Non
è azzardato affermare che, la persona volgare, il più delle volte, è il
risultato di un mix tra confusione e
arroganza, le quali sovente si pongono in una relazione di circolarità. Al
riguardo, è utile marcare che, per gli over
50 tale questione si presenta particolarmente delicata, perché, almeno nel caso
italiano, in assenza di una propria elaborazione del vivere, se non con stile,
quantomeno coerente e civile, sovente si è in presenza di soggetti che hanno subito più
tipi di inculturazione molto diversi tra loro e pertanto, il loro incedere non
è raro che sia disarticolato e confusionario, pieno di vistose ed imbarazzanti
contraddizioni ed antinomie.
Ciò
premesso, si potrà meglio comprendere come comportarsi a tavola o seduti al
tavolino di un bar in compagnia, per un caffè. E’ chiaro che qui si offriranno
solo alcuni dettagli su come regolare il proprio contegno, richiedendo l’argomento
spazi letterari molto più vasti. In ciò, non mancherà da parte nostra di
dedicare all’argomento ulteriori riflessioni.
Ad
ogni modo, come messo in luce nel pezzo precedente di questa rubrica, in primo
luogo, quanto si dirà sarà inquadrato, tra le altre, secondo il principio del “maggiore”
e del “minore”. Ed ecco che, a tavola, al di là del come si usano le posate ed
i bicchieri, una regola fondamentale è quella che è il “maggiore” a dare il via
alla consumazione della portata. Ma ciò che è più importante, affinché un
pranzo (o una cena) si svolga in maniera armoniosa e fluida, senza confusione
di sorta, è che si deve capire che è il “maggiore a stabilire la fine della
consumazione di una portata. Va da sé, che il “minore” inizierà a degustare la
portata solo dopo che avrà cominciato il “maggiore” e finirà quando “il
maggiore” ripone le posate nel piatto (sull’uso delle posate ci soffermeremo
più in là). Solo così, una portata dopo l’altra, il pranzo si svolgerà nell’ordine,
avrà un ritmo, ed in definitiva, avrà una sua armonia, che è presupposto di
ogni bellezza.
Stessa
regola vale per una consumazione al bar, seduti al tavolino. Qui, la sequenza
vede, però, il “maggiore”, chi ha buon gusto, dare la precedenza al “minore” nell’ordinare
la consumazione. E qui, ecco che lui, “il maggiore”, ordinerà al cameriere, in
ultima battuta, qualcosa che potrà consumare in un tempo ragionevole, e tale da
dare al “minore” l’opportunità di finire assieme a lui la sua consumazione. In
ogni caso, è sempre lui che avvia e conclude il momento conviviale. Va da sé,
che per un uomo di buon gusto e galante, in tali circostanze, cede la posizione
di “maggiore” all’elemento femminile. Sicché, in presenza di una donna, sarà
sempre questa a dare l’avvio e a chiudere il momento conviviale.
In
buona sostanza, è imbarazzante, se non proprio disgustoso, trovarsi nella
circostanza di rimanere a guardare il proprio compagno o compagna di
consumazione, o un commensale, mentre “mangia o beve”. E’, quindi, buona regola
che la consumazione di una portata o di una colazione al bar si facciano assieme
e nello stesso tempo.
Circa
il pagamento del conto, sia al ristorante sia al bar, è sempre a carico di chi
invita al momento conviviale, avendo riguardo di non far pagare mai ad una
signora, sempre che non sia una colazione o un pranzo d’affari. Qui, la
distinzione tra i sessi non conta. E’ assolutamente esclusa ed in maniera ferma,
poi, l’ipotesi dei noti pagamenti “alla romana”. In questi casi, è evidente che
il momento conviviale non ha alcuna valenza per i convenuti, almeno sul piano
dell’interesse personale: è un inutile perder tempo. E qui, la persona di stile
e buon gusto si esime dal farsi coinvolgere in tali circostanze, dove il nulla
è l’oggetto al centro dell’incontro. In ogni caso, il pagamento detto “alla
romana” evidenzia l’assenza di una relazione forte o interessata, o ancora funzionale.
Qualche
considerazione, per concludere, va fatta sulla conversazione, che è uno degli
elementi del momento trattato, e rispetto al quale ho redatto due manuali di
ausilio a quest’arte, che val la pena consultare. Circa la conversazione,
dunque, decisiva per la sua riuscita e la riuscita del momento conviviale è l’abilità
di non toccare, nel proprio argomentare, ragionamenti di principio: è la
delicatezza principale! Quando, infatti si ragiona intorno ai propri o gli
altrui principi è facile che scatti il momento d’attrito. E poi, non è mai
piacevole e soprattutto chic argomentare intorno a qualcosa che è fondante
della persona. Da qui, sarà cura del “maggiore” smussare il dire dei commensali
quando questo prende tale deriva. In realtà, gestire una conversazione, in
maniera che “scansi” gli eventuali momenti d’attrito tra i convenuti, è arte
sopraffina…
Mauro Ragosta
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