Dopo
aver trattato la concentrazione del potere all’interno del quadro politico, che
è avvenuto al di là delle colorazioni politiche dei vari governi, in questo pezzo
per Maison Ragosta verrà proposto e trattato nelle linee essenziali un altro
processo di concentrazione del potere, e cioè quello delle banche. Anche questo
trascende la politica e la sua colorazione. In atto ormai dagli anni ’90, soprattutto negli ultimi 10 anni in Italia ed in Europa gruppi bancari più o meno grandi,
infatti, hanno intrapreso processi di fusione e acquisizione di banche di
dimensioni più contenute.
Chiariamo
da subito che qui verranno esposte due versioni di queste dinamiche: una
ufficiale, l’altra valutabile attraverso facili deduzioni. Entrambe verranno considerate
su scala nazionale, anche se la matrice dei cambiamenti stanno nella
riorganizzazione del potere bancario sul piano internazionale.
Secondo
la versione ufficiale, a favorire i processi di concentrazione bancaria sono
stati soprattutto tre fattori, ovvero una deregolamentazione finanziaria, il
continuo progresso tecnologico e la crescente integrazione tra i mercati. Una
prospettiva tecnico-economica, che solo in minima parte spiega, però, il
fenomeno. Ma c’è di più. Secondo la teoria ufficiale, le aggregazioni tra
banche creerebbero l’opportunità per migliorare l’efficienza nella gestione
degli istituti e dei servizi per i clienti. Ecco quindi che gran parte della
teoria spiega i vantaggi del cliente del processo concentrazione bancaria. Ed
ancora sul piano della tranquillità del cliente, molta teoria spiega. che, nella
creazione di questi grossi gruppi bancari ad aumentare è la probabilità che le
banche non falliscano e di essere salvate dal sistema nei momenti di
difficoltà, proprio perché “too big to fail” – troppo grande per
fallire.
Dopo
aver esposto brevemente la teoria di queste fusioni e acquisizioni, bisogna
soffermarsi un attimo su cosa sia poi accaduto realmente. Ovvero? L’effetto
finanziario positivo delle aggregazioni si è prodotto solo nel breve periodo.
La motivazione è semplice: a queste operazioni non sono seguite
ristrutturazioni produttive dei nuovi istituti bancari, non vi è stato un serio
processo che modificasse realmente la struttura del capitale e dei servizi. Da
questo, è risultato che nel medio periodo la banca si è addirittura indebolita.
Ciò è rinvenibile proprio nei gruppi bancari italiani, che, nonostante il loro
discreto dinamismo, sono peggiorati negli indicatori di capitalizzazione e
liquidità. Un po’ come è accaduto per lo Stato italiano: sempre più indebitato
e sempre più potente e controllore.
Ad
una attenta riflessione, infatti, in un’altra prospettiva, si converrà che col
processo di concentrazione della banche si è concentrato il potere di concedere
credito e di finanziare più facilmente l’economia in una proiezione dirigista,
riducendo in pochi centri direzionali chi e cosa finanziare, quale territorio
far sviluppare e quale settore privilegiare. Ciò che prima era di pertinenza
dello Stato, assistito da una miriade di banche, ora è tornato nella mani dei
privati e in pochi centri di potere: il nuovo volto del capitalismo italiano ed
europeo?
Per
avere un’idea, ad esempio, la fortuna della Fiat deriva solo dal sistema
bancario, in quanto l’azienda degli Agnelli ha operato ed opera con danaro
prestato dalle banche per il 90%, e cioè opera quasi interamente con denaro
preso a prestito. Ne viene spontaneo capire che se le banche decidessero di far
chiudere la Fiat ci metterebbero pochissimo tempo. Ma ci si chiede ancora: e
perché le Banche non hanno voluto finanziare una Fiat al Sud? Che per caso non
s’è trovato al Sud l’Agnelli di turno? E ci si deve chiedere ancora quanta
parte ha avuto il sistema bancario nel fermare lo sviluppo del Sud e favorire
quello del Nord?
Al riguardo va ancora
osservato, infatti che, l’accelerazione dell’arretramento del Mezzogiorno
d’Italia degli ultimi vent’anni si sviluppa in corrispondenza
dell’accelerazione del processo di concentrazione del potere bancario, che ha
annullato definitivamente i grossi gruppi bancari del Sud, come il Banco di
Napoli e la Banca del Salento, la più grande banca privata nazionale: il nuovo
volto della subordinazione Meridionale? E’ stata, dunque, eliminata ogni
possibilità di rilancio del Sud?
In
definitiva e al di là di ciò, il processo di concentrazione del potere nel
sistema bancario ha solo prodotto una possibilità da parte di pochi soggetti di
controllare e dirigere più agilmente il sistema economico-imprenditoriale
sull’intero territorio nazionale, come analogamente è successo a livello
europeo.
Massimiliano Lorenzo
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