Nel precedente
articolo ci siamo intrattenuti, sia pur analizzando gli snodi principali, sul
valore del lessico e di come utilizzarlo, ovvero della portata della parola e
in quali situazioni sfoderare un determinato vocabolario, piuttosto che un
altro, ma, tra le altre, anche in che misura prestare attenzione ad altri
fattori che incidono sull’efficacia comunicativa come la comprensione del livello
culturale del nostro interlocutore ed il ventaglio delle sue competenze
tecniche e lessicali.
Nell’arte
della comunicazione, tuttavia, si devono possedere anche altre facoltà,
rispetto a quelle già segnalate, e che prescindono, infatti, dal nostro
bagaglio culturale e soprattutto lessicale, benché, in particolare
quest’ultimo, sia molto importante per destreggiarsi nella giungla comunicativa
del mondo contemporaneo. Tra queste facoltà, quella che occupa un posto
rilevante è senza dubbio la nostra capacità di organizzare e catalogare il
pensiero, soprattutto nella fase ricettiva, e dunque di acquisizione delle
informazioni, e nella fase elaborativa, che implica sempre un complesso
processo di integrazione dell’informazione ricevuta con il sistema di pensiero
preesistente. Va da sé che ogni individuo ha una sua specifica organizzazione
del pensiero, che può essere più o meno efficiente ed incide sulle sue capacità
di risposta alle sollecitazioni dell’ambiente, in termini di esattezza e di rapidità.
E’ scontato che un’organizzazione inefficiente è anche inefficace è tipica dei
soggetti confusionari, incapaci dunque di operazioni complesse. D’altro canto
chi è capace di costruire e gestire azioni articolate e vaste non può non avere
un’organizzazione del pensiero molto efficiente e capacità elaborative delle
informazioni non comuni. E non appare superfluo sottolineare che, se è vero che
l’organizzazione del pensiero dipende molto da fattori educativi, le sue
potenzialità tuttavia sono collegate direttamente a fattori genetici. Per altro
verso, una buona cultura non implica un’organizzazione e un’elaborazione del
pensiero ottimale. Non a caso è frequente il caso di persone fortemente
acculturate, ma incapaci di comunicare in maniera efficace ed efficiente, le
quali sovente giustificano tale insufficienza adducendo che i loro discorsi
sono difficili da comprendere.
Va da sé che
la nostra capacità di costruire modelli di pensiero è direttamente
proporzionale alle nostre capacità organizzative e soprattutto logiche. In tale
prospettiva, un individuo che ha modeste capacità logico-organizzative, in
merito al pensiero dunque, avrà difficoltà a seguire non solo quanto gli viene
comunicato, ritenendo solo dei frammenti, ma avrà anche una visione dell’andamento
e dell’evoluzione dei meccanismi sociali nei quali è inglobato decisamente
modesta e sempre poco aderente alla realtà dei fatti, trovandosi per lo più sempre
in un forte stato confusionale o di incoscienza, esattamente come elabora in
maniera confusionaria i suoi discorsi privi di argomentazioni significative e
pregnanti.
Messo ciò in
evidenza soffermiamoci brevemente sulle due principali tipologie di pensiero,
le quali, comunicate, sono ancora una volta strettamente legate alle capacità
di comprensione del destinatario. La prima seguente uno schema causale semplice
(cioè A+B+C+…) laddove ogni proposizione è collegata conseguentemente alla
successiva, ovvero tra la prima e la seconda non vi sono aperture di pensiero
secondarie, accessorie o comunque non rilevanti rispetto all’obiettivo
comunicativo principale. E’ questo uno schema da utilizzare con persone che
hanno strutture del pensiero essenziali, minime, incapaci di contenere molte
informazioni, anche se ve ne sono altre ancora più elementari, come i
cosiddetti “discorsi a flash” che vengono utilizzati con ascoltatori di bassa
cultura e modestissime capacità ricettive.
La seconda è
una strutturazione del pensiero (e successivamente del discorso) più complessa
e articolata, compresa ed adoperata da personaggi fortemente intellettualizzati
oltre che colti, i quali rivolgendosi a soggetti dello stesso tipo, non seguono
schemi discorsivi popolari basati su slogan, frasi ad effetto e concatenazioni
di concetti semplici. Nella fattispecie, tra una proposizione e l’altra del
discorso o dell’esposizione del pensiero si inseriscono con questo modello comunicativo
aperture concettuali di vario tipo, le quali seppur di minor rilievo, in quanto
proposizioni secondarie, terziarie ed accessorie, sono comunque collegate al
concetto e alla concatenazione originale e dunque allo schema principale. In
questo caso si può parlare di arte oratoria, intesa ovviamente non solo come
diletto, la quale è chiaro che richiede una buona struttura logica e soprattutto
un’ottima organizzazione del pensiero, anche se queste, come facilmente è
comprensibile, non sono le uniche componenti per una comunicazione compiuta, efficace
e piacevole, come si vedrà e si avrà modo di riflettere
nel proseguo della nostra rubrica.
Andrea Tundo
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