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venerdì 4 ottobre 2019

Dalla Seconda alla Terza Repubblica (parte quattordicesima): il mutamento della cultura di sinistra – di Massimiliano Lorenzo



In tutte le democrazie occidentali, la politica è rappresentata sostanzialmente da due punti di vista contrapposti, ovvero la destra e la sinistra, anche se oggi non più. Il Novecento ha conosciuto anni di contrapposizione tra queste due visioni della società, anche legate ad un contesto internazionale che metteva a confronto il liberalismo statunitense ed il comunismo sovietico. Il Novecento italiano, da qui, comprese tra le sue fila il più grande partito comunista d’Europa, che storicamente è l’antenato dell’attuale sinistra italiana.
Da quando la contrapposizione occidente-oriente ha visto la fine della sua storia e il contesto internazionale ha conosciuto un sistema  apparentemente più anarchico e meno schematico, in Italia la sinistra ha iniziato un processo che l’ha condotta all’attuale condizione di quasi irrilevanza o, meglio, di appiattimento al sistema, se non assurgendo ad elemento funzionale al sistema capitalistico stesso, quando invece dovrebbe riformare e proporre una visione alternativa, sulla linea di quei suoi principi storici fondamentali.
Nella Prima Repubblica italiana, il Partito Comunista Italiano e la sinistra in generale perseguivano un grande ed ampio obbiettivo, come quello della lotta al capitalismo, a quel sistema che genera disuguaglianze per via dell’accumulazione del capitale, della competizione sfrenata tra soggetti ineguali e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sia in una prospettiva riformista sia in quella rivoluzionaria. Una prima repubblica italiana che ha conosciuto conquiste sociali proprio per la competizione politica e sistemica tra due visioni opposte su come andasse organizzata la società, su chi dovesse determinare le sorti dell’economia tra i lavoratori e i padroni, su quali dovessero essere i mezzi per la risoluzione degli scontri internazionali tra la guerra e la diplomazia. A guardare oggi la sinistra, viene da chiedersi dove siano finito “il sol dell’avvenire” e gli obbiettivi di uguaglianza, libertà e autodeterminazione.
Già nella Seconda Repubblica dello Stato italiano le avvisaglie per quella che sarebbe stata la cultura della sinistra italiana. Alla caduta del Muro e del PCI, sin da subito sparì, già dal nome, l’obbiettivo ultimo del socialismo reale e, con questo, via via, gli obbiettivi di uguaglianza sostanziale, parità di condizioni e trattamento, per lasciare posto a derive tutt’altro che rivoluzionarie, anzi, particolaristiche e fuorvianti, perché divisive e individualistiche. Ma c’è di più. La sinistra è stata usata per abbattere la stessa sinistra storica. Sono stati utilizzati, infatti, gli uomini di sinistra per abbattere le conquiste della sinistra della Prima Repubblica ed incanalare le masse verso logiche di destra. Le masse di sinistra infatti, senza accorgersene, si comportano sostanzialmente come masse di destra. Ed hanno anche perso la memoria del socialismo. Basti fare accenno a quelle per i diritti degli animali e le battaglie per l’ambiente, pure importanti, s’intenda, ma inutili se non inserite in una logica di società e quindi funzionali al sistema capitalistico. I partiti della sinistra cosiddetta “di governo”, ovvero i vari discendenti diretti del partito che fu di Gramsci e Togliatti, come il Partito Democratico infatti, si sono in buona sostanza adattati al sistema ed hanno fatte proprie le parole d’ordine del “nemico”.
Una cultura sinistroide, ma che di sinistra ha conservato solo il nome, si è sviluppata sino all’avvento di quel soggetto politico ed organizzazione giustizialista, composta per gran parte da soggetti orgogliosi di non aver mai fatto politica prima d’ora, quasi fosse un disvalore, nella quale l’arrivismo di tanti è stato nascosto sotto l’enfatizzazione del civismo a tutti i costi e una presunzione di moralità, degna dei peggiori “talebani”. Per essere chiari, il riferimento è al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, un comico divenuto capo partito e capo popolo (o forse perfetto interprete di un copione scritto da altri?), legato alla potente famiglia dei Casaleggio ed alla sua società. Un’organizzazione grazie alla quale è divenuto più importante l”apprendista stregone” rispetto al medico, lo studio tra i blog di “chicchessia” rispetto ai trattati scientifici, la democrazia del “like” rispetto a quella delle tribune politiche. Insomma, un populismo dell’ignorante e dell’ignavo, dove prima c’erano i dibattiti tra esperti acclamati e riconosciuti, che hanno lasciato il passo a un camaleontico “uno vale l’altro”.
Quindi, una cultura politica di sinistra che ha abbandonato del tutto ogni e qualsiasi tipo di velleità rivoluzionaria, che nelle componenti dirigenziali si è votato al padrone, ai grandi capitali e all’accentramento di potere, sdegnano finanche l’appellativo stesso di “sinistra”.  Una sinistra che si è “venduto” nel silenzio il popolo di sinistra, trasformandolo in una morfologia adeguata al sistema capitalistico. Nel tempo delle post ideologia, tutte le compagini politiche, e soprattutto la sinistra, sostengono che sia anacronistico dividersi in schermanti, ma nascondono invece l’assenza di capacità in una visione generale e completa della società. O la rifuggono questa visione completa di libertà, uguaglianza e giustizia, osteggiandola anche? Una sinistra che ha abbattuto il concetto di classi sociali, distruggendo la coscienza di classe appunto,per far diventare tutto liquido ed informe……..facilmente utilizzabile.

Massimiliano Lorenzo

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