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domenica 15 settembre 2019

Dalla Seconda alla Terza Repubblica (parte tredicesima): Dal Gruppo Casaleggio agli azionisti di riferimento delle banche…e l’Italia senza leaders – di Massimiliano Lorenzo



Se nella riflessione sulla comunicazione politica strutturata prevalentemente sullo slogan e sulle frasi superficiali ci si è soffermati in precedenza, è bene ora meditare su chi li veicola, ovvero i leaders. Per quanto detto, è giunto il momento di valutare se questi soggetti siano o meno realmente degli intellettuali trascinatori, o, invece, ci sono soggetti altri dietro le quinte che manovrano e costruiscono l’informazione politica, lavorando indisturbati e poco osservati nonché poco citati.
L’Italia del Novecento ha dato i natali a più e più leaders (veri!), riconosciuti, nel contesto nazionale e internazionale, per la loro levatura, per il loro carisma e intelletto. Basta citarne due per rappresentare uomini che si contrapponevano politicamente e culturalmente: Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. Ecco, appunto, politica e cultura, un binomio inscindibile per la gestione di un territorio e dello Stato. Due elementi così strettamente legati, che in mancanza della seconda, la cultura appunto, la politica si trasforma in un teatrino amatoriale, tra replicanti di idee senza una reale consistenza. Oggi, in effetti, i grandi produttori di idee politiche sono gli staff dei grandi gruppi bancari, che finanziano l’industria e la orientano, e i vertici del Gruppo Casaleggio, potentissimo e di caratura veramente sconcertante, che gestisce il popolo dei pentastellati. E’ qui che si produce l’idea……
In ogni caso, punto nevralgico è dunque la cultura. Quella cultura che sosteneva la politica, composta soprattutto da intellettuali, studiosi ed esperti. Oggigiorno, la cultura, intesa come soluzione all’esistenza, non è più in politica. Oggigiorno, la cultura del politico è prodotto commerciale, divertisement, intrattenimento, schiacciato su logiche diverse e non di vera conoscenza. Insomma, la cultura non è più strumento personale, politico e di emancipazione. È più che altro, in molti casi, risultato di lasciti parziali, superficiale e vuota. Peraltro, non è più strumento di lotta, anzi. La cultura non è più al potere, in definitiva. E ciò almeno con riferimento a quello visibile dai più.
Nel Novecento i politici erano spesso intellettuali e soprattutto i leaders. Ed oggi? Da Renzi a Salvini, da Di Maio alla Meloni, potremmo forse ritenerli tali? Potremmo definirli trascinatori per le loro idee e la loro cultura o, forse, più per la loro capacità di parlare ad organi diversi dal cervello? Ovviamente, no, non sono intellettuali. A loro è deputato solo il parlare, non produrre idee e strategie. Insomma, non sono neanche dei subleaders. Sono solo dei parlatori, e basta.
Cosa son quindi questi fantomatici leader? I nuovi leaders? Se prima il segretario o il presidente di un partito rappresentavano la sintesi culturale e politica dell’organizzazione, un soggetto che ispirava il popolo, oggi gli attori considerati (o magari pure riconosciuti) leaders sembrano più che altro dei capo popolo, dove sono loro ad ispirarsi ai subalterni, al contrario di quanto avveniva prima. Insomma, vi è un ribaltamento dei ruoli mediatici. Il popolo non guarda più al leader, e non tende e si ispira più a lui, ma è il leader che guarda il popolo, e a questo ispira il suo intervento. Da qui, è evidente il vizio. Ovviamente sono soggetti dalla cultura tutt’altro che raffinata e ampia. Anzi. Spesso sono uomini arroganti, voltafaccia, capaci di cambiare idea su tutto e tutti in un batter di ciglio, a seconda della convenienza politica del momento. Ma d’altro canto, cosa possono fare di più? Ci si può aspettare il colpo di scena intellettuale? Non si va al di là del tatticismo, perché poi gli strateghi sono altrove, nascosti, silenti, indisturbati….nei lussuosi salotti italiani, lontani dai centri commerciali e dagli stadi, lontani dal rumore dei giornali.
Come tutti i rappresentanti in Parlamento e come tutti i politici sono l’espressione dei cittadini, e lo sono anche, e a maggior ragione, i leaders delle organizzazioni politiche, che si definiscano partiti o movimenti. Sembrano tuttavia tutti uguali tra loro, nelle idee e negli obiettivi…liquidi, una massa indistinta, senza una forma ben precisa. Se dunque questi personaggi hanno questo poco spessore culturale e vengono eletti, bisogna allora chiedersi quale sia il livello degli elettori e seguaci. C’è da preoccuparsi? Forse, bisognerebbe prendere coscienza di quel che è l’italiano in parlamento? Ma poi, è necessario che i grossi gruppi economici escano allo scoperto, o ci basta il leaderuccio su cui scagliare tutte le nostre insoddisfazioni e frustrazioni? Una volta fatto ciò, bisognerebbe rimettere la cultura nel posto dove deve stare e dove sempre è stata: che sia il faro e lo strumento per tutti! E non che un politico qualunque o teatrante di turno, facciano finta di fare cultura, aizzando le folle contro il nemico, peraltro falso…….Ma forse, è la Civiltà dei Consumi che vuole tutto questo?

Massimiliano Lorenzo







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