Quante volte, nel corso di una giornata,
siamo chiamati a utilizzare le parole? Tante, tantissime, e in modo non
quantificabile. D’altro canto, siamo in una società dove la relazione è
centrale nell’esistenza dell’individuo, da qui la necessità di interloquire con
frequenze altissime. Alcuni interscambi sono superficiali, basati sui
convenevoli; altri sono funzionali, orientati a ottenere qualcosa di specifico:
“Un caffè, grazie” o “10 di diesel, per favore”. Ciò che rimane, ovvero la
maggior parte delle nostre relazioni di tutti i giorni, è costituito, invece,
da comunicazioni complesse; modalità di relazionarsi che richiedono una reale
presa di consapevolezza dell’altro, delle sue ragioni, del suo punto di vista,
del suo vissuto, nonché dei propri obiettivi, delle proprie intenzioni e da qui
la scelta del linguaggio da usare e modulare, non solo nella prospettiva
lessicale, ma anche delle formule comunicative. E si tratta, in definitiva, di
comunicazioni che, il più delle volte, si presenta altamente problematica, dove
non tutti riescono a raggiungere risultati ottimali, efficaci, significativi.
Il motivo? La risposta, probabilmente, si intercetta comprendendo e riflettendo
sulla questione legata all’analfabetismo funzionale.
In Italia, un cittadino su due è
analfabeta. Non pensate all’analfabetismo stricto
sensu, proprio di chi è incapace di leggere e di scrivere correttamente in
italiano. Qui si parla di un altro fenomeno, conosciuto come analfabetismo funzionale, o illetteralismo:
sappiamo parlare e scrivere correttamente - chi più, chi meno - ma non siamo in
grado di capire né quello che ci viene detto né quello che leggiamo, come,
molto spesso, non siamo coscienti di ciò che diciamo o scriviamo. Sovente non si
è in grado di comprendere periodi complessi, costretti a interpretare una frase
per volta. Le ultime stime Ocse rivelano che, in Italia, la percentuale di
analfabeti disfunzionali è pari al 37,7% della popolazione nella fascia d’età
compresa tra i 16 e i 65 anni (dati del 2016).
Ci illudiamo che comunicare molto sia lo stesso che comunicare bene. La società
entro cui espletiamo noi stessi impone un flusso relazionale di una portata mai
vista in precedenza e l’uomo comune prova a barcamenarsi in qualche modo in
questo mare magnum della
comunicazione. Da qui, ecco che per lo scambio verbale con l’esterno si ricorre
sempre più spesso a forme paraverbali che scorrono quasi sempre via smartphone;
usiamo emoticon che ci riconducono in una forma di tribalismo moderno, che
banalizza in modo grossolano una realtà troppo complessa per essere codificata,
prima ancora che essere espressa. Molto spesso ci si riduce ad un linguaggio
macchina, per usare una metafora informatica, fatto di soli due segni, talché
la comunicazione diventa un vero e proprio gioco d’azzardo, una sorta di
zecchinetta letteraria. Non sappiamo configurare noi stessi e da qui il
prossimo non sa recuperarci in ciò che vogliamo dire e comunicare. E così ci
allontaniamo, pur non essendo mai stati così vicini.
Secondo i dati Istat, ad esempio, le separazioni si sono più che raddoppiate
nell’ultimo ventennio e, oggi, oltre un matrimonio su cinque dura meno di
diciassette anni. Le ragioni, molteplici e complesse, in ogni caso vedono come
centrale l’incomunicabilità. Essere analfabeti funzionali, all’atto pratico,
vuol dire non essere in grado di dare forma ai propri sentimenti e
ragionamenti; vuol dire scontrarsi con il disagio di sentirsi incompresi e di
non saper comprendere.
Su altro fronte, poi, va considerato
che, il numero di parole a disposizione dell’individuo comune, almeno in
Italia, è bassissimo, aggirandosi intorno alle cinquecento, mille. E’ facile
comprendere così che tale circostanza chiude il cerchi dell’analfabetismo, dove
non solo non si capisce e ci si capisce, ma si hanno a disposizione pochissimi
termini per esprimersi ed esprimere una realtà, una circostanza.
Ecco
quindi che, mentre da una parte la nostra società si evolve inel senso della
complessità, che di fatto richiede una formazione sempre più spinta, dall’altra
il livello di alfabetismo funzionale presenta frequenze sempre più basse, dove
è dilagante il fenomeno che si sostanzia nell’incapacità-impossibilità di
comunicare, rendendo così le relazioni, centrali nella vita dell’individuo
comune, altamente imprecise, inefficaci, sfociando così queste in vari tipi di
disagio, dove quello psicologico è solo quello più evidente.
Danilo De Luca
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