Dopo anni di tentativi, progetti e proposte,
il Parlamento italiano ha raggiunto la quadra e un accordo per il taglio del
numero di rappresentanti che siedono a Palazzo Madama e Montecitorio. E così
dopo il Porcellum e varianti, ora poco
conta di quanto siano stati ridotti i nostri rappresentanti nelle due camere,
più significativo a questo punto è il passo compiuto per i più ampi ed
importanti concetti di rappresentanza e democrazia, che vengono amputati ancora
una volta, ed ancora con un colpo secco.
Il Novecento e le prime due fasi della
Repubblica italiana hanno conosciuto un rapporto tra cittadino e rappresentante
più stretto rispetto a quello che viviamo noi oggi. Le ragioni possono essere
varie. Tra queste la presenza di partiti radicati sul territorio, una più
spiccata vocazione alla partecipazione sociale e politica dei cittadini, e,
finanche, una maggiore proporzione tra numero di rappresentanti e popolazione.
Oggi, invece, tutto questo è mutato e non in meglio, anzi.
Sulla presenza e l’utilità di partiti radicati
sul territorio se n’è già parlato e la loro importanza è palese, non fosse
altro perché i territori avevano maggiore agibilità, possibilità
nell’espressione dei propri rappresentanti e di incidere sulle decisioni della
propria organizzazione. Oggi, invece, è assodato che il tesseramento è in calo
per tutti i partiti, le loro sezioni e le loro sedi vengono chiuse, e che si è
sviluppata una nuova modalità di pronunciamento degli iscritti, ma al momento solo
per un movimento, ovvero i 5 Stelle guidati da Grillo e sotto l’alta direzione
del Gruppo Casaleggio. Va detto al proposito, che passi significativi in tal
senso li stanno facendo anche quelli del PD, che presto approderanno alla
soluzione dei 5 Stelle. Ma ritornando ai “seguaci” del comico italiano, al
potente esercito del gruppo Casaleggio, i membri della Piattaforma Rousseau,
così si chiama il sito su cui i pentastellati di tutta Italia possono “votare”,
sono soprattutto invitati ad esprimersi su quesiti proposti dai dirigenti,
spesso anche scritti in maniera specifica e soprattutto orientata. Ed ecco che,
la sinistra italiana è passata dallo sviluppo della coscienza di classe
attraverso l’istruzione e lo studio della storia e quant’altro (fino agli anni
’80), all’abbattimento concettuale, poi, (negli anni ’90 e 2000) delle classi sociali e
all’annullamento delle differenze politiche (Vedi per tutti Bobbio e il “grande”
Gaber), e, alla fine (dal 2010 in poi) alla riduzione dell’istruzione,
censurando quasi lo studio della storia, per giungere in conclusione al voto
digitale con schede a risposta multipla, che vorrebbe fosse adottato per
l’intero sistema elettorale. Una logica che progressivamente ha compromesso nettamente
il senso di rappresentanza e rappresentatività.
Certamente, se ogni movimento o partito è
libero di organizzarsi al suo interno come vuole, può darsi le regole che vuole
e darsi lo statuto che vuole, quando, però, la logica prima esposta viene
portata all’interno delle istituzioni, allora ad essere toccati sono tutti i
cittadini. Se poi si agisce nel senso del voto elettronico e della riduzione
del costo della politica, riducendo il numero dei parlamentari, allora la
situazione si aggrava. Come si inizia ad innescare questa logica? Con il taglio
dei parlamentari. Pensare che con il risparmio derivato da 600 rappresentanti
anziché 945 (un risparmio che non equivale nemmeno ad un caffè a testa, quando
poi con l’ultima manovra di bilancio, di ieri, ci sottraggono un bel po’ di
risorse economiche) si possa, da una parte, creare un tesoretto utile al
miglioramento di un qualche servizio, e, dall’altra, velocizzare l’iter
legislativo e decisionale dell’organo supremo italiano, è pura propaganda.
Anzi, viene da pensare che si voglia rendere il deputato o il senatore ancora
più “schiavo” del partito o movimento con cui è stato eletto. Quasi che la
democrazia e la politica non abbiano dei costi naturali ed insiti, per il loro
buon funzionamento e la loro salvaguardia da qualsivoglia tentativo di
trasformazione in altra forma organizzativa dello Stato, cosa che i potenti
d’Italia ed Europa auspicano fortemente e si muovono con forza in tale
direzione. Non è un caso forse che Luigi Di Maio, lo stuart (chissà chi è il
reale comandante dell’aereo?), capo politico del Movimento 5 Stelle, abbia
lanciato l’idea di legiferare sul vincolo di mandato per i parlamentari e
pensato di inserire nel contratto (sic!) firmato dai candidati pentastellati,
una multa nel caso questi dovessero cambiare gruppo parlamentare e/o partito.
Oltre ad aver invitato a farlo anche gli altri partiti. E nel Partito
Democratico qualcuno ha pure immaginato di raccogliere l’idea.
Si parlava del pericolo di distruggere il
concetto di rappresentanza e rappresentatività. Non può che è essere così, se
si porta avanti l’idea che meno teste possano elaborare leggi migliori e in
modo più veloce. Non può che essere così se non si agisce per lo sviluppo della
cultura in generale, ed in particolare storica, politica, sociale ed economica
dei cittadini. Non può che essere così se ci si avvicina a forme oligarchiche, compiendo
passi del genere. Non può essere altrimenti se un solo rappresentante deve
raccogliere le istanze di un maggior numero di rappresentati, quando la loro
distanza è già ampia.
Non si può pensare di sostituire il rapporto
fisico, culturale, intellettuale, interpersonale tra elettori ed eletti con le
dirette sulle piattaforme web. Soprattutto, non si può pensare di diminuire la
loro distanza e incentivarne il legame, perché queste modalità attengono al
mondo dello spettacolo, non a quello della politica. La politica, che è l’attività
con la quale dovremmo scegliere come organizzarci e convivere, non deve essere
show, non deve essere fiction, non deve essere rappresentata da star, anche
se………
Massimiliano
Lorenzo
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