Molto spesso accade che ci scopriamo
soli e stressati, senza però riuscire a dare un senso al nostro disagio. Il più
delle volte, tale stato è dovuto al semplice fatto che non veniamo capiti. Non
solo. Accade sovente di fare fatica a comprendere cosa ci dice il nostro
interlocutore, non riusciamo a intercettare i suoi motivi più profondi e reali,
che ribalta nella relazione con noi. Da qui la relazione, e quasi tutte le
relazioni che abbiamo, vengono gestite con difficoltà, fatica, diventando un
elemento ansiogeno della nostra esistenza. Alla base di tutto ciò, molto
probabilmente, vi è una comunicazione poco efficace, poco efficiente, perché
l’uomo di oggi non dispone né di una grammatica della comunicazione né di studi
adeguati.
Quarant’anni fa, le cose stavano
diversamente: l’uomo degli anni ’70 e ‘80 non aveva le stesse nostre necessità
comunicative, viveva, peraltro, in una società stabile e che si evolveva
lentamente, in prassi di modesta intensità relazionale. Tuttavia, soprattutto nell’ultimo
decennio, la situazione si è ribaltata e la nostra società e la nostra economia
si sono sviluppate a ritmi crescenti, quasi esponenziali e rapidamente, da una
parte. Dall’altra, i vecchi lavori sono scomparsi o si sono ridimensionati e
tutti oramai siamo impegnati in attività ad alto quoziente relazionale. Una
situazione, tra le altre, che c’è piombata addosso senza accorgercene e senza
avere la possibilità di dotarci dei necessari strumenti. Tutto è diventato
mobile e relazionale e molte delle certezze si sono dissolte.
In altre parole, in una dimensione
socio-economica sorretta dai settori primario e secondario, quale era appunto
la società di qualche decenni fa, dove contadini e operai esercitavano la
propria professione in modo standardizzato, e dove poche erano le occasioni per
relazionarsi e limitate le necessità comunicative. Allora l’uomo non possedeva
particolari abilità lessicali né il nozionismo di cui possiamo disporre ora, ma
non ne aveva alcun bisogno e le conoscenze in proprio possesso erano necessarie
e sufficienti ad operare in siffatto contesto, in definitiva semplice.
Il progresso tecnologico, dal boom
economico del Secondo Dopoguerra fino alla rivoluzione digitale di fine
millennio, ha portato a una prima lenta e poi fulminea ri-mappatura dell’assetto
sociale: i lavoratori dei campi e delle fabbriche sono diventati sempre di
meno, decimati da una migrazione verso i settori del terziario e, in un secondo
momento, del quaternario. Il cambiamento è stato talmente repentino da non
lasciare all’uomo odierno il tempo di adattarsi, il tempo utile a dotarsi di
adeguati strumenti per la nuova comunicazione che gli è stata imposta. Ad un
crescere massivo delle esigenze relazionali richieste dal nuovo sistema di
massa non è corrisposta eguale crescita in termini di abilità e di conoscenze
in ambito linguistico. Sicché, in molti sono rimasti fuori dalla
contemporaneità, per lo più isolati e circondati solo da rumori, suoni che non
capiscono. Da qui, il disagio, crescente e la solitudine.
In questo quadro prende avvio questa
nuova rubrica di Maison Ragosta, che si pone l’obiettivo di indagare le cause e
gli effetti delle incapacità comunicative di molti di noi. E non solo. Proveremo
a fornire indicazioni e consigli utili al lettore per riconoscere i propri
limiti relazionali e comunicativi, ovviamente per mettere in condizione di oltrepassarli.
Il tutto, senza mai perdere di vista l’obiettivo finale: dare suggerimenti
utili al raggiungimento di una maggiore serenità. Perché le negligenze della
nostra comunicazione si riflettono in modo diretto sulla nostra sfera di
affetti, che a sua volta gioca un ruolo di non poco conto per il raggiungimento
di un appagamento mentale ed emotivo.
Danilo De Luca
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