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venerdì 6 dicembre 2019

Dalla Seconda alla Terza Repubblica (parte diciassettesima): La Sicurezza tra dinamiche e gestione della società……verso il futuro – di Massimiliano Lorenzo




Per una disamina dell’Italia di ieri e di oggi, quella che ha attraversato in meno di un secolo due repubbliche ed è da poco entrata nella terza, risulta utile soffermarsi sugli aspetti che riguardano il controllo più puntuale nei processi di gestione della popolazione, attraverso gli organi di pubblica sicurezza. Dopo le leggi speciali degli anni ’70, assistiamo oggi ai due decreti sicurezza di Matteo Salvini. Cosa possono significare per la democrazia? Quali tratti prenderà la democrazia? E qui è utile, sia pur brevemente, dare uno sguardo al nostro passato, relativamente recente, per capire meglio l’attuale situazione, e magari, cercare di ipotizzare uno scenario futuro.
Della nostra Italia, segnata dal terrorismo rosso e nero, dai tentativi di golpe bianchi, c’è chi ne parla come un laboratorio utile ad acquisire informazioni e metodi per il contrasto di determinate pratiche di lotta politica, guardando ovviamente anche al più ampio scenario internazionale. Ma davvero le indicazioni emergenti da tali pratiche hanno offerto una serie di indicazioni solo in ambito esclusivamente politico, oppure queste presentano una valenza anche in prospettive più spiccatamente sociali?
A tal riguardo, va subito evidenziato che, come per la lotta alla mafia così per quella al terrorismo, i legislatori della Prima Repubblica hanno provveduto ad emanare norme particolari per il loro contrasto. Due di queste due vengono finanche definite “speciali”, ovvero fortemente limitanti i principi di libertà e democrazia. Ci si riferisce alla Legge Reale del 1975 e quella di Cossiga “il picconatore” del 1980. Se con la prima venne estesa la possibilità dell’uso delle armi per evitare stragi o attentati, ovvero per questioni di gravi turbamenti all’ordine pubblico, e perquisizioni senza mandato per sospetti di possesso d’armi; quella del “picconatore”, appesantì la Legge Reale e venne spesso utilizzata nei confronti di manifestanti e oppositori alla politica dominante. Una legge cosiddetta speciale la troviamo anche in tempi più recenti, della Seconda Repubblica, adeguata anche alle nuove tecnologie. Infatti, la Legge Pisanu del 2005, tra le altre cose, ha conferito il potere alle forze dell’ordine di controllare, oltre al traffico telefonico, anche quello telematico. Se è vero che queste tre leggi hanno avuto i natali per questioni di terrorismo, la loro applicazione non si è certamente limitata esclusivamente in tale ambito.
Da tutto questo, venendo ai giorni nostri e restando sul tema dei provvedimenti speciali, in poco più di un anno, l’ex ministro degli Interni Matteo Salvini ha varato decreti, poi tradotti in legge, che, seppur dando indicazioni generali in materia di sicurezza già nella loro denominazione lasciano intravedere segnali forti sul tipo di ripercussione, derivante da un loro sviluppo più specifico ed articolato. Si fa ovviamente riferimento ai due Decreti Sicurezza, che sono passati alla cronaca soprattutto per la loro utilità per la lotta alla criminalizzazione e per la migliore gestione della questione immigrazione, ma che, per altro verso, contengono articoli atti ad incidere direttamente sul comune cittadino, e, nello specifico, a quelle fasce sociali che appartengono ai “facinorosi di sinistra”, dei “centri sociali” e tutti coloro che abbracciano pratiche di manifestazione esplicita del dissenso. Infatti, nel primo e nel secondo decreto salviniano troviamo norme riguardanti sgomberi forzati di luoghi occupati, utilizzo di taser per la polizia locale, il reato di blocco stradale (sic! guarda un po’ è qualcosa che si verifica costantemente durante le manifestazioni di piazza). Ed ancora, maggiore tutela e libertà d’azione per le forze dell’ordine, aggravanti per resistenza a pubblico ufficiale. Peraltro, entrambi i decreti concentrano certi processi decisionali nella persona del ministro degli Interni.
Da altra angolazione, viviamo nel tempo della tecnologia, che si connota per l’applicazione dell’informatica in ogni aspetto della nostra vita e, da qui, è facile intravedere che in tema di controllo della popolazione, questa venga utilizzata in maniera più o meno esplicita. Ed ecco che, appare facile intuire, che questa nuova e nostra società si connoterà sempre più come “aperta” alla possibilità di controllo e gestione delle sue dinamiche, sia esse di natura politica, sia esse di natura prettamente sociale, rispetto alle quali è prevedibile un’evoluzione sempre più sublimata dei processi comunicativi.
Massimiliano Lorenzo

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