Dopo
aver trattato questioni squisitamente economico-finanziarie, nelle quali si è
messo in evidenza come lo Stato e la Repubblica si sono svuotate nei loro ruoli
e funzioni, perdendo consistenza e diventando leggeri, a partire dal 1992 e
sino ai nostri giorni, è ora il momento di volgere lo sguardo verso ciò che più
di altri elementi si sostanzia la politica italiana. Ci si soffermerà e si
rifletterà sulla nuova comunicazione politica, oramai priva di contenuti
significativi e che si sostanzia in una propaganda decisamente light, fatta di minislogan consumistici,
lanciati a raffica, che giocano esclusivamente sull’emotività dell’elettore, in
ciò favorita dalle nuove tecnologie, dove a far da padroni sono i social
network. E ciò in un quadro dove, oggi, è pressoché inesistente un
dibattito politico in qualche modo soddisfacente per chi voglia partecipare
alla vita politica e pubblica.
Sicché,
nella Seconda Repubblica, e ancor di più nella prima, quando si pensava alla
propaganda dei partiti e dei suoi politici protagonisti, venivano in mente
comizi, tribune politiche, assemblee fiume. E in questi i luoghi in cui la
politica, che fosse destroide o sinistroide, si riempiva di contenuti e
argomenti, dati statistici e opinioni ragionate, e ancora di parole d’ordine
dell’ideologia rossa, bianca o nera che fosse. Oggi, invece, tempi, contenuti,
argomenti e ragionamenti si sono ristretti così tanto da poter esser imparati a
memoria e fatti propri, quasi siano i dieci comandamenti. Insomma, siamo al mini della comunicazione politica. Ecco,
la minipolitica, oggi.
D’altra
parte, prima dell’avvento dei social
e dei suoi specialisti e tecnici, a rappresentare i primi canali di propaganda erano
sostanzialmente le piazze, i giornali e le televisioni. Oggi, invece, la
comunicazione delle proprie posizioni politiche ai cittadini-elettori è
divenuta molto più diretta e personale, grazie giustappunto ai mezzi
tecnologici sviluppatisi e diffusi negli ultimi dieci anni. Facebook, twitter e instagram hanno
sostituito oggigiorno i vecchi luoghi della politica, in maniera non sempre
positiva e innovativa, anzi sminuendo spesso i contenuti e a discapito delle argomentazioni
a sostegno delle proprie idee politiche.
Per
rendersi conto di tali sviluppi comunicativi e politici basta osservare come i
protagonisti della politica odierna si siano schiacciati e appiattiti sulle
regole dei social network, e ciò soprattutto
rispetto al numero massimo di caratteri utilizzabili in un post o in un twitt, che potenzialmente potrebbero
colpire i lettori. Ecco, la comunicazione politica in un twitt. Purtroppo,
però, questa modalità di espressione e comunicazione, che potremmo definire
“per minislogan”, non è limitata nell’uso dei nuovi media, ma anche quando si
ritorna ai vecchi strumenti della piazza, dei giornali e delle televisioni. E
ancora, ben più grave, anche nei luoghi dove la discussione politica dovrebbe
regnare, in maniera completa e approfondita: il Parlamento.
Constatare
quanto detto è semplice: basta far riferimento ai big della nostra
politica. Salvini, Di Maio, Berlusconi o Renzi che sia, hanno fatto proprio questo
linguaggio, che, si badi bene, non è semplificato “per raggiungere
immediatamente il cittadino” ma è stato reso superficiale e costruito su slogan
vuoti. Cosa è successo insomma? Dal punto di vista qui analizzato, è evidente
come i politici stiano perdendo quella funzione intellettuale nella gestione
del loro rapporto con la massa votante. Una comunicazione praticamente piena di
innumerevoli brevi affermazioni, parole lapidarie, laconiche e assolutistiche,
scritte o sputate in questo o quel post, in questa o quella trasmissione
attraverso la telecamera del proprio smartphone
o televisiva che sia. E qui e così viene ignorata e occultata la reale portata
delle problematiche politiche, che mai il cittadino comune saprà, neanche in
minima parte.
Cosa
ci riserverà il futuro? A ben guardare lo spettacolo odierno, la comunicazione politica
ed il suo linguaggio nel dibattito pubblico potrebbero praticamente finire,
risultare del tutto vuoti, inutili e mancanti di potere, che pure oggi pare
toccare il suo punto più alto per la fantomatica vicinanza tra chi propaganda e
recepisce. Non sarà di certo la possibilità di messaggiare con il proprio capo
politico che aumenterà il potere del cittadino, se questo si limita a digitare
anziché rendersi protagonista. E così, tutto lascia immaginare che la
comunicazione in politica è di fatto finita, con buona pace per tutti.
Massimiliano Lorenzo
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