Per
una disamina dell’Italia di ieri e di oggi, quella che ha attraversato in meno
di un secolo due repubbliche ed è da poco entrata nella terza, risulta utile
soffermarsi sugli aspetti che riguardano il controllo più puntuale nei processi
di gestione della popolazione, attraverso gli organi di pubblica sicurezza.
Dopo le leggi speciali degli anni ’70, assistiamo oggi ai due decreti sicurezza
di Matteo Salvini. Cosa possono significare per la democrazia? Quali tratti
prenderà la democrazia? E qui è utile, sia pur brevemente, dare uno sguardo al
nostro passato, relativamente recente, per capire meglio l’attuale situazione,
e magari, cercare di ipotizzare uno scenario futuro.
Della
nostra Italia, segnata dal terrorismo rosso e nero, dai tentativi di golpe
bianchi, c’è chi ne parla come un laboratorio utile ad acquisire informazioni e
metodi per il contrasto di determinate pratiche di lotta politica, guardando
ovviamente anche al più ampio scenario internazionale. Ma davvero le indicazioni
emergenti da tali pratiche hanno offerto una serie di indicazioni solo in
ambito esclusivamente politico, oppure queste presentano una valenza anche in
prospettive più spiccatamente sociali?
A
tal riguardo, va subito evidenziato che, come per la lotta alla mafia così per
quella al terrorismo, i legislatori della Prima Repubblica hanno provveduto ad
emanare norme particolari per il loro contrasto. Due di queste due vengono
finanche definite “speciali”, ovvero fortemente limitanti i principi di libertà
e democrazia. Ci si riferisce alla Legge Reale del 1975 e quella di Cossiga “il
picconatore” del 1980. Se con la prima venne estesa la possibilità dell’uso
delle armi per evitare stragi o attentati, ovvero per questioni di gravi
turbamenti all’ordine pubblico, e perquisizioni senza mandato per sospetti di
possesso d’armi; quella del “picconatore”, appesantì la Legge Reale e venne
spesso utilizzata nei confronti di manifestanti e oppositori alla politica
dominante. Una legge cosiddetta speciale la troviamo anche in tempi più
recenti, della Seconda Repubblica, adeguata anche alle nuove tecnologie.
Infatti, la Legge Pisanu del 2005, tra le altre cose, ha conferito il potere
alle forze dell’ordine di controllare, oltre al traffico telefonico, anche quello
telematico. Se è vero che queste tre leggi hanno avuto i natali per questioni
di terrorismo, la loro applicazione non si è certamente limitata esclusivamente
in tale ambito.
Da
tutto questo, venendo ai giorni nostri e restando sul tema dei provvedimenti
speciali, in poco più di un anno, l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini ha
varato decreti, poi tradotti in legge, che, seppur dando indicazioni generali in
materia di sicurezza già nella loro denominazione lasciano intravedere segnali
forti sul tipo di ripercussione, derivante da un loro sviluppo più specifico ed
articolato. Si fa ovviamente riferimento ai due Decreti Sicurezza, che sono
passati alla cronaca soprattutto per la loro utilità per la lotta alla criminalizzazione
e per la migliore gestione della questione immigrazione, ma che, per altro
verso, contengono articoli atti ad incidere direttamente sul comune cittadino,
e, nello specifico, a quelle fasce sociali che appartengono ai “facinorosi di
sinistra”, dei “centri sociali” e tutti coloro che abbracciano pratiche di
manifestazione esplicita del dissenso. Infatti, nel primo e nel secondo decreto
salviniano troviamo norme riguardanti sgomberi forzati di luoghi occupati, utilizzo
di taser per la polizia locale, il
reato di blocco stradale (sic! guarda un po’ è qualcosa che si verifica
costantemente durante le manifestazioni di piazza). Ed ancora, maggiore tutela
e libertà d’azione per le forze dell’ordine, aggravanti per resistenza a
pubblico ufficiale. Peraltro, entrambi i decreti concentrano certi processi
decisionali nella persona del ministro degli Interni.
Da
altra angolazione, viviamo nel tempo della tecnologia, che si connota per l’applicazione
dell’informatica in ogni aspetto della nostra vita e, da qui, è facile
intravedere che in tema di controllo della popolazione, questa venga utilizzata
in maniera più o meno esplicita. Ed ecco che, appare facile intuire, che questa
nuova e nostra società si connoterà sempre più come “aperta” alla possibilità
di controllo e gestione delle sue dinamiche, sia esse di natura politica, sia
esse di natura prettamente sociale, rispetto alle quali è prevedibile un’evoluzione
sempre più sublimata dei processi comunicativi.
Massimiliano Lorenzo
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