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venerdì 31 maggio 2019

Dalla Seconda alla Terza Repubblica (parte settima): La concentrazione del potere politico ed il Porcellum - di Massimiliano Lorenzo

            Con questo pezzo si avvia l’analisi del processo di concentrazione dei poteri in Italia, che prende corpo proprio con la Seconda Repubblica e che, come si vedrà in seguito, assumerà caratteri e fisionomie diverse, forse più spregiudicate, nella Terza Repubblica, dove la nota sovranità del popolo, sancita nella Costituzione, viene progressivamente contenuta e cambia profondamente i suoi contenuti.
In tale prospettiva, qui analizzeremo il primo tratto in cui si avvia un importante processo di focalizzazione del potere sotto il profilo politico, solo in seguito si analizzeranno gli altri poteri. Sicché, va in questa sede premesso che, una delle più importanti regole del gioco democratico, alla base della gestione del nostro Stato, è -e non potrebbe non esserlo- la legge elettorale, ovvero il modo in cui i cittadini scelgono i propri rappresentanti per la gestione della cosa pubblica. Con il termine stesso democrazia si intende, letteralmente, «potere del popolo». Bene, questo significa, dunque, che i cittadini dovrebbero essere messi nelle condizioni di eleggere direttamente e liberamente da chi farsi rappresentare, senza influenze o ingegnerie di sorta.
Perché questa premessa? Perché circa quindici anni fa, in Italia, si è riusciti a pensare, e adottare, una legge elettorale peggiore di quella che regolava le elezioni durante il Ventennio Fascista, in cui, per antonomasia, si insediò un regime dittatoriale. Durante quel periodo, ca va sans dire, fu stabilita, infatti, una lista di 409 candidati, da sottoporre ai votanti, definiti secondo criteri di censo e di appartenenza al partito fascista, la quale era diretta emanazione del Gran Consiglio del Fascismo.
La legge in questione e di cui in queste righe si tratterà, e che richiama per l’appunto quella fascista, è la legge n. 270 del 2005, definita dallo stesso autore che la stilò, il leghista Roberto Calderoli,  “una porcata”, per poi passare alla storia come Porcellum. Fu una legge voluta, in realtà, dall’allora Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi, che arrivò a minacciare una crisi di governo, qualora non fosse stata votata e varato quell’impianto legislativo ed elettivo. Ovviamente, in maniera supina, la maggioranza forzista-leghista-missina e neo-democristiana approvò quella legge. Ma l’opposizione, dal canto suo, si limitò ad una silenziosa e blanda azione di protesta, che fu più una finta che tutto il resto.
Cosa prevedeva quella legge elettorale, perché, financo il suo autore, la definisse una porcata? Nelle premesse è stato sottolineato come sia necessario e fondamentale in democrazia un sistema elettivo su base proporzionale e rappresentativo delle scelte di ogni elettore. Il Porcellum effettivamente veniva definito, almeno sinteticamente, una legge “proporzionale”. Accanto a tale termine, però, veniva associata la dicitura “con premio di maggioranza”, ovvero l’aggiunta di un numero di parlamentari tali da permettere alla coalizione vincente di raggiungere, appunto, una maggioranza stabile per il governo del Paese. Insomma, era un bonus di parlamentari concesso al vincitore delle elezioni, per consentirgli di governare con più tranquillità o, come veniva detto, stabilità. Ed è qui che Calderoli fece peggio di Giacomo Acerbo nel 1923: se la legge fascista prevedeva la soglia del 25 per cento per poter ottenere quel premio governabilità, nella legge del 2005, Calderoli e la maggioranza di cui sopra non inserirono nessun limite minimo di voti per poter assegnare al vincente quel premio.
Ma fin qui il tutto appare ancora accettabile e condivisibile. A ciò però va aggiunto -e qui sta il punto- che su un aspetto particolare il Porcellum copiò la legge Acerbo, portando ad un accentramento vistoso e esasperato il potere politico: le liste bloccate. È facile capire cosa si intenda. Con le liste bloccate, le segreterie dei partiti potevano decidere la posizione in lista dei candidati proposti agli elettori e questi ultimi avevano solo la possibilità di votare o non votale il partito, ma mai decidere il candidato, che era eletto in base alla posizione in lista, partendo dal primo e via dicendo. Con tale modalità di voto si eliminò dunque la possibilità per l’elettore di votare il candidato che preferiva, che invece era imposto dal partito. All’elettore, dunque, rimaneva solo la possibilità di votare il partito, ma non il proprio rappresentante che veniva deciso dai vertici del partito stesso.
Tutto questo condusse ad una composizione del parlamento fatta di gente perfettamente sconosciuta al popolo italiano, la quale tuttavia non aveva alcun potere, che invece si concentrava nelle facoltà di pochissime persone, ovvero quelle che governavano i partiti.
Insomma, le segreterie dei vari partiti dell’arco parlamentare si trasformavano in tanti Gran Consiglio del Fascismo e i capi di partito in tanti Mussolini, che decidevano chi dovesse essere eletto e chi no, compatibilmente con i voti presi durante la tornata elettorale. Da qui è facile intuire che tutta l’attività parlamentare, nelle sue decisioni si spostò nelle stanze nelle segreterie dei partiti e si avviò la stagione dei parlamentari-fantoccio.
Il Porcellum ha regolato ben tre tornate elettorali, prima di essere, finalmente, giudicata come incostituzionale nelle parti fondamentali e qui analizzate, ovvero le elezioni del 2006, 2008 e 2013. Solo nel gennaio del 2014, infatti, la Corte Costituzionale modificò la legge con una sua sentenza, sebbene fosse stata sollecitata da più organi, non ultima la Corte Suprema di Cassazione, nel porre una questione di legittimità costituzionale. Che fosse incostituzionale nel premio di maggioranza senza soglia e nelle liste bloccate era stato rilevato da tutti, anche dallo stesso Calderoli nonché dall’allora presidente della Repubblica, che ratificò tale legge, senza alcun tipo di notifica al Parlamento: erano tutti d’accordo? In ogni caso, la modifica del Porcellum non ha portato ad un sistema elettorale molto lontano da questo, ed anche oggi sono le segreterie dei partiti che decidono in larga parte, al posto del cittadino sostituendosi nelle sue scelte e determinazioni. Come, del pari, l’era del parlamentare-fantoccio, avviatasi nel 2005, rimane viva ed estremamente attuale.

Massimiliano Lorenzo







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