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domenica 26 dicembre 2021

Stile & Buongusto (parte tredicesima): L’uso della mascherina – di Mauro Ragosta

 

         Non sono passati ancora due anni da quando si è sollevato, soprattutto in Italia, un gigantesco polverone informativo, senza precedenti e tutto centrato sull’emergenza sanitaria.

            Si è detto di tutto e di più, in stile mantra. E non basta! Si è detto tutto e il contrario di tutto. E così, paradossalmente, alla fine non s’è detto niente: due forze uguali e opposte, come tutti sanno, si annullano. Rimangono, però, i fatti, ovvero le raccomandazioni vaccinali accoppiate con l’uso della famigerata mascherina, dove in alcuni casi sono obbligatorie e comunque si pongono come condizione sine qua non.

            Circa le sollecitazioni vaccinali nulla v’è da dire sul piano dello stile e del buon gusto. L’assunzione del vaccino o meno rientra, in linea di principio e di fatto, nella sfera dell’esercizio della propria libertà di scelta, che richiede in ogni caso un’assunzione di responsabilità e il farsi carico degli effetti indesiderati legati alla scelta appunto, in un senso o nell’altro. E questo sia sotto il profilo sanitario, ma anche sociale e politico. In questo ambito v’è solo da rilevare che il prodigarsi del popolo nell’esortazione reciproca alla scelta dell’una o dell’altra opzione, ha solo condotto, in molti casi, ad un becero tentativo di sopraffazione vicendevole, decisamente di pessimo gusto e deprecabile.

            D’altro canto, forse, ci si è adoperati in maniera eccessiva nelle esortazioni al rispetto dei consigli e delle regole del Governo, anzi “quest’eccesso di zelo” -così poco caratteristico del cittadino italiano, almeno riferendosi agli ultimi cinquanta anni- ha fatto perdere di vista a non poche persone il gusto e lo stile nel gestire l’uso della mascherina. E si allude solo al ricorso dell’intelligenza in ciò, che spesso ha condotto a rasentare il comico, ma anche a questioni che di rimandano attengono direttamente al rispetto del prossimo.

            Sicuramente, è inquietante vedere una persona sola in aperta campagna intenta a praticare del footing, utilizzando la mascherina in pieno luglio e a mezzogiorno. Come altrettanto inquietante è vedere una persona sola alla guida della propria auto che indossa una mascherina: tale pratica non solo è farsesca, ma anche pericolosa per sé e per gli altri. E vale la pena sorvolare su quei casi in cui alcuni flautisti hanno tagliato la mascherina ad hoc per poter suonare il proprio strumento.

            Vedere poi gente anziana in bicicletta così bardata fa tenerezza e pena. In questi casi, spesso non è questione di ignoranza, ma di poca robustezza mentale per capire che in età avanzata è mortale andare in bicicletta indossando una mascherina.

            È vero, si potrà affermare che la legge non ammettendo ignoranza, induce a simili eccessi, ma dall’altra proprio essendo astratta, va sottolineato con forza che la legge non vale per il caso concreto, e quindi deve giustamente essere interpretata, altrimenti siamo nella follia.

            L’uso della mascherina, infatti, per rientrare nella pratica del rispetto degli altri e dunque del buon gusto, senza ledere il rispetto della legge, richiede dunque intelligenza, capacità critica e di discernimento. D’altro canto, lo stile e il buongusto sono prevalentemente questione di acume, legato alla capacità di valutazione di tutti i casi che la vita ci sottopone. Sovente, regole precise per avere stile, non ve ne sono, pur essendoci dei principi ispiratori, quali appunto il rispetto per il proprio prossimo, il culto della propria e altrui autonomia, la voglia di interfacciarsi in maniera leale, sportiva, per quello che è possibile, ovviamente, e per quello che ci è dato.

            In tale quadro, quando ci si presenta tra estranei è rispettoso e doveroso mostrare il proprio volto e pretendere di vedere il volto dell’interlocutore. Sicché, in tali occasioni ci si deve per qualche istante, ovviamente mantenendo le distanze, abbassare la mascherina e farsi riconoscere. È assolutamente inquietante e disorientante parlare con una persona di cui non si conosce il volto.

            Ciò vale anche per quando si entra in un negozio, soprattutto di lusso, magari una gioielleria, soprattutto per tranquillizzare l’operatore commerciale, il quale è sempre in tensione vedendo entrare nel proprio esercizio gente senza un volto, e temendo quasi sempre e giustamente che tra questa possa nascondersi qualche malintenzionato. Sicché un tal gesto si presenta di vera gentilezza e fair play.

         Anche negli uffici pubblici sarebbe auspicabile mantenere quest’impostazione come forma di cortesia e di garbo, sapendo che per “l’altro” un volto incognito è fattore stressante sotto vari punti di vista, e di certo della propria sicurezza in senso ampio, si fisica sia psicologica.

            Circa l’uso degli igienizzanti per le mani è cosa buona e giusta, anche quando finirà la pandemia.

            Come al solito, Maison Ragosta cerca di offrire degli spunti di riflessione, anche per idonei approfondimenti, che per quanto e quello che si è esposto, siano sintetici e allo stesso tempo sono fortemente raccomandati. Certamente, in una società così rumorosa come la nostra, pare essere questa proposta che “lascia il tempo che trova”, ma non una volta “la bottiglia” lasciata alle onde del mare ha trovato un suo destinatario, regalandogli così la “mappa del tesoro”.

 

Mauro Ragosta

           

           

Nota: chi fosse interessato alla produzione di saggi di Mauro Ragosta, può cliccare qui di seguito per le principali delucidazioni:
https://youtu.be/lhdKGKUfH6Q 

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