza
nell’ultimo decennio si è focalizzata presso le persone che hanno più di 65
anni, le quali, di fatto, decidono per tutti.
Queste le principali guerre, rispetto
alle quali ci si chiede se siano inevitabili o strutturali di una società, o
addirittura necessarie. In altre parole, guerreggiare è un modo d’essere del
popolo, della società nel suo complesso?
Mauro
Ragosta
Articolo apparso su Paisemiu.com nel luglio del 2016
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