E’
sotto gli occhi di tutti che la nostra società ha superato abbondantemente la
soglia della sopravvivenza materiale. Certo, non mancano casi limite di
indigenza, ma questi costituiscono un fenomeno molto modesto. D’altro canto,
molti sono coloro che devono ‘stringere la cinghia’ a fine mese, ma le
condizioni minime di esistenza sono prerogativa dei più. Sotto altro profilo,
va considerato che abbiamo i redditi più alti del mondo ed un patrimonio
familiare che ci consentirebbe di vivere più di dieci anni senza produrre
alcunché. E la crisi attuale non ha scalfito se non in maniera blanda, il
livello del nostro reddito e la nostra disposizione ai consumi. Certamente, la
situazione è grave per chi postula un reddito sempre crescente. Voci oramai
stridule di fronte al generale riconoscimento che come la vita umana anche
quella economica ha un andamento sinusoidale, tra alti e bassi. La
disoccupazione peraltro non è più un problema sostanziale per nessuno, se non solo
sotto il profilo esistenziale e della propria realizzazione. I possessori di
redditi sono perfettamente in grado di sostenere il difficile ingresso dei
giovani nel mondo del lavoro ed affrontare le incombenze di chi deve, anche in età
avanzata, riqualificarsi. E pare che il problema della disoccupazione verrà
affrontato anziché creando più posti di lavoro, col reddito di cittadinanza.
Insomma, siamo ricchi e possiamo
permetterci anche di lavorare poco! Ed il vero problema risiede proprio in
questo. Il senso dell’esistenza acquisisce un significato soprattutto quando
occorre costruire, raggiungere un obiettivo, un traguardo, una meta. E la
nostra società ha raggiunto i traguardi che si era prefissati in termini
materiali nel ‘700: condizioni di vita accettabili per tutti. Ed ora? Quali
saranno i nuovi traguardi per la nostra società? Ma poi, il benessere materiale
ha un suo valore salvifico? Sicuramente no! Che fare dunque?
In tale prospettiva, la politica oramai
ha poco da dire al di là di sterili pragmatismi e tecnicismi. Nessuno dei
partiti dell’arco costituzionale ha un progetto sociale, un orientamento se non
dare più ricchezza ai ricchi ed efficientare la macchina dello Stato. Fino alla
prima repubblica i politici proponevano schemi sociali diversi per il
raggiungimento generalizzato del benessere materiale per la popolazione. Qui
intellettuali e studiosi hanno avuto un ruolo determinante. Ma oggi? I politici
che hanno da dirci? Che hanno da proporre? Nulla o poco più!
E la Chiesa, anche la Chiesa ha perso
il suo ruolo sociale sotto il profilo etico ed escatologico. Il pluralismo
religioso e la secolarizzazione hanno messo in crisi ciò che prima costituiva
un punto fermo per l’uomo comune, che oggi è immerso e sommerso da un
relativismo becero e falso, col risultato di creare ancor più confusione e caos
spirituale, in una soluzione disarmante. Mancando il paradiso, ecco qui che la
vita diventa fine a se stessa, senza conclusioni e mete. E persino la scienza
fa fatica a dare certezze e orizzonti di un certo interesse. In tale
prospettiva, anche i filosofi non trovano minimi comuni denominatori
significativi.
All’uomo, il nostro uomo moderno
opulento e disorientato, in cerca della felicità e del benessere, non resta che
il ‘collezionismo’, piccolo o grande
che sia, a seconda della disponibilità di ricchezza. Così troviamo lo shopping
e il tecnologismo compulsivi, viaggi in abbondanza, senza il senso della
misura, conquista di posizioni di potere, con titoli e patacche di vario
genere, senza un perché e reali contenuti, sesso immotivato, presenzialismo esasperato,
senza poi parlare degli alcolisti e dei drogati. In tutto questo l’arte e la
letteratura, come anche la poesia, paiono essere le spiagge cui approdare per
la salvezza. Ma anche queste sono state contaminate dall’arrivismo, dal
presenzialismo e dal consumismo visivo, svuotandosi così di tutti i possibili
contenuti, se non acquisendo solo una valenza terapeutica, per sopportare la
vacuità di questa nostra esistenza.
Che dire dunque? Forse, che, una volta
superata questa crisi di una possibile pandemia, una delle soluzioni
praticabili rispetto all’illusoria ricchezza, quale salvezza, sia di
rintracciare un sano epicureismo, dove prevalgano il senso della misura e della
ponderazione incrociate alla forma, spazio effettivo della civiltà?
Mauro
Ragosta
Non vedo grandi filosofi tra gli "uomini nuovi" nè sapiente equilibrio interiore...a cominciare dai capi vedo solo una buona dose di egocentrismo che nessuna pandemia potrà far scomparire!
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