A livello superficiale, per
cultura si intende ciò che è esercizio intellettivo: leggere, scrivere,
dipingere, suonare, recitare, costruire un edificio, il designer. Questo
nell’accezione più diffusa, più abbordabile per tutti. Nella prospettiva più
profonda, invece, il concetto di cultura si estende il modo d’essere e cioè
quando le idee, le informazioni si “sciolgono” nel comportamento in senso lato
e nella costruzione della realtà o della sua "immagine". E per l’approfondimento della questione si
rinvia in altra sede, qui è sufficiente dire ciò.
Al di là di ciò, è interessante chiedersi perché
si fa cultura. A che cosa serve la cultura? Questioni che oggi, pare, assumano
una rilevanza vieppiù crescente. Discorso, in ogni caso, ampio che tuttavia in
prima approssimazione qui di seguito verrà sviluppato in maniera di primo
approccio. Molti sono infatti, i piani di riferimento del concetto
dell’esercizio di cultura, i quali sovente si intersecano e si sovrappongono
nonché presentano diverse e collegate valenze.
Innanzitutto,
ci si esercita nella cultura per proprio diletto, per passione. E’ intrigante
costruire un romanzo, ad esempio; un brano musicale o addirittura un oggetto.
Jung per proprio piacere scrisse Il Libro Rosso.
Ma
l’attività culturale può essere sviluppata anche per motivi sociali e di
convivialità. Anzi, soprattutto a Lecce, l’opera d’arte, intesa in senso ampio,
ha un alto valore di sociabilità. Rinomati in tale direzione sono i momenti di reading, le presentazioni di libri e di
opere di vario genere a scopi fondamentalmente di condivisione e amena
conversazione.
Ciò
non esclude che l’esercizio culturale, e questo vale per molti, assurga a
strumento di visibilità e di competizione sociale. E’ noto a tutti che l’uomo
di cultura sia degno della massima stima, del rispetto. Da qui, in molti ambiscono all'esercizio del
potere culturale, dell'ossequioso inchino del proprio interlocutore o del prossimo tout court.
Al
di fuori di queste accezioni, l’esercizio culturale si presenta strumentale
anche per una crescita personale, e note sono le qualità terapeutiche della
pittura, della scrittura e via dicendo. Non poche volte si redige un testo o si
fa teatro per sviluppare il proprio essere o venire in chiaro con se stessi. E
non solo. L’esercizio culturale placa l’ansia, modera l’angoscia del vivere.
Ma
la pratica della cultura è anche esercizio politico, dove per politica si
intende la visione del vivere e della società, soprattutto, organizzata nelle
sue dinamiche. Per definizione la cultura è politica quando trasmette valori,
significati, visioni dell’esistenza individuale e sociale. La storiografia, la
sociologia, come tutte le materie dello scibile umano, non possono non essere
politicizzate. Ma è politicizzata anche la poesia come l’architettura. Inutile
citare dai filosof napoletani del
‘700 a Gramsci. Ma poi, diversi ed opposti, ad esempio, sono i messaggi
musicali di Mozart rispetto a Beethoven: due visioni dell’esistenza
diametralmente opposte.
E
per concludere la cultura è, soprattutto oggi, lavoro. Tralasciando i ghost writer e tutti i ghost che
circolano silenti nel mondo culturale, molti sono gli operatori che realizzano
le opere secondo le leggi di mercato. Al riguardo, si analizzano i gusti, le caratteristiche
dei consumatori di cultura e si crea professionalmente un’offerta.
Dall’incrocio della domanda e dell’offerta di cultura, e cioè il momento in cui
la domanda trova la sua offerta qui si determina lo scambio, il tipo e le
specifiche dei mercati culturali e dunque, la cultura di un popolo.
Quanto
sin qui detto, perché la cultura, nell’accezione sia della fruizione sia della
produzione, sarà la determinante della società del domani, dove il momento
culturale appunto, diventerà di massima importanza a tutti i livelli sociali. Già oggi
se ne percepisce la valenz, e proprio per questo, i distinguo non sono
superflui.
Mauro Ragosta
PS: articolo apparso sul quotidiano on line Paise Miu il 26 agosto 2016
Nota: chi fosse interessato alla mia produzione di saggi, può cliccare qui:
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