Trafitto e disarmato dalla malìa delle
parole di una giovane professoressa di Neviano (LE), che, tempo fa, desiderava
sapere da me cosa pensassi circa l’arte del regalo, o del dono, ecco qui un
succinto resoconto, che offro anche agli affezionati lettori di Maison Ragosta, magari per sollecitare
un certo tipo di riflessione.
Al
riguardo, va subito puntualizzato che, nella nostra società, dove anche gli
aspetti più sacri del vivere sono stati trasformati in eventi
mondano-consumistici, il regalo non solo ha perso il suo senso più profondo, ma
si ritrova come oggetto di un gesto privo di un vero significato, automatico e
incosciente, se non proprio imposto come dovere sociale categorico ed
incontrovertibile. Una società alla quale pare, infatti, che non importi il
dare un senso alle cose, ma che consumi cose………Una vita, quella Occidentale,
“appesa” al consumo, che dunque si pone come dovere primo ed imprescindibile
del cittadino.
Spingendo
oltre, anche il lusso è diventato, come conseguenza ovvia del fare consumistico,
questione eminentemente popolare e di massa, se non proprio espressione di una
volgarità “intelligente”. Il lusso, infatti, che dovrebbe essere qualcosa di
esclusivo, non ordinario, è diventato questione drammaticamente quotidiana e, a
ben rifletterci, degli status symbol
ad esso connessi, non è rimasto che il “brand” che ne è il feticcio. Il lusso è,
dunque, nell’accezione consumistica questione tipicamente popolare. Tant’è che
il mercato da questo definito, in Italia, come nel resto del Mondo Occidentale,
negli ultimi quindici anni, ha registrato ritmi di espansione se non
impressionanti, quasi, con tassi di crescita, infatti, sempre a due cifre. Un
lusso, che s’è trasformato in attorialità evocativa, sulla scia della migliore
tradizione contadina, in tal senso rivisitata, corretta e attualizzata. In altre parole, del lusso ne è rimasta solo la rappresentazione e quando è tale e reale ai più è sconosciuto, meticolosamente occultato....
In
tale cornice può inquadrarsi, in un perimetro di significati dunque, l’arte del
regalo. Ed ecco che, il regalo presenta due prospettive diverse. La prima è
utilitaristica, la seconda di donazione di se stessi, spesso in una prospettiva dialogica. Più nello specifico e per
meglio chiarire, il regalo, nella prima accezione, è qualcosa che fa piacere ed
è utile a chi il regalo lo riceve. In linea esasperata, vale l’esempio degli
eventi matrimoniali in cui, di solito si fa il calcolo o il bilancio di quanto si spende per
la complessiva cerimonia e l’ammontare economico e l’utilità dei regali che si
ricevono in cambio. Di solito è un po’ come pagare la pizza alla “romana……..” Sotto
altra angolazione, il regalo, nella prospettiva utilitaristica si avvicina, e di molto pure, alla pura e semplice beneficenza. E cioè si regala ciò
di cui ha bisogno il soggetto da "onorare" col gesto liberale.
Nella
seconda accezione, invece, il regalo è mezzo e strumento di comunicazione
simbolico-metaforica, sino a giungere alla forma più alta del regalo stesso,
che è portatore di parte del proprio mondo e del proprio essere più profondo.
Ed esempio, in tale prospettiva, si può regalare un libro, che se intonso, vale
quasi sempre come stimolo a riflettere su certe argomentazioni, che di solito
sono legate alla relazione tra donatore e soggetto ricevente. Tale gesto
diventa “importante” quando il libro regalato fa parte della propria libreria e
ha per il soggetto che lo dona un valore speciale per la sua vita. Egli dona,
in definitiva, qualcosa di prezioso per la sua vita e dall’altra, cede una
parte importante della sua vita stessa. Ed ancora, altro esempio può essere per
un uomo quello del regalare alla compagna della sua vita un portafogli da uomo,
se non proprio il proprio. E’ superfluo marcare che, anche in questo caso, la
carica simbolica è chiara, divenendo “potente”, quando lui regala a lei l’oggetto
specifico e personale, che sintetizza il suo potere. D’altro canto, una donna che
si presenta al banco di un negozio o di un bar per pagare il conto ed estrae dalla
borsa un portafogli da uomo, evidenzia un certo tipo di ruolo sociale e la
questione, peraltro, diventa “altamente” chic.
Qui, dunque, esclusa
appare ogni utilità materiale ed intrinseca del regalo. O sotto altra
prospettiva il valore del regalo non è quantificabile in termini monetari e
secondo le leggi dello scambio. Esso, infatti è destinato ad assumere significati
altri, di cui l’oggetto ha un valore meramente simbolico, rimandando, infatti,
in dimensioni altre e speciali della relazione e dell’esistenza.
Va
da sé che, tra le due prospettive tracciate, esistono un’infinità di soluzioni
intermedie, dove l’effettiva differenza sta nello spessore e nella profondità
del significato che porta con sé il regalo, il quale, è bene ricordarlo, va
accompagnato sempre da un biglietto nel quale sono esplicitate indicazioni ed
indizi circa la sua funzione e le intenzioni di chi lo fa. Per i più raffinati, a ciò si aggiunge una breve
presentazione verbale, che sappia rafforzare curiosità e i sensi del gesto.
Mauro Ragosta
Nessun commento:
Posta un commento