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giovedì 13 giugno 2019

Dalla Seconda alla Terza Repubblica (parte ottava): La concentrazione del potere bancario - di Massimiliano Lorenzo


Dopo aver trattato la concentrazione del potere all’interno del quadro politico, che è avvenuto al di là delle colorazioni politiche dei vari governi, in questo pezzo per Maison Ragosta verrà proposto e trattato nelle linee essenziali un altro processo di concentrazione del potere, e cioè quello delle banche. Anche questo trascende la politica e la sua colorazione. In atto ormai dagli anni ’90, soprattutto negli ultimi 10 anni in Italia ed in Europa gruppi bancari più o meno grandi, infatti, hanno intrapreso processi di fusione e acquisizione di banche di dimensioni più contenute.
Chiariamo da subito che qui verranno esposte due versioni di queste dinamiche: una ufficiale, l’altra valutabile attraverso facili deduzioni. Entrambe verranno considerate su scala nazionale, anche se la matrice dei cambiamenti stanno nella riorganizzazione del potere bancario sul piano internazionale.
Secondo la versione ufficiale, a favorire i processi di concentrazione bancaria sono stati soprattutto tre fattori, ovvero una deregolamentazione finanziaria, il continuo progresso tecnologico e la crescente integrazione tra i mercati. Una prospettiva tecnico-economica, che solo in minima parte spiega, però, il fenomeno. Ma c’è di più. Secondo la teoria ufficiale, le aggregazioni tra banche creerebbero l’opportunità per migliorare l’efficienza nella gestione degli istituti e dei servizi per i clienti. Ecco quindi che gran parte della teoria spiega i vantaggi del cliente del processo concentrazione bancaria. Ed ancora sul piano della tranquillità del cliente, molta teoria spiega. che, nella creazione di questi grossi gruppi bancari ad aumentare è la probabilità che le banche non falliscano e di essere salvate dal sistema nei momenti di difficoltà, proprio perché “too big to fail” – troppo grande per fallire.
Dopo aver esposto brevemente la teoria di queste fusioni e acquisizioni, bisogna soffermarsi un attimo su cosa sia poi accaduto realmente. Ovvero? L’effetto finanziario positivo delle aggregazioni si è prodotto solo nel breve periodo. La motivazione è semplice: a queste operazioni non sono seguite ristrutturazioni produttive dei nuovi istituti bancari, non vi è stato un serio processo che modificasse realmente la struttura del capitale e dei servizi. Da questo, è risultato che nel medio periodo la banca si è addirittura indebolita. Ciò è rinvenibile proprio nei gruppi bancari italiani, che, nonostante il loro discreto dinamismo, sono peggiorati negli indicatori di capitalizzazione e liquidità. Un po’ come è accaduto per lo Stato italiano: sempre più indebitato e sempre più potente e controllore.
Ad una attenta riflessione, infatti, in un’altra prospettiva, si converrà che col processo di concentrazione della banche si è concentrato il potere di concedere credito e di finanziare più facilmente l’economia in una proiezione dirigista, riducendo in pochi centri direzionali chi e cosa finanziare, quale territorio far sviluppare e quale settore privilegiare. Ciò che prima era di pertinenza dello Stato, assistito da una miriade di banche, ora è tornato nella mani dei privati e in pochi centri di potere: il nuovo volto del capitalismo italiano ed europeo?
Per avere un’idea, ad esempio, la fortuna della Fiat deriva solo dal sistema bancario, in quanto l’azienda degli Agnelli ha operato ed opera con danaro prestato dalle banche per il 90%, e cioè opera quasi interamente con denaro preso a prestito. Ne viene spontaneo capire che se le banche decidessero di far chiudere la Fiat ci metterebbero pochissimo tempo. Ma ci si chiede ancora: e perché le Banche non hanno voluto finanziare una Fiat al Sud? Che per caso non s’è trovato al Sud l’Agnelli di turno? E ci si deve chiedere ancora quanta parte ha avuto il sistema bancario nel fermare lo sviluppo del Sud e favorire quello del Nord?  
Al riguardo va ancora osservato, infatti che, l’accelerazione dell’arretramento del Mezzogiorno d’Italia degli ultimi vent’anni si sviluppa in corrispondenza dell’accelerazione del processo di concentrazione del potere bancario, che ha annullato definitivamente i grossi gruppi bancari del Sud, come il Banco di Napoli e la Banca del Salento, la più grande banca privata nazionale: il nuovo volto della subordinazione Meridionale? E’ stata, dunque, eliminata ogni possibilità di rilancio del Sud?
In definitiva e al di là di ciò, il processo di concentrazione del potere nel sistema bancario ha solo prodotto una possibilità da parte di pochi soggetti di controllare e dirigere più agilmente il sistema economico-imprenditoriale sull’intero territorio nazionale, come analogamente è successo a livello europeo.                                          
Massimiliano Lorenzo

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