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martedì 26 novembre 2019

Archivio Ragosta: Le silenziose guerre di danaro in Italia

         Siamo abituati a sentir parlare di guerra come atto politico, come atto egemonico, ma non come scelta sociale. Di ciò gli studiosi hanno omesso tutte le ricerche, nessuno parla di guerra sociale. L’unico che ha accennato a simile pratica è stato Lenin nei primi anni del Novecento a proposito della Prima Guerra Mondiale. Lui auspicava che invece di una guerra tra nazioni, ci dovesse essere una guerra sociale globale, tra classi. Poi nulla. Eppure, oggi, le guerre sono lì, in atto, dove una pacificazione sociale appare solo in una prospettiva escatologica, come epilogo di un lungo travaglio sanguinoso. E pochi sono quelli che accennano agli attuali confronti sociali, alle guerre sociali, che travagliano l’Italia. E pare che i conflitti siano per giunta in aumento, senza che nessuno se ne accorga, mentre altri non ne fanno parola.       
         Primo fra tutti i conflitti è la guerra tra ricchi e poveri. Qui, pare, che oggi i ricchi stiano avendo la meglio, dopo settanta anni di sostanziale equilibrio. E’ sotto gli occhi di tutti il veloce processo di accumulazione delle risorse finanziarie e materiali verso una ristretta oligarchia, che si avvale dello Stato Italiano come macchina amministrativa per sottrarre risorse alla base e distribuirle verso le classi più agiate. Al proposito bastano pochi accenni: le super pensioni, le super retribuzioni dei manager pubblici, le super consulenze, i grandi contributi alle banche che agiscono con un po’ di distrazione, le grandi operazioni di salvataggio di grandi imprese gestite un po’ così, da un lato, e dall’altro, a partire dagli anni Novanta, la svendita dell’IRI, lo smantellamento del welfare e dello statuto dei lavoratori, dell’aumento delle tasse regressive, che colpiscono i poveri ed esentano i ricchi, come l’IVA e le accise. Non è un caso che il mercato del Lusso viaggi ad incrementi annui di circa il 20%. Ma non solo. Stiamo assistendo, a partire dal 2008, con la crisi ad una focalizzazione del potere. E pare che questo processo sia irreversibile. D’altro canto tutte le dittature del Novecento sono passate dalla Sinistra: Mussolini era un socialista!!!! E noi, oggi, siamo ostaggi della sinistra, saldamente al potere oramai da più di dieci anni, nonostante i risultati elettorali……..
         L’altra guerra, in cui sempre lo Stato fa da mediatore per niente imparziale, è quella tra Nord e Sud. Una guerra che ha assunto caratteri acuti sempre dopo il 2008, con la Sinistra al potere. Le statistiche parlano chiaro: la forbice del Pil tra Nord e Sud è peggiorata da quando al governo si è avvicendato Monti. Da allora il sistema fiscale è stato costruito per favorire le regioni settentrionali e sfavorire le regioni meridionali. Ma la guerra a livello istituzionale si scioglie anche a livello popolare. Notoria è la considerazione negativa che hanno buona parte dei settentrionali nei confronti dei meridionali. Una guerra che entra anche nelle famiglie più semplici. D’altro canto, pare che un moto contrario di riscatto stia sorgendo spontaneo, di cui Pino Aprile pare essere la punta dell’icebreg. Una guerra questa ammortizzata molto dallo sviluppo del turismo meridionale, che impedisce una reale rivalsa (o rivoluzione?) per il ricatto dal vacanziero settentrionale che pratica lidi e monumenti del bel Sud, peraltro a basso costo.
         Di non minore rilevanza è anche la guerra tra maschi e femmine. Sono due secoli oramai di guerra aperta, senza tuttavia esiti significativi: libertà e uguaglianza hanno infarcito tutti i motivi del riscatto femminile e hanno dato manforte alla replica maschile. E’ vero, tantissime sono state le conquiste delle donne, non foss’altro che oramai nella peggiore delle ipotesi vengono reputate diverse, per competenze e caratteristiche, dall’uomo, e non invece, come un tempo, inferiori. Ma i dati parlano chiaro: nei processi economici e finanziari le donne vengono marginalizzate ed hanno una consistenza numerica di gran lunga inferiore rispetto agli uomini, che mantengono saldo il loro potere-ruolo.
         Infine, una tipica e recente guerra italiana è, poi, quella tra giovani e vecchi. Sempre dal 2008 tutte le statistiche mostrano che il patrimonio finanziario e immobiliare dei giovani è in netta diminutio, mentre quello dei vecchi è in forte aumento. Anche nei ruoli istituzionali e di potere sostanziale, i vecchi la fanno da padroni. In tale direzione, docet l’episodio Napolitano, che è solo un esempio che sintetizza una situazione molto diffusa. Vero è che i processi di integrazione sociale ed economica sono divenuti molto più complessi, a seguito di una società molto evoluta, che impedisce ai giovani di compiere percorsi di realizzazione in tempi brevi. In ogni caso, la ricchezza nell’ultimo decennio si è focalizzata presso le persone che hanno più di 65 anni, le quali, di fatto, decidono per tutti.
         Queste le principali guerre, rispetto alle quali ci si chiede se siano inevitabili o strutturali di una società, o addirittura necessarie. In altre parole, guerreggiare è un modo d’essere del popolo, della società nel suo complesso?
        
Mauro Ragosta
Articolo apparso su Paisemiu.com nel luglio del 2016

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