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giovedì 31 ottobre 2019

Stile e buongusto (parte quarta):…a tavola, al bar – di Mauro Ragosta


         Non è azzardato affermare che, la persona volgare, il più delle volte, è il risultato di un mix tra confusione e arroganza, le quali sovente si pongono in una relazione di circolarità. Al riguardo, è utile marcare che, per gli over 50 tale questione si presenta particolarmente delicata, perché, almeno nel caso italiano, in assenza di una propria elaborazione del vivere, se non con stile, quantomeno coerente e civile, sovente si è in presenza di soggetti che hanno subito più tipi di inculturazione molto diversi tra loro e pertanto, il loro incedere non è raro che sia disarticolato e confusionario, pieno di vistose ed imbarazzanti contraddizioni ed antinomie.
         Ciò premesso, si potrà meglio comprendere come comportarsi a tavola o seduti al tavolino di un bar in compagnia, per un caffè. E’ chiaro che qui si offriranno solo alcuni dettagli su come regolare il proprio contegno, richiedendo l’argomento spazi letterari molto più vasti. In ciò, non mancherà da parte nostra di dedicare all’argomento ulteriori riflessioni.
         Ad ogni modo, come messo in luce nel pezzo precedente di questa rubrica, in primo luogo, quanto si dirà sarà inquadrato, tra le altre, secondo il principio del “maggiore” e del “minore”. Ed ecco che, a tavola, al di là del come si usano le posate ed i bicchieri, una regola fondamentale è quella che è il “maggiore” a dare il via alla consumazione della portata. Ma ciò che è più importante, affinché un pranzo (o una cena) si svolga in maniera armoniosa e fluida, senza confusione di sorta, è che si deve capire che è il “maggiore a stabilire la fine della consumazione di una portata. Va da sé, che il “minore” inizierà a degustare la portata solo dopo che avrà cominciato il “maggiore” e finirà quando “il maggiore” ripone le posate nel piatto (sull’uso delle posate ci soffermeremo più in là). Solo così, una portata dopo l’altra, il pranzo si svolgerà nell’ordine, avrà un ritmo, ed in definitiva, avrà una sua armonia, che è presupposto di ogni bellezza.
         Stessa regola vale per una consumazione al bar, seduti al tavolino. Qui, la sequenza vede, però, il “maggiore”, chi ha buon gusto, dare la precedenza al “minore” nell’ordinare la consumazione. E qui, ecco che lui, “il maggiore”, ordinerà al cameriere, in ultima battuta, qualcosa che potrà consumare in un tempo ragionevole, e tale da dare al “minore” l’opportunità di finire assieme a lui la sua consumazione. In ogni caso, è sempre lui che avvia e conclude il momento conviviale. Va da sé, che per un uomo di buon gusto e galante, in tali circostanze, cede la posizione di “maggiore” all’elemento femminile. Sicché, in presenza di una donna, sarà sempre questa a dare l’avvio e a chiudere il momento conviviale.
         In buona sostanza, è imbarazzante, se non proprio disgustoso, trovarsi nella circostanza di rimanere a guardare il proprio compagno o compagna di consumazione, o un commensale, mentre “mangia o beve”. E’, quindi, buona regola che la consumazione di una portata o di una colazione al bar si facciano assieme e nello stesso tempo.
         Circa il pagamento del conto, sia al ristorante sia al bar, è sempre a carico di chi invita al momento conviviale, avendo riguardo di non far pagare mai ad una signora, sempre che non sia una colazione o un pranzo d’affari. Qui, la distinzione tra i sessi non conta. E’ assolutamente esclusa ed in maniera ferma, poi, l’ipotesi dei noti pagamenti “alla romana”. In questi casi, è evidente che il momento conviviale non ha alcuna valenza per i convenuti, almeno sul piano dell’interesse personale: è un inutile perder tempo. E qui, la persona di stile e buon gusto si esime dal farsi coinvolgere in tali circostanze, dove il nulla è l’oggetto al centro dell’incontro. In ogni caso, il pagamento detto “alla romana” evidenzia l’assenza di una relazione forte o interessata, o ancora funzionale.
       Qualche considerazione, per concludere, va fatta sulla conversazione, che è uno degli elementi del momento trattato, e rispetto al quale ho redatto due manuali di ausilio a quest’arte, che val la pena consultare. Circa la conversazione, dunque, decisiva per la sua riuscita e la riuscita del momento conviviale è l’abilità di non toccare, nel proprio argomentare, ragionamenti di principio: è la delicatezza principale! Quando, infatti si ragiona intorno ai propri o gli altrui principi è facile che scatti il momento d’attrito. E poi, non è mai piacevole e soprattutto chic argomentare intorno a qualcosa che è fondante della persona. Da qui, sarà cura del “maggiore” smussare il dire dei commensali quando questo prende tale deriva. In realtà, gestire una conversazione, in maniera che “scansi” gli eventuali momenti d’attrito tra i convenuti, è arte sopraffina…

Mauro Ragosta

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